Bio-economia: un modello per nuove forme di cooperazione

L’interconnessione creata dalla bio-economia può essere usata come modello per nuove forme di cooperazione. Articolo a cura di Marco Benedetti, vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet e R&D manager Green Evolution.

La cooperazione diventa bio

Che la cooperazione stia alla base della moderna bio-economia vorrei darlo per scontato. È stata la base del riscatto sociale del mondo agricolo e lo è tuttora per l’agricoltura dei villaggi montani, ma anche per le realtà più popolari nel settore agricolo, nella produzione di formaggi, di carni o verdure. Forse non è del tutto così o non solo, comunque.

Come scrive la giornalista Nicoletta Fascetti Leon in “economiacircolare.com”: «La bioeconomia comprende e interconnette quelle attività economiche che utilizzano risorse biologiche rinnovabili della terra e del mare – come colture, foreste, pesci, animali e microrganismi – per produrre cibo, materiali ed energia». E prosegue: «della bioeconomia fa parte il sistema socioeconomico legato ai comparti della produzione primaria e i settori industriali che utilizzano o trasformano le risorse biologiche provenienti da questi comparti, come l’industria alimentare, quella della cellulosa e della carta, ma anche parte dell’industria chimica, energetica e biotecnologica». E conclude: «L’approccio bio-economico mette al centro del suo modello la Natura, promuove un’industrializzazione intelligente che utilizza risorse biologiche, convertite in prodotti a valore aggiunto come cibi e bevande e anche bioenergie, biocarburanti, bio-plastiche, servizi».

Se la bio-economia è questo, dovrebbero esserlo anche quelle cooperative collegate agli allevamenti intensivi che impiegano animali e vegetali più come mero strumento di finanza che come supporto alle necessità della popolazione, con vari impatti sociali. Dovrebbero esserlo quelle che promuovono l’uso intensivo di erbicidi/pesticidi e continuano a farlo senza rinunciare neppure al 5% del territorio per un ripristino del bio-equilibrio dell’ambiente e l’interazione con il mondo animale (impollinatori) come proposto in sede UE. Talvolta sono riunite in organizzazioni cooperativistiche che utilizzano risorse del nostro Pianeta e della sua capacità di rinnovarsi periodicamente, confluendo poi in organizzazioni di settore solo del circuito finanziario. Ebbene, non si può proprio dire che facciano parte in alcun modo della bio-economia.

Bio-economia è la ricerca di un equilibrio tra risorse messe a disposizione dal Pianeta, che non dovrebbero mai generare un consumo senza preoccuparsi di ricreare le condizioni per sviluppare una nuova vita. Tra i risultati contraddittori nell’esecuzione del loro mandato originario, troviamo alcune organizzazioni “cooperativistiche” commerciali/finanziarie che promuovono l’uso sconsiderato di alimenti provenienti da altre organizzazioni che utilizzano il caporalato o li dispongono sugli scaffali in quantità predefinite per la sola comodità del carico-trasporto-scarico e riduzione del personale, contribuendo allo spreco giornaliero di risorse e squalificando le cooperative che invece operano in modo positivo… Continua a leggere l’articolo gratuitamente su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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