La pianta della canapa: uno scrigno di tesori e di altrettante incomprensioni

E’ stato recentemente presentato da Federcanapa un manifesto che ha in un decalogo – che qui sotto presentiamo – il cuore delle più che ragionevoli (e pazienti) richieste, indirizzate principalmente proprio a chi dovrebbe aver interesse a valorizzare un settore dalla ampie e dimostrate prospettive economiche e di lavoro, cosi come a chi ha a cuore di risollevare le sorti di un mondo agricolo, che in certi casi è ben poco redditizio, ed infine a chi dovrebbe capire una filiera che fa parte della Bioeconomia promossa dalla stessa EU.

Le sorti della Canapa italiana prima di essere un problema tecnico (se è mai stato un problema) sono invece un problema ignorantemente ideologico, annoso e noioso: se qualcuno usa le automobili per fare delle rapine, allora non si dovrebbero più produrre più automobili?

Il caso canapa in Italia rasenta ancora questo paranoico paradosso.

Ma la volontà di Federcapana nel portare avanti il progetto Italia, già grande e qualificato produttore di canapa per il settore tessile fino al dopoguerra, è fortunatamente resistente come i tessuti che ancora si trovano a giro dopo 50 anni di strenuo utilizzo – al contrario di quelli in fibre sintetiche che nascono proprio per ricambi rapidi e mantenere alta la speculazione industriale grazie al marketing dal basso costo e resa alta, con gli effetti dei mari riempiti di microplastiche che qualcuno dovrà prima o poi pulire.

Ma la canapa è fortunatamente ben altro: nel manifesto di Federcanapa si fa cenno a delle applicazioni anche già ben sperimentate quali edilizia di qualità, il cui fine vita non sarà pagato dalla collettività ma sarà recuperato, geotessuti per ricostruire argini e ricreare foreste urbane per rimuovere lo smog, filtri tecnici dalla proprietà batteriostatiche.. e fuori dal tessile: olio alimentare, per cosmesi ad alta efficacia, principio attivo antidolorifico per la salute, solo per citarne alcuni derivata dalla pianta.

In tempo di crisi buttare via opportunità di lavoro e di sviluppo economico sembra una follia a prescindere. Eppure sono anni che se ne parla ma l’incertezza regna: a qualche passo avanti segue qualche passo indietro spesso senza motivazione appropriata e documentata.

Se poi la vediamo dal punto di vista agricolo: la coltivazione di questa pianta permetterebbe di immagazzinare nel sottosuolo tanta CO2, rigenerare i terreni improduttivi, ridurre il consumo idrico di cui altre coltivazioni a più basso reddito hanno invece bisogno. L’acqua è un bene prezioso gratis e abbondante – molti pensano ancora –  quando invece gli scienziati prevedono invece rischi di diversificazione, compreso il nostro sud.

Abbiamo pertanto rivolto alcune domande a Beppe Croce, presidente di Federcanapa fin dalla sua fondazione nel 2016

D: Ci fornisca un suo commento sul manifesto presentato alla stampa:

R “La missione principale di Federcanapa  – ci ricorda – è tutelare gli interessi dei coltivatori e dei primi trasformatori di canapa (Cannabis sativa L.) coltivata in Italia nelle sedi istituzionali e nei confronti degli altri settori economici. A tale scopo la federazione intende promuovere la ricerca e fornire informazioni attendibili, scientificamente corrette, sui metodi di coltivazione e lavorazione della canapa industriale e sulle sue potenziali applicazioni.”

D: “Perché c’è stato bisogno di scrivere un report?” chiediamo noi

R: “perché – ci risponde –  siamo di fronte a una situazione senza precedenti che comporta un profondo cambiamento di vari aspetti della nostra vita e che esige, molto più di ieri, una svolta ecologica delle produzioni e degli stili di vitaLa canapa, con tutta la varietà di prodotti che ci può offrire e col contributo ai miglioramento dei suoli, è un perno di quella economia green di cui tanto si parla in Europa. Ma dobbiamo superare, e rapidamente, le barriere legislative e i pregiudizi che in Italia e in Europa impediscono ancora di sfruttare appieno il potenziale di questa pianta. In altre parti del mondo – penso ad esempio  a Canada, Stati Uniti, Australia (per non dire la Svizzera che abbiamo qui a fianco)  – stanno marciando molto più veloci di noi. Il Manifesto vuole innanzitutto richiamare l’attenzione di cittadini, politici e media su questa urgenza.”  E momento più opportuno è qui e ora, coi primi timidi segnali di riapertura delle attività.

D: quale obiettivo/i  realistico/i  si propone il report

R: Prima cosa direi  – ci illustra  Beppe Croce – è creare un’onda d’urto verso politici ed istituzioni per ottenere quei piccoli cambiamenti normativi – a volte basterebbero semplici circolari ministeriali – che consentirebbero di coltivare, trasformare e commercializzare in piena sicurezza i derivati della canapa industriale, compresi CBD e fitocomplessi per usi cosmetici o alimentari. Senza questi cambiamenti non decolleranno mai. Per creare quest’onda d’urto ci rivolgiamo da una parte alle associazioni agricole e industriali per condividere obiettivi e azioni comuni e dall’altra a quei parlamentari e rappresentanti dei Ministeri e della UE.

Tessuto di canapa stampata e tinta con foglie vere, tecnica ” eco-printing” o “stampa botanica a contatto”  per gentile concessione di @Jana Officinae di Alice Garau Aroffu

L’EIHA poi  – la federazione europea – a nome e per conto degli attori che rappresenta (coltivatori, produttori e commercianti del settore della canapa industriale) con questo manifesto vuole far risaltare l’enorme potenziale del settore europeo della canapa nell’accelerare la transizione verso un’economia sostenibile e a zero emissioni, principi in linea con l’European Green Deal recentemente presentato dal Presidente della Commissione. In virtù del suo approccio sostenibile all’Economia e all’Agricoltura e delle sue molteplici applicazioni nella produzione alimentare e manifatturiera, il settore della canapa offre una promessa di rigenerazione per le aree rurali. Rimpatriando i processi di produzione (tessile in particolare) e promuovendo catene di valore innovative (materiali da costruzione, produzione alimentare, estrazione di cannabinoidi), il settore potrebbe portare una crescita sostenibile e duratura e creare posti di lavoro altamente qualificati nelle economie rurali europee. In sintesi: una combinazione di materie prime di provenienza locale con un know how globale.

 abito in canapa/cotone di Virginia Devoto designer e ricercatrice indipendente.  Per gentile concessione

Di seguito riportiamo in sintesi il decalogo delle richieste – per gli approfondimenti occorre visitare sia sito web: www.federcanapa.it  – Facebook: Federcanapa Italia: 

  1. Le politiche pubbliche dovrebbero promuovere l’uso della canapa negli alimenti, nei mangimi e nei prodotti manifatturieri e finanziare lo sviluppo di catene di valore sostenibili
  2. Il contributo ambientale della pianta di canapa deve essere riconosciuto e deve essere incoraggiato l’uso della canapa come cultura capace di catturare carbonio.
  3. Gli Stati membri EU non dovrebbero applicare la legislazione sul controllo della droga alla canapa e ai suoi prodotti derivati, purché siano rispettati i limiti stabiliti per il contenuto di THC.
  4. Il livello massimo di THC consentito deve essere riportato dallo 0,2% allo 0,3%.
  5. Gli operatori devono essere autorizzati a utilizzare tutte le parti della pianta – compresi fiori e foglie – e commercializzare qualsiasi tipo di prodotto, nel rispetto dei limiti per il contenuto di THC.
  6. Le preparazioni a base di canapa con un contenuto di cannabinoidi naturali non dovrebbero essere considerate come nuovi alimenti (novel food).
  7. Si dovrebbero stabilire valori guida meno restrittivi per il THC negli alimenti e nei mangimi.
  8. Tutte le materie prime derivate dalla canapa dovrebbero essere ammesse come ingredienti per i cosmetici.
  9. L’UE dovrebbe valorizzare e promuovere l’uso delle fibre di canapa per la produzione di fibre corte e lunghe per i prodotti tessili e favorire la creazione di catene del valore sostenibili.
  10. L’uso di materiali da costruzione a base di canapa dovrebbe essere incentivato sia nel settore pubblico che in quello privato, con obiettivi chiari per la sostituzione totale o parziale di altre alternative meno sostenibili. 

Perchè dunque continuare credere nella coltivazione della canapa in Italia come grande opportunità:

Al di là del fatto che la Canapa sarebbe l’unica fibra vegetale industrialmente significativa sul suolo italiano, con una certa resa anche per l’agricoltore (l’altra è quella proteica, animale ed è la lana tecnica), il primo dei problemi è stato dal dopoguerra ad oggi la sottovalutazione – non certo della scienza – delle proprietà di tutta la pianta nel suo complesso: stelo (fibre tessili e fibre per usi industriali, come carta,  feltri, cordame ecc), infiorescenza (cosmesi), semi (olio) nelle varietà di  Canapa per usi industriali. Da non confondersi con quella per uso ricreativo. Altre piante coltivabili in Italia sono buone per l’uno (alimentare) o per l’altro (industriale) settore.

Infatti – si legge nel Manifesto – le varietà di canapa, autorizzate dal catalogo UE, appartengono solo alle specie “Cannabis sativa L.” ed hanno un basso contenuto di THC. Sono quindi da considerarsi non stupefacenti e non psicotrope.

La canapa è un impressionante deposito di diossido di carbonio: mentre la pianta fissa il CO2 nel terreno, grazie al suo profondo apparato radicale, i suoi biomateriali derivati aumentano ulteriormente il bilancio complessivo di cattura della coltura. Un ettaro di canapa può immagazzinare fino a 13,4 tonnellate di CO2, rendendolo efficiente come un ettaro di foresta tropicale.


“Si utilizzano tutte le parti di canapa. Nulla va sprecato! – si legge nel documento – steli, radici, foglie, fiori e semi possono essere trasformati e utilizzati per molti prodotti diversi: tessili, carta, corde, materiale isolante, pannelli di fibre, bioplastiche, compost, lettiere per animali, carburante, vernici, mangimi, alimenti, integratori alimentari, cosmetici, preparati medicinali. La biomassa di canapa (in particolare il seme) è una fonte di proteine e di acidi grassi essenziali. Utilizzata come coltura rotativa, la canapa migliora le rese delle colture successive e ripristina la salute del suolo: grazie alla sue radici ha la capacità di rimuovere i metalli pesanti dai terreni. La canapa ha infine bisogno di meno input rispetto alla maggior parte delle altre colture di fibre: acqua, pesticidi ed erbicidi sono utilizzati a basse dosi. Il letame e altri fertilizzanti naturali rappresentano il 50% del totale dei fertilizzanti utilizzati.

La cultura biologica è in aumento – è scritto nel manifesto – ma per noi che siamo chiamati a presentare questo manifesto, l’economia agricola italiana invece vorrebbe aumentare il suo valore con coltivazioni dalla ampie prospettive. Vogliamo credere che forse da qualche parte negli scranni dell’assemblea parlamentare o in quelli più austeri del governo, da qualche parte ci sia ancora traccia di ascolto. In fondo sperare non costa niente e gli italiani quando vogliono, sanno ancora mettere l’intelligenza al servizio  del bene comune.

Beppe Croce: scrittore, giornalista, è stato coordinatore nazionale per il settore agricoltura di Legambiente; è stato fondatore della Ass.Naz.  Chimica Verde Bionet di cui è tuttora direttore  (www.chimicaverde.it); è presidente di Federcanapa dall’atto della sua costituzione nel febbraio del 2016.

Marco Benedetti
m.benedetticonsulting@gmail.com

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