Più benessere con meno energia? Gli elettori svizzeri hanno detto sì

Giornata da ricordare lo scorso 21 maggio in Svizzera, con il 58% dei votanti che hanno detto sì nel referendum sulla “Legge sull’energia”, uno dei due grandi blocchi di riforme per l’attuazione della “Strategia energetica 2050” del governo e del Parlamento.

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Un primo pacchetto importante quello proposto ai cittadini svizzeri con una serie di capisaldi fondamentali di migrazione di modello energetico come:

  • transizione alle energie rinnovabili;
  • abbandono graduale dell’energia atomica e dei combustibili fossili;
  • diminuzione delle importazioni di energia (attualmente il 75% di quella usata);
  • forte riduzione dell’uso di energia pro capite.

Proprio quest’ultimo costituisce indubbiamente l’obiettivo più ambizioso, finalizzato a riportare entro il 2050 l’uso pro capite di energia al livello degli anni ’60, senza diminuire il livello di prosperità, la quale dovrebbe invece continuare a crescere, insieme anche al prodotto interno lordo, grazie all’incremento dell’efficienza energetica. Produrre di più con meno materia diverrebbe possibile attraverso innovazione tecnologica, infrastrutture, organizzazione sociale e comportamenti individuali.

Un risultato di grande significato, quello del referendum svizzero, che va oltre i confini della confederazione elvetica, per accrescere il benessere riducendo l’uso di energia, potendo invertire la rotta energetica fino ad oggi seguita.

Per millenni infatti, l’aumento dell’uso di energia è stato il presupposto per l’aumento della prosperità, della longevità e della popolazione, un processo si è accelerato nel ‘900 grazie alla sinergia tra metodo scientifico e combustibili fossili, con tecnologie che hanno permesso di estrarre e sfruttare più energie di matrice fossile come carbone, petrolio e gas. Una azione che ha consentito di trasferire più lavoro umano dall’agricoltura, all’industria, alla scienza e alla tecnica. Un fenomeno questo, che ha permesso a sua volta, di imparare ad estrarre e bruciare ancora più combustibili fossili e di sviluppare tecnologie per usare sempre più energia, per esempio l’energia idroelettrica, quella atomica, e, più recentemente le nuove rinnovabili come eolico e fotovoltaico, creando così una spirale d’intervento umano sulla natura, che ha trascurato i propri effetti collaterali. Solo da mezzo secolo quella stessa comunità scientifica che aveva accelerato questo processo si dedica a studiarne le conseguenze indesiderate (per esempio il cambiamento climatico), e a proporre rimedi. Per l’insieme delle conseguenze globali di questa spirale energetica gli scienziati hanno coniato il termine di Antropocene, vale a dire l’era geologica nella quale le attività umane sono diventate una delle principali forze che influenzano molti equilibri geologici e biologici del Pianeta.

Un processo travagliato e partecipato con fasi di consultazione e discussione con tutte le parti sociali, quello intrapreso dal Governo e dal Parlamento della Svizzera per l’approvazione della articolata “Strategia energetica 2050”, della quale il presupposto fondamentale è costituito da uno scenario di una società a 2000 W, secondo il quale la attuale società a 6000 watt (corrispondente a 60 lampadine da 100 watt sempre accese pro capite), dovrebbe ridurre di due terzi l’uso di energia primaria pro capite, con 2000 watt che sono approssimativamente,  il flusso continuo di potenza pro capite usato in Europa negli anni ’60 per tutti i servizi energetici, elettrici e termici, con tutte le fonti di energia (fossili, idroelettriche, atomiche, biomasse). In un anno, 2000 watt di potenza equivalgono all’energia di 1,5 tonnellate equivalenti di petrolio (o 60 gigajoule, o 18 000 kWh), confrontati con i 500 W del Bangladesh, i 6000 dell’Europa, i 12000 degli USA.

Lo scenario di una società a 2000 watt è stato elaborato dal 1998 dal Politecnico federale di Zurigo, insieme al Politecnico federale di Losanna e alle sei maggiori istituzioni scientifiche e tecnologiche svizzere, confermato dal governo elvetico come cardine della politica elvetica nella sua Strategia per lo sviluppo sostenibile 2016-2019 come già aveva fatto nelle strategie del 2002, 2008 e 2012. A Zurigo, l’obiettivo di una società a 2000 watt è stato scritto nella Costituzione della città con il referendum del 31.11.2008 (76% i voti favorevoli). Anche altri cantoni, centinaia di Comuni, e molte associazioni tecniche e professionali, come la SIA, Società degli Ingegneri e Architetti, hanno adottato questo scenario.

Concepito da fisici e tecnologi, lo scenario di una società a 2000 watt è in genere percepito come una transizione tecnica indolore, che richiede una più veloce adozione delle tecnologie più efficienti che già conosciamo, da ottenere con più efficaci politiche pubbliche, e con un nuovo dinamismo economico e finanziario orientato alla transizione ecologica. Altri – anche io tra costoro – ritengono invece che, in un’era di consumismo esasperato, di pubblicità dilagante e di rapida espansione di desideri non saturabili (si pensi alle tecnologie dell’informazione) i guadagni di efficienza ottenuti dagli ingegneri dell’energia siano annullati dall’aumento dei consumi perseguito dagli “ingegneri dei desideri” e da quelli della finanza. In questo caso quindi, una riduzione dell’uso di energia richiederebbe una strategia non solo di efficienza, ma anche di sufficienza, ovvero di riduzione volontaria di una parte del flusso di prodotti e di servizi che oggi ci sembrano indispensabili.

La Redazione di Ecquologia

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