Rinnovabili vs nucleare: necessaria una scelta di campo

Quando si parla di neutralità a livello di emissioni climalteranti come la CO2, si accomuna alle energie rinnovabili una energia come quella nucleare. A questo riguardo però, se si vuole perseguire un serio e perentorio piano di riduzione delle emissioni più veloce ed economico possibile, si deve dare assoluta priorità alle energie rinnovabili, rispetto il nucleare, senza pensare ad una ibridità che rischierebbe di deviare pericolosamente il percorso. (Foto di copertina di Markus Distelrath da Pixabay)

E’ infatti fuorviante pensare ad un futuro ibrido, nel quale nucleare, solare ed eolico vento fanno ognuno la loro parte. Si conseguirebbe un risultato comunque inferiore a quello ottenibile con uno scenario 100% energia verde. Proprio su questa affermazione si svolge un nuovo studio condotta dall’University of Sussex Business School e della ISM International School of Management che ha analizzato l’evoluzione degli scenari energetici degli ultimi 25 anni di ben 123 paesi, con i ricercatori che hanno evidenziato come le nazioni che hanno abbracciato le energie rinnovabili abbiano ridotto in maniera significativa la propria CO2, andando ben oltre qualsiasi taglio dei Paesi a vocazione nucleare.

Nello studio, scrive testualmente il tema di scienziati che lo ha realizzato, due dei contendenti più ampiamente enfatizzati per la riduzione delle emissioni di carbonio nel settore elettrico sono l’energia nucleare e quella rinnovabile. Se da una parte gli scenari mettono regolarmente in discussione i potenziali impatti dell’adozione di vari mix tecnologici in futuro, dall’altra risultava meno chiaro quale tecnologia fosse stata associata a maggiori riduzioni storiche delle emissioni”. 

Nello studio gli scienziati hanno utilizzato i dati della Banca Mondiale e dell’Agenzia Internazionale per l’Energia relativi al periodo 1990-2014, scoprendo che nucleare ed energie rinnovabili tendono a mostrare vincoli e dipendenze dal percorso (path dependenceche si escludono a vicenda, con tutti i mix tecnologici individuati che risultano pertanto incompatibili, rispondendo ad una logica di sistama centralizzato il nucleare e distribuito le rinnovabili. Ad esempio, la configurazione dei sistemi di rete in un modello ottimizzato per la produzione energetica centralizzata su larga scala, come il nucleare convenzionale, rende più impegnativo e dispendioso in termini di tempo e di costi, introdurre l’energia rinnovabile in una logica distribuita su piccola scala.

Come spiega  Andy Stirling, Professore di Scienze e Politiche Tecnologiche presso la University of Sussex Business School, “Questo documento espone tutta l’irrazionalità di sostenere gli investimenti nucleari sulla base di un’argomentazione del tipo ‘realizziamo tutto’. I nostri risultati mostrano non solo che le risorse investite a livello mondiale nel nucleare […] tendono a essere meno efficaci degli investimenti rinnovabili per la mitigazione delle emissioni di carbonio, ma anche che le tensioni tra queste due strategie possono ulteriormente erodere l’efficacia” della battaglia climatica.

Entrando più nello specifico dello studio, è stato rilevato che nei paesi con un PIL pro capite elevato, la produzione di elettricità nucleare corrisponde ad un calo trascurabile delle emissioni di CO2 e in termini comparativi, inferiore a quello associato alle energie rinnovabili. Nei paesi con un PIL pro capite basso, invece, la produzione di elettricità nucleare è chiaramente associata a emissioni di CO2 tendenti ad essere più elevate.

Rapporto completo pubblicato su Nature (testo in inglese).

La Redazione di Ecquologia

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