Apis mellifica rivela la moderna similitudine omeopatica

L’utilizzo terapeutico delle api è stato descritto nei testi antichi di medicina, a cominciare da Ippocrate e da Galeno. Nel Medio Evo il veleno di ape era usato per curare malattie infiammatorie come artriti e reumatismi.


Comunemente in omeopatia si utilizzano diluizioni di ape in accordo con il principio di similitudine secondo il quale i pazienti possono essere trattati con diluizioni delle stesse sostanze che possono provocare analoghi sintomi di malattia nel sano.

Oggi sappiamo che la risposta inversa, dose correlata, di una sostanza è definita “ormesi”. Un fenomeno difficile da valutare a livello farmacologico a causa della difficoltà di rilevamento del segnale ad un certo effetto soglia. Nel lavoro pubblicato su Homeopathy tale difficoltà è stata superata mediante lo studio delle modificazioni di geni cellulari ottenuto con la tecnica del DNA array.

Per tale scopo è stato valutato l’effetto di Apis mellifica TM, 3CH, 5CH e 7CH (fornita dai Laboratoires Boiron) sull’epitelio normale di prostata, valutando per ciascuna concentrazione l’attività espressa sui geni (down/up regulation, misura dei geni sottoespressi e dei geni sovraespresi). Ugualmente gli esperimenti sono stati ripetuti con placebo costituito da etanolo e acqua dinamizzata. Rispetto al placebo, le diluizioni di Apis hanno dimostrato di avere un’attività sull’espressione dei geni cellulari.

In particolare, il numero dei geni espressi dalla TM e dalla 3CH è simile. Dunque vi è una chiara attività farmacologica non solo nella TM, ma anche in una diluzione 3CH (un milione di volte meno concentrata). Non solo, anche diluizioni molto maggiori di Apis (5CH e 7CH) modulano un numero seppure minore di geni cellulari. Questo dimostra che soluzioni molto deconcentrate di un medicinale omeopatico possiedono una chiara attività sulle cellule e consente di poter iscrivere in via definitiva un medicinale omeopatico nel moderno capitolo della farmacologia delle microdosi. Ma c’è da notare anche che il lavoro dimostra come alcune diluizioni di Apis mellifica si comportino sui geni cellulari in maniera opposta rispetto alla TM. In particolare, solo le soluzioni maggiormente diluite di Apis (5CH e 7CH) sono capaci di inibire i geni dei processi apoptotici, evidenziando in tal modo un altro importante aspetto non preventivato: diluizioni diverse hanno potere farmacologico differente.

Infine, ancora più interessante è il rilievo dell’azione di Apis sul gene della interleukina 1 , una citochina a potente azione pro-infiammatoria. Il gene, sovraepresso dalla TM di Apis mellifica, è sottoespresso da tutte le diluizioni della TM (3CH, 5CH e 7CH). Il dato dunque non solo conferma il fenomeno dell’ormesi nell’attività di Apis mellifica, ma rappresenta anche una chiara conferma del principio di similitudine omeopatica e, pertanto, della validità dell’osservazione sperimentale dell’utilità della prescrizione di Apis mellifica per la guarigione dei processi infiammatori. Ne deriva che i moderni studi sui geni cellulari confermano non solo l’attività farmacologica di diluizioni di un medicinale omeopatico, ma consentono oggi anche di indagare in chiave moderna il fenomeno della similitudine.

Homeopathy, 2014, 103, (2), 127

Simonetta Bernardini

Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata (www.siomi.it)

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