Approvata la legge contro la vivisezione, ma gli scienziati si oppongono

Lo scorso 31 luglio, alla Camera, è stata approvata la legge che impone nuove limitazioni alle sperimentazioni in laboratorio sugli animali. Una vittoria importante per tutti coloro che, in questi anni, si sono battuti contro la barbarie e le crudeltà perpetrate ai danni di questi piccoli esseri viventi, su cui, nel 20% dei casi, non venivano somministrati né analgesici, né anestetici.


Ma questa legge ha scatenato il malcontento di ricercatori e associazioni che, ora, ne mettono a rischio la validità. Vediamo perché.

L’articolo 13 della Legge di delegazione europea pone uno stop definitivo all’allevamento di cani, gatti e primati per i laboratori, restringendo la pratica della vivisezione. Non solo, prima di ogni iniezione (come i prelievi di sangue) alle cavie dovrà essere somministrato un sedativo per bocca e sono proibiti gli xenotrapianti e le ricerche sulle tossicodipendenze.

Un modo per rendere più “umana” la ricerca che però non tutti hanno accettato. In circa 3mila, in questi giorni, hanno infatti scritto al governo, chiedendo una revisione di una norma che, a loro avviso, “mette in pericolo la scienza nel nostro Paese”.

La tesi di chi è contrario alla legge è ben riassunta nelle parole di Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, riportate da Il fatto Quotidiano: il provvedimento “renderà, se fatto proprio letteralmente dal Governo, praticamente impossibile fare ricerca biomedica in Italia”.

Garattini considera il provvedimento come un vero e proprio danno alla ricerca italiana: “non potremo più sperimentare tumori sui topi, trasferire elementi di maiale, non potremo più condurre studi sulle droghe e saremo impediti anche nell’uso o meno dell’anestesia: una vera stupidaggine. Il provvedimento ci mette in condizioni estremamente negative nei confronti degli altri Paesi proprio sul piano della ricerca”. In conclusione, secondo il direttore dell’Istituto Mario Negri: “È un ennesimo colpo alla ricerca italiana”.

Diversa, naturalmente, la posizione degli attivisti della Lav che hanno accolto con grande favore le restrizioni imposte dalla legge che porterà alla chiusura definitiva di allevamenti come “Green Hill”.

Ma la mobilitazione contro l’articolo approvato alla Camera è molto grossa: all’iniziativa hanno aderito 3mila scienziati di Airc (ricerca sul cancro), Telethon, Aism, direttori di Istituti di ricovero e cura di tumori, l’Alleanza contro il cancro, e nomi autorevoli del mondo della ricerca. Secondo chi protesta, la norma approvata alla Camera recepisce, è vero, una direttiva europea del 2010, ma la stessa direttiva vieta ai Paesi membri di imporre norme ancora più restrittive. Cosa che l’Italia avrebbe fatto.

Ecco perché, se il Governo non revisionerà la norma, i ricercatori minacciano di avviare una procedura di infrazione di fronte all’Ue. Secondo chi protesta, infatti, il testo europeo è più che accettabile così per come è scritto. Di questo avviso è infatti Francesca Pasinelli, direttrice generale di Telethon, che avrebbe affermato: “Il testo ruota attorno a due presupposti. Che la sperimentazione su un essere vivente sia necessaria prima dell’approvazione di una terapia. E che salvare una vita umana sia più importante che salvare una vita animale“.

C’è chi adduce inoltre alla protesta ulteriori motivazioni, ad esempio che “la ricerca biomedica oltre a rappresentare la speranza di vita e di una miglior qualità della stessa per milioni di persone malate, rappresenta anche una straordinaria occasione di sviluppo e di lavoro qualificato per migliaia di giovani ricercatori, altrimenti costretti a mettere a frutto altrove le competenze acquisite in Italia”.

Ma veramente dobbiamo ottenere il nostro sviluppo sulle sofferenze di creature innocenti?

VIA | Ambientebio

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