Come le case ci possono salvare dal terremoto

Amatrice (RI) 24 agosto 2016 – Terremoto Magnitudo 5,9: oltre 300 morti. Norcia (PG) 30 ottobre 2016 – terremoto Magnitudo 6,5: nessun morto. 

Una grande paura per tutti noi, ho nel cuore chi era nel centro della scossa pesantissima. Occorre davvero cambiare in meglio i nostri borghi e le nostre città, con il legno e le nuove tecnologie al posto del cemento ovviamente salvaguardando la nostra storia all’esterno dell’edificio. Ma basta vivere nella paura.

In tre mesi si ricostruisce una casa e poi ci daremo tutto il tempo di fare la faccia a vista in pietra o l’intonaco o il mattoncino senese come nella casa del mio lungimirante amico di Asciano Roberto Bechi. Non dimentichiamocelo più.

Se avessimo ascoltato e se mi avessero ascoltato 9/12/15 anni fa oggi saremo sempre con la paura addosso ma con la consapevolezza di essere in sicurezza.

Oggi poi nel mettere in sicurezza abbiamo il bonus fiscale del 75% approvato lo scorso anno su iniziativa dei 5 stelle dopo dieci anni che Loredana De Petris lo
proponeva e abbiamo la possibilità di rendere la casa a risparmio energetico recuperando ampiamente tutte le spese. Insomma diamoci da fare tutti !!!

Se fate girare magari salveremo in futuro molte vite umane. E spesso fa più un facebook di una persona che stimi di cento prediche o proclami.
E se avete bisogno di consigli ….. sarà un piacere darli.

Fabio Roggiolani Vice Presidente Associazione Giga no Profit

A seguire tre riflessioni tratte dai social network di un ricercatore e grande esperto di sismologia come il Professor Giuseppe De NataleDirettore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, ed una ricostruzione dell’evento 3D dell’evento del 24 agosto scorso con epicentro ad Amatrice, tratto dal profilo facebook del Dottor Stefano Carlino (INGV – Osservatorio Vesuviano), crediamo molto eloquenti per supportare la riflessione di Fabio Roggiolani. 

  • 30/10/2016 – dal profilo Facebook di Giuseppe De Natale

L’evento di oggi è stato davvero molto forte. Anch’io e la mia famiglia l’abbiamo avvertito bene a Napoli. Infatti, in un primo momento pensavo fosse più vicino, non in Umbria-Marche, perché non pensavo si arrivasse lì ad una tale magnitudo (M=6.5). In ogni caso, come scrissi già nel primo post subito dopo il primo evento il 24 Agosto, purtroppo una serie di altri eventi di magnitudo simile era abbastanza prevedibile, perché tutti i forti terremoti Italiani ben noti (ossia recenti, dal 1976 ad oggi) hanno avuto questa caratteristica. Quello che accade, come ho già detto, è che lo sforzo tettonico che prima era ‘mantenuto’ da una faglia, quando questa cede va a sovraccaricare le faglie vicine, che dopo un certo tempo cedono. Questo accade a varie scale temporali, perché non è detto che il nuovo carico di sforzo porti la faglia a rompersi; ma comunque la avvicina alla rottura, magari anticipando il prossimo terremoto di qualche decina d’anni. Questo effetto, scoperto pochi anni prima sulla faglia di San Andreas (USA), lo identificammo e descrivemmo scientificamente per la prima volta nei terremoti Italiani nella pubblicazione seguente, che si trova in rete ma purtroppo (data l’età, è stata digitizzata posteriormente dalla rivista) senza alcune figure fondamentali: 

Troise, C., De Natale, G., Pingue, F. e Petrazzuoli, S. Evidence for earthquake interaction in South-Central Apennines (Italy) through static stress variations, Geophysical Journal International, vol.134, 809-817, 1998 (link abstract).

In questo senso, certamente questi terremoti sono ‘figli’ dei terremoti di L’Aquila del 2009, che ha ‘sovraccaricato’ di sforzo le aree immediatamente a Nord e a Sud. Queste faglie, ed in particolare i primi eventi avvenuti più a Sud (Amatrice) sono infatti immediatamente a Nord di L’Aquila e di Campotosto Monti della Laga (più a Nord di L’Aquila, dove ci fu un evento forte successivo). A Sud delle faglie dell’Aquila ci sono due zone tettoniche molto critiche: Avezzano, che nel 1915 generò uno dei terremoti più forti mai avvenuti in Italia (M=7) e Sulmona, dove terremoti molto forti sono avvenuti diverse centinaia di anni fa ed è appunto ‘silente’ da molto tempo. Questa questione è ben descritta da un altro nostro lavoro scientifico dedicato appunto al terremoto dell’Aquila ed ai suoi possibili effetti futuri sulle faglie limitrofe:

De Natale, G., Crippa, B., Troise, C., Pingue, F. Abruzzo (Italy) earhquakes of April 2009: heterogeneous fault slip models and stress transfer from accurate inversion of Envisat-InSAR data. Bulletin of the Seismological Society of America, Vol. 101, No. 5, pp. 2340–2354, doi: 10.1785/0120100220, 2011 (link abstract).

Anche questa pubblicazione può essere trovata in rete, ma non so se è scaricabile liberamente. Quindi, premesso che i terremoti non si possono ‘predire’ in senso stretto, se mi chiedessero dove mi aspetterei il prossimo forte terremoto in Appennino direi nell’area di Sulmona. Infatti, l’accumulo di sforzo su questa faglia e su quella di Avezzano, dopo il terremoto di L’Aquila, ‘anticiperà’ il prossimo terremoto di circa trent’anni (rispetto al tasso di accumulo medio di sforzo tettonico). Noi però non sappiamo quando sarebbe normalmente avvenuto il prossimo terremoto su questa faglia. Poiché Avezzano ha ‘scaricato’ gran parte della sua energia nel 1915, mentre Sulmona è ‘silente’ da circa 400 anni, mi aspetterei che Sulmona sia molto più vicina al punto di rottura, e quindi i 30 anni di anticipo potrebbero portare ad una data vicina. Ovviamente, prendete queste mie parole con ‘le pinze’, perché ripeto non è affatto una previsione ma soltanto una serie di considerazioni scientifiche (peraltro ‘filtrate’ perché pubblicate su una rivista di notevole prestigio) intrinsecamente ‘incerte’ ed inoltre basate su ipotesi che oggi riteniamo attendibili ma che domani potremmo scoprire non esserlo.

Giuseppe De Natale – INGV – Direttore Osservatorio Vesuviano

  • 30/10/2016 – dal profilo Facebook di Giuseppe De Natale

Poco fa a Sky il Presidente della Commissione Grandi Rischi, Sergio Bertolucci, ha spiegato più o meno quello che ho scritto nel post precedente, avvisando che la sequenza ha interessato diversi segmenti di faglie vicine, e potrebbe ancora interessarne altri. Poi ha espresso il seguente concetto: ‘E’, paradossalmente, una fortuna che i segmenti di faglia si siano mossi a distanza di giorni o di mesi; se si fossero mossi tutti insieme, oppure uno dopo l’altro a distanze di pochi secondi, avremmo avuto un terremoto di dimensioni molto più disastrose’. Questo concetto, applicato alle sequenze sismiche dell’Appennino, è stato enunciato da me ed alcuni colleghi in una pubblicazione del 2014 che riguardava i terremoti dell’Emilia, in cui 7 eventi principali si attivarono a distanze di giorni/mesi:

Tramelli A., Convertito, V., Pino, N.A., Piochi, M., Troise, C., De Natale G. The 2012 Emilia, Italy, Quasi-Consecutive Triggered Mainshocks: Implications for Seismic Hazard, Seismological Research Letters, 85,n.5, doi: 10.1785/0220140022, 2014 (link abstract).

Come esempio di terremoto Appenninico in cui tre faglie si mossero a distanza di pochi secondi l’una dall’altra, producendo un terremoto di dimensioni disastrose, prendemmo il terremoto Irpino-Lucano del 1980, che raggiunse magnitudo 6.9 e provocò la morte di circa 3.500 persone. La Seismological Society of American (editrice della rivista che ha pubblicato il lavoro) trovò particolarmente interessante la nostra idea, e la pubblicizzò attraverso un’apposita ‘release’ giornalistica internazionale, per cui diversi giornali Italiani parlarono all’epoca della questione.

  • 30/10/2016 – dal profilo Facebook di Giuseppe De Natale

E, comunque, in rete ed anche purtroppo sui maggiori quotidiani si leggono enormi ‘corbellerie’ su questi eventi e sulle ragioni per cui i danni sono stati ingenti. Alcune sono le solite ‘teorie complottistiche’ che tirano in ballo petrolieri, governo, ecc.; altre sono teorie fantasiose a volte purtroppo propugnate anche da persone che lavorano nel campo. La verità è che, mentre paesi come Amatrice ed Accumoli sono stati rasi al suolo dal primo terremoto, di magnitudo 6.0, a Norcia la quasi totalità degli edifici è rimasta in piedi dopo un evento di magnitudo 6.5 avvenuto a soli 5 km di distanza. Questo perché, molto semplicemente, a Norcia il patrimonio edilizio era stato rinforzato dopo il terremoto del 1979. Quindi, questa è la prova evidente e definitiva che se si rinforzano come si deve le abitazioni, anche molto antiche, di terremoto non si muore; magari crolla qualcosa, ma l’edificio non collassa e quindi la gente non muore. E notate che la magnitudo di 6.5, rispetto a 6.0, significa circa 10-20 volte di più in energia, ed è una delle più forti che può avvenire in quel tratto dell’Appennino (i terremoti più forti mai avvenuti in Italia sono di magnitudo circa 7: il più forte fu quello di Messina, M=7.1).

Vi proponiamo a seguire le animazioni 3D dei due eventi calamitosi del 24 agosto e del 30 ottobre, con le seguenti indicazioni:

Le onde di colore blu indicano che il suolo si sta muovendo velocemente verso il basso, quelle di colore rosso indicano che il suolo si sta muovendo verso l’alto. L’intensità del colore è maggiore per spostamenti verticali più veloci.
Ogni secondo dell’animazione rappresenta un secondo in tempo reale. Sono rappresentati i primi 2 minuti a partire dall’origine dell’evento sismico.

Non si tratta di un’animazione artistica ma della soluzione delle equazioni che descrivono il processo di propagazione.
La velocità e l’ampiezza delle onde sismiche dipendono dalle caratteristiche della sorgente sismica, dal tipo di suolo che attraversano e anche dalla topografia. Esse, quindi, non si propagano in maniera uniforme nello spazio e luoghi posti alla stessa distanza dall’epicentro risentono del terremoto in maniera completamente diversa. In questo caso si osserva, ad esempio, che le onde si sono propagate con maggiore intensità e più a lungo verso le regioni adriatiche, verso il Lazio e la Toscana meridionale.

  • Animazione 3D terremoto del 24 Agosto 2016 Mw 6.0 Accumoli (Rieti) (Fonte youtube- INGV Terremoti)
  • Animazione 3D dell’evento del 30 ottobre 2016 Mw 6.5 nei pressi di Norcia (Perugia)  (Fonte youtube- INGV Terremoti)

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