Amianto killer senza fine: 100.000 vittime e 4 Miliardi di spese sanitarie nel mondo

Sono passati 26 anni da quando anche nel nostro paese, con la legge 257/92, fu messo al bando un grande killer silenzioso capace di estendere la sua lunga ala di morte anche decenni dopo la sua insinuazione nel corpo umano.

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Un tema senza fine dal momento che sono ancora enormi le superfici e tantissimi i manufatti su cui intervenire nel nostro paese. Ricordiamo quindi l’iniziativa di una cara amica di Ecquologia, Annalisa Corrado, che ha promosso una partecipatissima petizione “#Bastamianto” per ripristinare il virtuoso incentivo di sostituzione con il fotovoltaico, che vi preghiamo ancora di sottoscrivere (vedi post “Basta Amianto: una petizione per chiedere il ripristino dell’incentivo per la bonifica dei tetti con il fotovoltaico”).

Ma le criticità di questo insidioso elemento per l’uomo assumono livelli ancor più allarmanti a livello globale, visto che sono ancora tantissimi i paesi nel mondo in cui addirittura i manufatti in amianto non sono stati messi al bando.

A fornire un’aggiornata ricognizione degli impatti sanitari a livello mondiale dell’amianto è un nuovo studio commissionato dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) al centro studi economici Nana, che evidenzia 100.000 morti l’anno, spese sanitarie dai 2,4 e i 3,9 miliardi di dollari, escludendo le spese indirette, come, per esempio, quelle per le cause legali. Si tratta di dati impressionanti, determinati da patologie di grande impatto come il mesotelioma pleurico.

Il dato senza dubbio più rilevante evidenziato dallo studio è che non esistono impatti negativi per i paesi che hanno deciso di eliminare l’uso di questo materiale. Nonostante la produzione di amianto nel mondo abbia registrato una progressiva riduzione rispetto al picco registrato nel 1980, quando furono raggiunti i 4,8 milioni di tonnellate, gli impatti e i danni sanitari sulle persone venute a contatto con le fibre di asbesto continuano ad essere molto importanti. Oggi la produzione di amianto è scesa di circa la metà rispetto ai livello del 1980, con grandi paesi come Brasile, Russia, Cina e Kazakhistan , nei quali il materiale è ancora sul mercato. Come rileva il Centro studi economici Nana, autore del rapporto, “dai dati dei singoli paesi non emergono effetti negativi osservabili sul Pil in seguito al bando dell’amianto o a un declino nel consumo o nella produzione. Dove è stato osservato un calo dell’occupazione l’effetto è stato assorbito nei due anni successivi”.

Facendo una retrospettiva storica, il primo paese che intraprese la strada della messa al bando del killer silenzioso fu la Danimarca nel 1972, seguita nel 1978 dal voto del Parlamento europeo che ne ha chiesto la messa al bando, con l’Italia che, come accennato, lo ha fatto nel 1992. Nel 2013 l’amianto era vietato in 67 paesi. Una nota del nuovo rapporto è dedicata proprio all’Italia, citata proprio come esempio di area che aveva una grande produzione.

Firma la petizione BastaAmianto

La redazione di Ecquologia

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