Cingolani: serve un cambio di passo nella struttura del ministero

Rilanciamo di seguito un interessante articolo di Repubblica, con un’analisi del Ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani.

Il ministro non guarda solo al suo dicastero, ma a tutta la PA. E chiede un nuovo modello dove si guardi ai risultati e non al controllo formale. “Dobbiamo inventare una struttura nuova”. Soddisfazione per la scrittura del Recovery plan, ma preoccupazione sulla capacità di realizzare le opere previste.

Troppi giuristi e un approccio leguleio al ministero della Transizione ecologica e nella Pubblica amministrazione in generale. Il neo ministro Roberto Cingolani lancia un attacco durissimo contro la struttura del suo dicastero durante un webinar dell’Ispra e Snpa da titolo  ‘Presto e bene. La transizione ecologica dai progetti ai cantieri’.

“Quando io sono entrato nel ministero della Transizione ecologica, – dice Cingolani  – ho scoperto che la definizione di tecnico è giurista.  E’ questo il problema. Se io vado in ospedale e mi presentano 450 giuristi e ho l’appendicite, mi permettete di dire che non è questa la definizione di tecnico?”. Secondo il ministro, allora, “il vero problema è che abbiamo fatto crescere in maniera ipertrofica la natura leguleia del nostro approccio. Noi pensiamo a fare appalti perfetti, carte perfette, poi nessuna va a vedere se la cosa funziona. Noi viviamo in un paese che tende a fare molto controllo ex ante e poco controllo ex post. Non c’è mai un track record del risultato”.

Cingolani pone il vecchio problema del modo di agire della Pubblica amministrazione: deve esercitare un mero controllo sulle procedure o agire per raggiungere obiettivi verificabili? Un tema su cui si cimenta anche il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta. Il ministro della Transizione ecologica comunque non ha dubbi sul modello e sceglie il secondo. E per arrivarci ha in mente di usare il denaro che dovrebbe arrivare dall’Unione europea. “Quello che voglio fare – spiega – è un buon progetto di Recovery Plan e mettere in piedi una struttura nuova del Ministero, che deve essere tecnica e internazionale”.

Perché, continua, “se non è internazionale, non potrà competere sui tavoli sui quali andremo a competere in futuro. Se non è tecnica, non saprà dare le informazioni ai ministri che verranno dopo per prendere le giuste decisioni. Poi c’è una parte tecnica di natura giuridica e legale, ma non può essere quella la tecnica dall’A alla Z. Stiamo giocando su una scacchiera dove ci sono sole torri o solo alfieri. Non basta. Ci servono tutti i pezzi”. Un problema che è anche all’attenzione del presidente del Consiglio Mario Draghi.

“Il tempo ha un costo – aggiunge Cingolani -. Se io dico non fare nulla che non rischi nulla, chi è preposto a decidere non farà nulla. Se io dico che se fai male sarai punito, ma anche se non fai e perdi tempo sarai punito, la persona che deve dirigere questa operazione dovrà trovare il sacro equilibrio tra fare bene e fare nei giusti tempi. Questo non lo puoi fare se l’aspetto tecnico è solo quello normativo-legale. Il problema è che quando ci andiamo a scontrare con la struttura, il cui unico interesse è promulgare sé stessa e continuare ad esistere, io lì mi fermo”.

Come dire: se non supero questo ostacolo il mio impegno viene meno. E del resto Cingolani dice: “Avrò una permanenza abbastanza limitata in questo ruolo. L’ho detto sin da primo giorno: io non voglio fare questo lavoro. Presto il mio servizio sperando di essere utile al paese e poi tornerò a fare le mie cose. Quindi mi auguro di fare un buon progetto, mettere in piedi una struttura del ministero nuova e ragionevole che dovrà essere – ripete – tecnica e internazionale”.

Il ministro è abbastanza ottimista per come procede la scrittura del piano da presentare all’Unione europea e invece nutre una certa preoccupazione per la capacità del paese di realizzare le opere previste. “Lo stato di avanzamento del Piano è abbastanza positivo, abbiamo iniziato tre settimane e mezzo fa e abbiamo davanti sei settimane e mezzo, siamo a poco più di un terzo del totale”, spiega Cingolani.  Soddisfatto anche del metodo che si sta seguendo. Perché ora c’è “massima soddisfazione perche è un impegno condiviso da tutti con grande entusiasmo. Dunque c’è moderato ottimismo perché sta uscendo un lavoro di una certa solidità, ed è importante presentarsi in Europa  con un prodotto di buona qualità”.

Ma aggiunge, c’è “grande preoccupazione sulla capacita di scaricare a terra queste iniziative”, perché “inventare è facile realizzare lo è meno”. Il problema “è quella che ho chiamato la transizione burocratica“, dice il ministro, perché “se guardiamo il track recente riusciamo a fare ogni anno il 10% di quello che annunciamo” e “se capitasse con il PNRR sarebbe catastrofico, non riusciremmo a presentarci con le fatture da rimborsare in Ue, per così dire”. 

Cingolani a questo punto torna sulla sua dichiarazione di guerra alla vecchia burocrazia e dice: “Dobbiamo inventare qualcosa di completamente nuovo, non razionalizzare ma inventare una struttura nuova. Il nostro meccanismo è cosi complesso che rimetterlo in sesto e semplificarlo potrebbe essere troppo difficile”. Quindi, “le istituzioni capiscano che è una cosa molto seria, nessuno si può tirare fuori”, raccomanda il ministro, “tutti capiscano l’importanza” della situazione e del problema, “perché questa non credo sia sbagliato dire che è l’ultima possibilità che abbiamo”.

Link articolo originale Repubblica.it

Redazione

Articoli correlati