Falde acquifere contaminate da PFAS: interviene il Ministro Costa

La contaminazione delle falde acquifere del nostro paese da PFAS, rappresenta indubbiamente una assoluta priorità di intervento per il Ministero dell’Ambiente, vista la cancerogenità di tali sostanze.

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Proprio per questo il Ministero dell’Ambiente Sergio Costa, nella consapevolezza dei gravi rischi legati alla contaminazione delle falde acquifere da PFAS, ha annunciato la convocazione di un tavolo tecnico urgente per i primi giorni di settembre, al quale parteciperanno gli istituti scientifici e di ricerca competenti in materia come CNR IRSA, ISS e ISPRA.

La problematica della contaminazione delle falde da PFAS interessa estesi distretti territoriali, ad iniziare dal Veneto, dove sono almeno 300mila le persone esposte, con proteste in corso da anni e, come ha voluto chiarire il Ministro dell’Ambiente “è nostra responsabilità intervenire nel rispetto dei ruoli per assicurare la tutela ambientale”.

Si tratta di una problematica che, oltre al Veneto, vede interessate parti intere del nostro paese, dal momento che la presenza dei Pfas interessa anche aree di Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Friuli, Liguria, Sicilia e Umbria, dove le Agenzie regionali protezione ambientale stanno effettuando specifici monitoraggi sui Pfas, i cui risultati, attesi per la fine del 2018, permetteranno di fare una valutazione più precisa dell’estensione del fenomeno, potendo definire ed adottare specifiche misure di salvaguardia ambientale.

Una grande priorità quella della contaminazione da Pfas, da affrontare a tutto campo, con tutti gli strumenti disponibili per il Ministero dell’Ambiente, partendo dal tavolo tecnico esteso a tutte le Regioni, e sul quale il Ministro Costa tende a precisare che “Le conoscenze scientifiche su queste sostanze sono sempre più solide e questo ci richiama alla necessità di una valutazione più approfondita sui valori limite da adottare e sulla possibile inclusione di nuove sostanze del gruppo dei Pfas”.

Uno screening valutativo completo quello che verrà effettuato su queste sostanze cancerogene, sempre più pericolose per la salute umana e gli ecosistemi.

In sostanza la sigla “Pfas” sta ad indicare Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici) ed identifica una famiglia di composti chimici utilizzati prevalentemente in ambito industriale, definibili come acidi molto forti utilizzati in forma liquida, con una struttura chimica capace di conferirgli una particolare stabilità termica, rendendoli resistenti ai principali processi naturali di degradazione.

A livello di impiego, i PFAS vengono impiegati sino dagli anni ’50 nelle filiere della concia delle pelli, del trattamento dei tappeti, della produzione di carta e cartone per uso alimentare, come componente per il rivestimento di padelle antiaderenti oltre che nella produzione di abbigliamento tecnico, per le loro caratteristiche oleo e idrorepellenti, altamente impermeabilizzanti.

Passando agli effetti sanitari di queste sostanze, queste sono considerate tra i fattori di rischio per una  vasta serie di patologie a cominciare dall’impatto sul sistema endocrino, con compromissione di crescita e fertilità, e che siano sostanze cancerogene. Si ritiene che gli effetti di tali sostanze non abbiano effetti  immediati, ma si manifestino dopo una lunga esposizione, correlandoli con l’insorgenza di tumori a reni e testicoli, lo sviluppo di malattie tiroidee, l’ipertensione gravidica e coliti ulcerose. Alcuni studi hanno ipotizzato un impatto di queste sostanze in fase prenatale con correlazioni tra patologie fetali e gestazionali e la contaminazione da tali sostanze.

Il non corretto ed illegale smaltimento dei PFAS nell’ambiente, permette agli stessi di penetrare facilmente nelle falde acquifere e, attraverso l’acqua, raggiungere le coltivazioni e, attraverso i prodotti agricoli, arrivare alla catena alimentare.

Alte concentrazioni di Pfas sono tossiche oltre che per l’uomo anche per tutti gli organismi viventi, tendendo ad accumularsi nell’organismo attraverso processi di bioamplificazione che si innescano quando gli organismi ai vertici della piramide alimentare ingeriscono quantità di inquinanti superiori a quelle diffuse nell’ambiente.

Una tematica portata alla evidenza dal progetto europeo PERFORCE, con il quale nel 2006 fu avviata un’indagine finalizzata a stabilire la presenza di perfluoroderivati nelle acque e sedimenti dei maggiori bacini fluviali europei, che evidenziò come proprio il bacino del fiume Po presentava le concentrazioni più elevate di acido perfluoroottanoico (PFOA) tra tutti i fiumi europei. Una scoperta iniziale che fu confermata ed approfondita da successive indagini sperimentali in altre zone del bacino del Po effettuate da istituti di ricerca come il Joint Research Centre di Ispra e l’IRSA-CNR.

Mappa concentrazioni Pfas bacini fluviali italiani (Fonte Min.Ambiente – CNR IRSA)

L’evidenza di potenziale rischio ecologico e sanitario nel bacino del fiume Po portò nel 2011 alla stipula di una convenzione tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e l’istituto di Ricerca sulle Acque del CNR per la realizzazione di uno studio del Rischio Ambientale e Sanitario associato alla Contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nel Bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani. Lo studio biennale, conclusosi nel 2013, ha rappresentato il primo studio completo sulla distribuzione e sulle sorgenti dei composti perfluorurati nei principali bacini idrici italiani con gli eventuali rischi connessi alla loro presenza. 

Link per scaricare le note di sintesi del progetto Pfas (Ministero Ambiente-CNR IRSA)

ed un evento promosso dal Comitato “Mamme no Fas” di Vicenza per denunciare il grave stato in cui versa la seconda falda acquifera più grande d’Europa, nel triangolo Verona, Vicenza e Padova, in  presidio da venerdì 24 agosto fino a martedì 28 agosto, tratto dalla pagina FB del Senatore Gianni Girotto 

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