Sindrome di Nimby: un quadro molto articolato in Italia ed un focus sulla Toscana

Ho avuto modo a più riprese di parlare di conflitti ambientali, facendo riferimento anche alla mappatura ed al rilevamento dei fenomeni in atto, sia a livello planetario (vedi post “Conflitti ambientali e per l’accesso alle risorse nel mondo: arriva l’Atlante globale dei conflitti ambientali, con la mappa dell’Italia ancora mancante“) che anche legati al nostro paese (vedi post “Dopo quello mondiale arriva anche l’Atlante italiano dei conflitti ambientali“).


E’evidente come un argomento del genere assuma connotati assolutamente diversi in funzione delle latitudini, arrivando a guerre violentissime, spesso in corso da anni e legate prettamente all’accesso alle risorse minerarie. Nei paesi sviluppati come il nostro, alla ricerca di nuovi equilibri ambientali dopo la profonda crisi di sistema ancora in corso e dalla matrice prettamente ecologica, si è creata una caotica situazione che non permette troppo spesso di arrivare ad una valutazione davvero obiettiva e coerente delle proposte di progetti da attuare sui territori anche e soprattutto a livello di energia che è l’ambito più vicino alle mie conoscenze. Uno stato davvero confusionario è quello cretosi nel nostro paese tra nuovi progetti e nascita di comitati, che troppo spesso rischiano paradossalmente di lasciare spazio alle tecnologie più impattanti e meno avanzate tecnologicamente. Basti pensare alla situazione determinatasi nell’ambito della geotermia toscana, dopo la moratoria imposta dalla Regione ai nuovi permessi di ricerca geotermica che dovrebbero finalmente veder nascere una nuova geotermia, finalmente meno impattante e veramente sostenibile (vedi post Ecquologia “Geotermia: no alla moratoria dei permessi“). Ed è proprio sulla situazione della Toscana che vorrei parlare, proprio in relazione a quella “sindrome di Nimby” (Not in my back yard, – non nel mio giardino), con specifico riferimento ad una particolare elaborazione di ARPAT Toscana che cerca di riassumere l’indice di conflittualità delle opere sotto osservazione, tra le quali si evidenziano:

  • la TAV di Firenze;
  • l’inceneritore di Montale;
  • la centrale geotermica di Bagnore 4 – Amiata;
  • l’inceneritore di Scarlino.

Si tratta di quattro opere molto eterogenee e ben diverse tra di loro, che condividono il primo posto nell’indice di conflittualità con ben 95 punti.


Il fenomeno “Nimby” in Italia è monitorato da alcuni anni dal “Nimby Forum” (link sito), un sito che si fregia del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e dei Ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, e che cercadi tracciare un quadro della situazione italiana, che nell’ultimo aggiornamento è arrivato alla conclusione che le opere contestate nel nostro paese, risultano in lieve diminuzione, con un -5%, solo per la diminuzione degli investimenti.
Tornando al lavoro di Arpat, l’agenzia per l’ambiente della Toscana, partendo dalla sensibilità di chi lavora quotidianamente sugli stessi siti alla base di conflittualità locali, fa emergere per la prima volta, dall’analisi dei dati censiti, che il citato fenomeno Nimby e delle opere oggetto di contestazione, passa attraverso la stampa locale compreso quella web. Un lavoro che ha impegnato ARPAT durante il 2014, facendo un autentico censimento sulla realtà toscana. Ad una prima fase di raccolta dati, l’agenzia ha provveduto alla elaborazione di specifici indicatori come il numero di articoli presenti sul tema, raccolti in rassegna stampa, ciascuno dei quali con il rispettivo peso specifico sulla valutazione finale, per permettere poi di stilare un ranking delle opere contestate, in ordine di criticità. Un lavoro che ha fatto emergere 83 casi di conflittualità sul territorio toscano rispetto ai 41 riportati nel sito istituzionale nazionale già citato (immagine sopra), che vanno dalle forti contestazioni sulle quattro opere ricordate poco sopra a quella più sommessa, legata ad un impianto a biomasse presso San Galgano.
Nell’analisi delle posizioni interne della classifica toscana, si trova praticamente di tutto, spaziando dalle autostrade alle ferrovie, agli impianti di gestione dei rifiuti, partendo dalle discariche, agli impianti a biomasse agli impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici. Passando alla analisi spaziale dei siti , le province più “costellate” di siti critici Pisa, Firenze, Arezzo e Siena, mentre relativamente alla tipologia di impianti maggiormente contrastati troviamo gli impianti a biomasse e biogas, con il 24%, seguiti da quelli per la gestione rifiuti con il 17% i quali però costituiscono il 40% dei conflitti ambientali considerando gli inceneritori (11%) e le discariche (10%).
Venendo alla produzione di energia diversa da biomasse e biogas, questa è alla base di conflitti per il 16% dei casi mentre l’attività industriale (altro), diversa da quella individuata nel dettagliata, costituisce l’11% delle conflittualità. A chiudere la classifica sono poi le infrastrutture di mobilità, fonte di dissidio per il 7% dei casi.
Una analisi quella di Arpat, che si è riferita a notizie apparse sulla stampa durante il 2014, davvero molto importanti ed indicative per il futuro prossimo, legate per esempio a scelte strategiche importanti e molto discusse da tempo come per esempio il termovalorizzatore di Case Passerini, che dovrebbe sorgere nella Piana fiorentina. Davvero significativa la grandissima eterogeneità della TOP4 della classifica dei maggiori conflitti ambientali in Toscana, con un particolare riferimento ad uno di questi, come la centrale geotermicadi Bagnore 4, dove è interventuro addirittura il TAR a sancire la sindrome di Nimby in corso. Segnali che palesano una forte perdita di analisi nella valutazione dei progetti. Pur essendo infatti evidente che non tutte le opere e le infrastrutture proposte non siano utili allo sviluppo sostenibile, con la cronaca quotidiana degli scandali a ricordarcelo, le contestazioni che esplodono sui territori sono spesso motivate e non appare certo scelta equa liquidarle etichettandole massivamente come Nimby ma nello stesso tempo emerge fortissima l’esigenza di generare nella popolazione una effettiva cultura critica, basata su una maggiore conoscenza delle proposte che limiti strumentalizzazioni che fanno male davvero al bene comune, scacciando via definitivamente quella tendenza ad un più comodo “no” a tutto che fa fare invece dei regressi verso la sostenibilità, proprio come le ultime vicende sulla geotermia toscana sono li a ricordarci (vedi post Ecquologia “Geotermia, per uscire dall’era fossile “anche il bene va fatto bene”. Ma va fatto!”)Un tema che richiederebbe un maggiore contatto, per esempio in ambito energetico, tra le organizzazioni no profit che si battono per l’avvento delle tecnologie pulite davvero meritevoli di questi nome e le varie comunità locali stesse. Tutte questo per rendere davvero “cittadini sovrani”, un termine tanto caro al Priore di Barbiana, Don Lorenzo Milani ed oggi più che mai attualissimo per tutte le persone, potenziali membri dei comitati locali.

Sauro Secci

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