Biocarburante dalle alghe geneticamente modificate, rischi ed impatto ambientale sottovalutati

Le alghe sono uno dei cavalli di battaglia della ricerca sui biocarburanti provenienti da colture geneticamente modificate, ma stando ad Allison Snow, docente di ecologia e biologia alla Ohio State University, bisognerebbe effettuare degli studi indipendenti sui rischi connessi ad un simile processo produttivo prima di procedere ad esplorare a fondo il loro potenziale.


Allison Snow è l’autore di uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica Bioscience, che fa luce sulle tante ombre ed interrogativi ancora irrisolti sulle alghe geneticamente modificate. Quali rischi si corrono coltivando, in ambienti protetti, alghe GM ottimizzate per la massima resa dei biocarburanti?

Il primo nodo da sciogliere riguarda la sopravvivenza delle alghe GM al di fuori delle coltivazioni protette. Cosa succederebbe se attecchissero nell’ambiente naturale? Sarebbero in grado di sopravvivere? E con quali mutazioni? A quali ibridi darebbero vita?

Ad esempio, si chiede Snow, cosa accadrebbe se crescendo in vasche all’aperto, le microalghe riuscissero ad incrociarsi con specie selvatiche? C’è il rischio che evolvano, diventando più prolifiche ed iniziando a riprodursi in modo incontrollato. O ancora che le alghe verdi e blu prodotto della bioingegneria possano produrre tossine o dare origine a fioriture algali nocive.

Snow spiega che alcuni tipi di alghe GM sono innocue, alghe da laboratorio insomma che non riuscirebbero a resistere all’esterno, in un ambiente non controllato, però ce ne sono delle altre che potenzialmente potrebbero sopravvivere e creare non pochi problemi se non si interviene tempestivamente, prevenendo gli effetti di una eventuale contaminazione ed ibridazione.

Inoltre, dal momento che le alghe sono molto piccole, i biologi temono che un’eventuale dispersione su larga scala, a causa di condizioni meteorologiche avverse o tramite le migrazioni della fauna selvatica, potrebbe trasmettere i transgeni utilizzati per accrescerne la crescita e la produttività ad altre specie, sconvolgendo i già fragili equilibri ecosistemici.

FONTE: ecoblog.it

Articoli correlati