Scorie radioattive a bassa intensità: a Pisa collaudato lo smaltimento in contenitori

La ricerca finanziata da Ansaldo e condotta nel Laboratorio Scalbatraio, il solo adatto in tutta Italia


Il dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa ha appena concluso un’attività sperimentale di qualificazione dei contenitori per lo stoccaggio e l’inglobamento di scorie radioattive a bassa attività iniziata nel luglio del 2013 e finanziata da Ansaldo Nucleare. L’attività si è svolta principalmente presso il Laboratorio Scalbatraio, l’unico centro in Italia per la qualificazione di contenitori per materiali radioattivi.

Il professore Donato Aquaro, responsabile scientifico della ricerca, spiega che «A seguito della validazione che abbiamo effettuato e della approvazione da parte dell’Ente di Sicurezza dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) saranno costruiti circa 2.000 esemplari presso il centro di ricerche della Commissione europea JRC a Varese per inglobare e stoccare rifiuti radioattivi».

I ricercatori pisani evidenziano che «I test sono stati effettuati su cinque contenitori di forma prismatica (1,6 m x 2,5 m di base ed un’altezza di 1,2 m) con un volume di circa 4 metri cubi al cui interno sono previsti o basket cilindrici per l’alloggiamento di fusti cilindrici o basket prismatici per stoccare componenti sfusi quali pompe, valvole, tubazioni, materiale lapideo ecc.

Entrambi i tipi di rifiuti sono stati quindi inglobati in una malta cementizia ad elevata fluidità e resistenza. In particolare, le prove di qualificazione effettuate sono state numerose sia per il contenitore sia per la matrice di inglobamento: irraggiamento accelerato su provini di malta; inglobamento di rifiuti nella malta con una ricetta realizzata al Laboratorio Scalbatraio; verifica dell’inglobamento dei rifiuti; test di caduta libera; prova termica in forno a 800° C per mezz’ora per simulare un incendio». Quest’ultimo test è stato preceduto da una prova su un modello in scala ridotta al Laboratorio Scalbatrario, con l’assistenza di una squadra di Vigili del Fuoco. Il test serviva a garantire che il bitume presente nei fusti di un contenitore non raggiungesse la temperatura di autocombustione, cioè i 250 gradi.

FONTE | GREENREPORT

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