Il Nyt stronca il decreto Salva-Italia

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Un’Italia arroccata su un’«economia neo feudale», con le grandi corporazioni di farmacisti, notai e avvocati che, ostruendo le liberalizzazioni dei settori, hanno ridotto il pacchetto Monti a un mero accumulo di nuove tasse, «privo delle riforme necessarie per rimettere in moto la crescita».



Alla vigilia del passaggio alla Camera del decreto salva-Italia, il New York Times è stato impietoso con la manovra presentata dal nuovo governo. Nominato con il mandato di far ripartire l’economia e di ristabilire la fiducia dell’Europa nel Paese, «Mario Monti ha difficoltà nell’introdurre le trasformazioni richieste e questo potrebbe indebolire le basi dell’accordo raggiunto a Bruxelles dai leader dell’Unione europea», ha chiosato lo storico quotidiano.
Per gli americani la delusione è dovuta innanzittutto alla mancanza di «misure strutturali, attese per rendere le economie di Paesi altamente indebitati come l’Italia e la Grecia, in grado di competere con quelle del Nord Europa, in particolar modo con la Germania».

La Casta delle lobby frena il cambiamento

Ormai la divisione tra Stati del Nord e Stati del Sud dell’Ue è uno scenario sempre più concreto per gli analisti d’Oltreoceano. Molta fiducia per esorcizzarlo era stata riposta nel governo ad interim italiano, guidato da un ex commissario Ue severo come Monti.
I tecnocrati avrebbero potuto prendere quei provvedimenti, «schivati in passato». «Ma se gli avvenimenti di questa settimana possono fare da guida, qualcosa ci dice che sull’esecutivo si abbatterà il forte vento contrario dei poteri costituiti, che attanagliano come in una morsa la complessa economia neo feudale italiana», è la stroncatura piovuta dalla Grey lady, la signora in grigio della stampa Usa.
MONTI BLOCCATO DAL PDL. Ben inteso, la corrispondente Rachel Donadio non ha addossato tutta la responsabilità sul neo-premier e sui suoi ministri. La colpa, piuttosto, è «delle pressioni arrivate dalla destra, per lo più dal partito dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi», alle quale Monti infine «si è piegato», «facendo cadere alcune parti del pacchetto di 40 miliardi di tagli alla spesa e di aumenti delle entrate, tra le quali la tassa sui patrimoni e una rapida liberalizzazione di settori professionali chiusi come quelli dei tassisti e dei farmacisti».
SINDACATI PRO PENSIONATI. Anche il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha «criticato le lobby e i partiti che stanno dietro di loro», ha ricordato il quotidiano americano. A frenare la spinta al cambiamento, secondo l’analisi, contribuirà anche la protesta dei sindacati, che finora in Italia hanno teso a difendere di più i lavoratori già inseriti e i pensionati, piuttosto che i diritti delle nuove generazioni. Un conflitto tra le classi meno abbienti chiamate ai sacrifici che, nell’emergenza, rischia di far esplodere un’altra bomba sociale.

Precari e pensionati: lo scontro tra generazioni

Da neo-insediato, il premier Monti aveva annunciato di voler rendere l’Italia più equa, soprattutto per i giovani, definiti una «risorsa sprecata». Il guaio, per i commentatori Usa, è che la Casta bipartisan rappresentata in Parlamento ha minato questo processo sul nascere.
«Nella società italiana non esiste una divisione tra destra e sinistra. Esiste una spaccatura tra coloro che sono dentro e fuori gruppi organizzati», ha raccontato Sergio Fabbrini, direttore della School of government della Luiss di Roma, «dalla destra alla sinistra, tutti i principali partiti politici del Paese rappresentano gli insider».
INSIDER E OUTSIDER. Così, per esempio, la destra difende gli insider della casta delle società legali e dei notai. Mentre la sinistra rappresenta i diritti dei pensionati, che, in alcune organizzazioni sindacali, sono più numerosi degli iscritti lavoratori. Privi del paracadute del welfare e scarsamente difesi dai partiti, i precari delle nuove generazioni sono, al contrario, la fascia più nutrita degli outsider, l’anello più debole della società.
Certo, nel pacchetto di Monti «ci sono alcuni sgravi fiscali per far assumere alle aziende giovani al di sotto dei 35 anni a tempo indeterminato», ha precisato il Nyt, «tuttavia, molti economisti sostengono che, in Italia, la crescita è impedita dalle leggi sul lavoro che difendono lavoratori più maturi, facendo vivere le nuove generazioni con contratti a termine, bassi salari e scarse tutele sul lavoro».
CLIMAX DI TASSE. Mutilato degli interventi per la crescita, di quelli per favorire il ricambio tra lavoratori e delle liberalizzazioni anti-Casta, alla fine lo scheletro della manovra Monti si è ridotto a una sequela di tasse: «Un fardello che, secondo quanto dichiarato dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, porterà la pressione fiscale al 45% nel prossimo biennio». Anche secondo gli americani, da sole, le misure di austerity affosseranno, anziché far rialzare, l’Italia.

Barbara Ciolli

per Lettera43.it

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