Ue e green economy: EEA ridefinisce i concetti con qualche lacuna

La grandissima accelerazione che l’intero contesto sistemico e tecnologico che si è strutturato negli ultimi 10 anni nell’ambito della green economy in ambito UE, richiede oggi politiche e quadri normativi molto dinamici ed attenti alle nuove prospettive che lo scenario dell’energia va delineando


, nei fondamentali obiettivi di un contesto ambientalmente compatibile e con il pieno ed insostituibile ruolo e coinvolgimento di ogni singolo cittadino.

In questo contesto è proprio di questi giorni l’uscita di un nuovo interessante report rapporto “Towards a green economy in Europe – EU environmental policy targets and objectives 2010–2050″ scaricabile in calce al post, pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente EEA che cerca di fare il punto sulla legislazione dell’Unione europea, che ha stabilito più di 130 distinti target ambientali ed obiettivi da raggiungere nel periodo tra il 2010 e il 2050 e che insieme, possono fornire traguardi utili per sostenere la transizione europea verso la “green economy”.

Nel suo ricco rapporto EEA evidenzia che si pone una domanda cercando di dare risposte “La “green economy” è emersa come una priorità nella discussione politica degli ultimi anni. Ma cosa significa, in pratica, questo concetto e come si può misurare il progresso verso questo obiettivo strategico?”. Tutto questo viene fatto attraverso una panoramica esaustiva degli obiettivi ambientali e degli obiettivi previsti dalle normative UE per il quarantennio 2010-2050, elaborando esempi di analisi dei progressi conseguiti.

Il report, decisamente esauriente nell’evidenziare i miglioramenti conseguiti nell’uso efficiente delle risorse, è tuttavia un po’ carente nel non includere in maniera esplicita il riferimento ai limiti delle risorse stesse, dal momento che, laddove in presenza di uso efficiente di una risorsa conseguito sul campo, questo deve assolutamente evitare di determinare un sovra sfruttamento della risorsa stessa, deteriorando alla base quegli equilibri del nostro pianeta, sicuramente finito nei suoi limiti fisici, e come ben delineato da tutti i concetti e le politiche di sostenibilità. Precisa la definizione che EEA da della green economy, in questo nuovo rapporto: “è un modello economico che mira ad aumentare la prosperità, utilizzando le risorse in modo efficiente, oltre a mantenere la resilienza dei sistemi naturali che sostengono la società”.

Una indagine, quella EEA elaborata con gli indicatori individuati nel “Environmental indicator report 2012”, tutti selezionati per valutare l’efficienza delle risorse e per affrontare la resilienza degli ecosistemi. Risultati con andamento “misto”, quelli evidenziati dal rapporto, con una UE che ha fatto più progressi nel migliorare l’efficienza delle risorse che nella salvaguardia della resilienza degli ecosistemi.

Secondo il Direttore esecutivo dell’EEA, Hans Bruyninckx: “Il rapporto dimostra che, mentre siamo riusciti a concordare una vasta gamma di politiche per la protezione dell’ambiente, l’attuazione di queste politiche resta una sfida. Stiamo facendo alcuni progressi verso l’obiettivo dell’Ue di creare una green economy, ma dobbiamo mantenere alta la pressione fino al 2020 ed oltre”. Il rapporto AEA, individua 63 targets giuridicamente vincolanti definiti “legally-binding targets” e 68 obiettivi non vincolanti “non-binding”, fissati dalla politica comunitaria UE per il periodo 2010-2050. Ben 62 dei 63 obiettivi giuridicamente vincolanti, hanno scadenza entro il 2020 e per questo AEA avverte che “La maggior parte degli attuali target e degli obiettivi possono essere visti come passi intermedi verso la transizione alla green economy, perché nella maggior parte dei casi eradicare i problemi richiederà un impegno a lungo termine, oltre il 2020”. Un nuovo quadro, quello proposto dal rapporto, che costituisce una base completa per valutare i progressi compiuti in passato ed orientare le nuove azioni e le prospettive orientate a soddisfare i futuri target ed obiettivi della politica ambientale europea.

In particolare AEA sintetizza in 5 punti i progressi verso i target ambientali UE:

  1. L’Ue ha l’obiettivo non vincolante di ridurre entro il 2020 il consumo di energia a livelli del 20% inferiori alla proiezioni “business-as-usual”. Sebbene questo implichi che il consumo debba essere poco inferiore al livello della metà degli anni ‘90, il trend da allora è stato orientato verso l’alto. Per questo è probabile che il raggiungimento degli obiettivi al 2020 richiederà una più forte attuazione delle politiche integrata da ulteriori impulsi di politica.
  2. Accanto a politiche volte a mitigare i cambiamenti climatici, l’Ue ha diverse politiche per aiutare gli Stati membri ad adattarsi. La Commissione europea incoraggia tutti gli Stati membri ad adottare strategie globali di adattamento. Entro la metà del 2013, 16 Stati membri hanno raggiunto questo obiettivo.
  3. Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, l’Ue ha generalmente compiuto buoni progressi verso gli obiettivi di emissioni fissati nel 2010 dalla strategia tematica sull’inquinamento atmosferico. Il raggiungimento di tutti i target per il 2020 richiederà ulteriori sforzi. Un sforzo aggiuntivo particolare dovrà essere rivolto alle famigerate polveri fine (PM 2,5), quelle capaci di insinuarsi in profondità nell’apparato respiratorio e da lì in quello circolatorio e cardio vascolare, dove forte è l’esigenza di una accelerazione delle azioni per ridurre le emissioni. La modellazioni formulata dal rapporto indica anche che il raggiungimento degli obiettivi è tecnicamente fattibile per tutti gli inquinanti ad esclusione appunto delle PM 2.5.
  4. Secondo un altro obiettivo “non-binding”, entro il 2020 la produzione pro capite di rifiuti dovrebbero essere in forte declino. Nonostante questo AEA evidenzia che “La produzione di rifiuti mostra un trend che, se estrapolato, indica che l’UE dovrebbe mancare per poco il suo obiettivo per il 2020. Tuttavia, la tendenza è certamente ambigua ed il declino della produzione dei rifiuti dal 2007 è incoraggiante.
  5. Gli Stati membri hanno anche un altro obiettivo legato ai rifiuti: lo smaltimento in discarica vicino allo zero entro il 2020, qui però tra le dichiarazione e i riscontro sul campo sembrano esserci molte cose da fare in termini di politiche e di infrastrutture per gestire davvero in maniera integrata l’intero ciclo dei rifiuti, nell’ambito del quale esistono a tutt’oggi tasselli assolutamente mancanti come lo stadio della digestione anaerobica della frazione organica. Per questo il rapporto conclude: “L’estrapolazione dei trend point, con un calo da 179 kg pro capite nel 2011 a 114 kg pro capite nel 2020, in modo da raggiungere l’obiettivo di discarica vicino allo zero, sembra richiedere un cambiamento radicale nelle pratiche di gestione dei rifiuti”.

Una sintesi, quella dei cinque punti sopracitati, che relega un po’ in secondo piano i flussi di materia, fondamentali nell’ottica di nuove prospettive di sostenibilità, e che hanno la forte necessità di essere contabilizzati al pari di quelli di energia. Nel rapporto solo una menzione nell’ambito del capitolo “Rifiuti” dello stesso, la volontà di perseguire il piano Resource Efficient Europe, fondamentale per avere sempre ben al centro il tema e l’importanza della materia e della sua rinnovabilità. Un rapporto quindi ancora un po’ squilibrato sui temi energetici e svantaggio dei flussi di materia, argomento quest’ultimo parimenti importante ed indissolubile al primo per contrastare i cambiamenti climatici e dare pienezza e rinnovabilità all’uso razionale dell’energia.

Sauro Secci

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