Perchè sono giovane, ho votato Vendola, e oggi ho deciso di non votare Renzi al ballottaggio

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Il PD avrebbe più chances di vincere se candidasse Renzi piuttosto che Bersani?


Non solo non lo credo assolutamente, ma la ritengo anche una questione di dubbio interesse: è offensiva anche solo l’idea di dover elemosinare i voti dei “berlusconiani delusi” (parole del Sindaco fiorentino), sostanzialmente – quindi – della destra italiana, per portare al governo la sinistra, o ciò che di essa resterebbe; ed è frustrante essere cresciuta in un ambiente politico dove le idee veramente di sinistra sono considerate perdenti in partenza dalla stessa élite che le propugna.

Il risultato elettorale di Vendola non è buonissimo, ma è comunque onesto: considerando che la vecchia Sinistra Arcobaleno avrebbe dovuto raccogliere parte dei consensi comunisti e ambientalisti, la maggior parte dei quali si è data da anni alla macchia dell’astensionismo (per comprensibili ragioni) oppure ha optato per il triste e inutile “voto-utile”, il fatto che SEL si attesti sul 15% dei consensi, in una tornata elettorale che ha visto partecipare – secondo l’istituto Cattaneo – soltanto un elettore del centro-sinistra (PD o SEL) su 3 (facendo diventare le votazioni una sorta di primarie collettive), non mi sembra poi malaccio. Il mio giudizio positivo si rafforza quando noto che, dove SEL governa da molto tempo, i risultati sono molto migliori, arrivando fino a sfiorare il 35% in Puglia o il 29% a Milano. SEL è una voce che conta, e conta anche perché potrà dare una grande mano al PD per vincere queste politiche senza dover fare compromessi al ribasso con una parte del centro che – a mio giudizio – risulta totalmente incompatibile con le sue istanze.

Ad oggi, quindi, al netto di ogni polemica personalistica e soltanto perché a casa non so stare quando le urne chiamano (uno dei pochi momenti democratici nei paesi capitalisti occidentali), mi è necessario concentrare l’attenzione su di un solo fatto: voglio votare colui che più avvicina il suo ideale di governo a quello di Vendola, quindi, detta fra noi, al meno peggio.

Il mio ragionamento vuole quindi partire dai programmi, dalle carte d’intenti dei due contendenti, perché non si può fare della buona politica senza conoscere i contenuti, ma basandoci sui format pubblicitari, sull’umorismo dei candidati (Emilia vs. Toscana), o su come alcuni opinion makers deliberatamente scelgano di rappresentare le primarie quali contesa tra Vecchio e Nuovo Ordinamento del potere, il popolo contro l’apparato, gli snelli contro i grassi, gli imprenditori di se stessi contro i dipendenti sfaccendati e attaccati al posto fisso.

Partire dai programmi, quindi, e farne una questione politica, non una lotta per annientare vecchie dirigenze magari postesi un tantino sulla difensiva e a cui anche io non sono particolarmente affezionata. Farne una battaglia d’idee, non di cravatte.

Cercando il programma del Caro Matteo, ci si imbatte sul suo sito ufficiale. Onde non sollevare un dibattito infruttuoso cercherò di bypassare l’impostazione sistematica del sito web, dove i pulsanti nella barra centrale titolano “DONA”, “PARTECIPA”, “ACQUISTA”, facendo del comitato elettorale più una S.p.a. che una corrente partitica organizzata. Non mi dilungherò inoltre sulla scelta del design, dei font, della tipologia di merchandising (merchandasing? Ebbene sì. Ed esiste anche un sito shop.matteorenzi.it), i cui colori – blu, bianco e rosso – richiamano l’iconografia americano-democratica dell’ultim’ora. Né dirò troppo sull’utilizzo sconsiderato delle locuzioni “dal basso”, “dai cittadini”, “ripartire dal basso” etc… Passerò direttamente, come dicevo, ai contenuti, al programma.

L’introduzione alle sezioni tematiche del suddetto è infarcita di slogan che rieccheggiano un populismo di quelli da manuale della scienza politica, a partire dall’incipit: “questo non è un programma” (ah, perfetto, allora è proprio vero che ti candidi solo con l’intento di defenestrarne cento per rimpiazzarli con altri cento, magari amici tuoi). In effetti, egli spiega -più o meno- di non voler calare dall’alto un modello ideologico, una soluzione preconfezionata, ma vuole dare delle risposte semplici e basilari. Beh, io credo che la politica sia fatta di grandi ideali e di visioni di lungo periodo, non ideologiche sia ben chiaro, ma comunque che disegnino una società nel suo complesso, che facciano corrispondere ad ogni piccola azione un tassello di un puzzle ben più grande.

Renzi continua rivolgendosi ai soggetti di suo interesse, citando – in primis – “i Comuni”, in seconda battuta “le aziende” e in terzo luogo “il terzo settore”. Ora: durante queste ultime settimane, alcuni “renziani” (sì, li chiamo così, anche se Renzi – come Grillo sui Grillini – ha detto che questo nome non gli piace) mi hanno accusato di vedere delle connivenze dove queste non esistono, cioè, secondo loro, non ci sarebbe nessuna “prova” (ma quale prova, poi?, la politica non è un giallo e i finanziamenti al Matteo sono ben noti) che Renzi venga sponsorizzato da imprenditori e settori ecclesiastici. Non mi sembra che servano prove contro uno che si rivolge – in primo luogo – ad aziende e terzo settore.

Passando all’analisi delle sezioni del programma, benché possano essere facilmente lette separatamente l’una dall’altra, vorrei cominciare proprio dalla prima: “RITROVARE LA DEMOCRAZIA”.

L’unica parte condivisibile mi appare quella relativa allo smantellamento del Senato e alla creazione di una camera rappresentativa delle regioni e/o dei comuni. Ma non si capisce bene come vuole farla, questa camera: sindaci e presidenti di regione? Personaggi eletti? Boh.

Renzi parla poi di riformare la legge elettorale (elezione diretta dei deputati). E poi? Quale sistema? Maggioritario o proporzionale? Misto? Quali poteri vorresti delegare al premier (che reputi così importante da paventare un suo rafforzamento)?

Non mi piace inoltre l’idea di abolire le province, né quella di sopprimere il finanziamento pubblico ai partiti, che, in un paese anomalo come l’Italia, reputo fondamentale per evitare che personaggi come lo stesso Renzi o Berlusconi possano dominare l’arena politica soltanto grazie ai finanziamenti privati. Le sovvenzioni pubbliche non vanno abolite, vanno rimodellate.

Nella seconda sezione, “L’EUROPA DAL BASSO”, si evince una buona analisi del contesto e delle prospettive europee (in cinque righe) e una sviolinata al governo Monti. Esse anticipano però una visione europea che ancora guarda alla “crescita” e non alla decrescita e a un diverso modello di sviluppo, come invece faceva Vendola[1].

Nella stessa sezione, mi ha molto colpito il punto sulla “semplificazione dei bandi comunitari e delle procedure di accesso ai fondi comunitari”, visto che, anche se da poco tempo, lavoro in quest’ambito.

Secondo Renzi, i bandi sono “un fardello burocratico troppo pesante ed elaborato”. Non posso fare a meno di sorridere e notare che, in Italia, un paese che, come ribadisce più volte il Sindaco nel suo sito, è bello e bravo ma incompreso, non solo non si partecipa ai bandi e i soldi tornano alla Commissione Europea perché inutilizzati, ma – quando si partecipa – i bandi si perdono.

Ma, attenzione, non è che li perdono tutti! Li perdiamo solo noi Italiani! (si possono controllare statistiche pubbliche sul sito della Commissione, roba da far accapponare la pelle).

Il problema, Renzi lo rintraccia anche nell’impossibilità di avere moduli in lingua italiana. È bene che si sappia: in realtà, i bandi potrebbero essere compilati anche in italiano (in Commissione ci sono gli interpreti) e le istruzioni per farlo si trovano in tutte le lingue dell’Unione, mentre l’unica cosa in Inglese sono le domande poste negli appositi formulari da compilare, che uno può tradurre anche con Google. Il problema, invece, secondo gli addetti (europei) ai lavori, sta in realtà nell’incapacità delle aziende italiane di rendicontare con precisione le spese, cosa che la Commissione chiede in maniera stringente, e nel non riuscire a presentare progetti seri e credibili che non siano solo uno specchietto per le allodole per avere un po’ di soldi.

Quindi, secondo il Sindaco, non siamo noi che dobbiamo imparare l’inglese o il francese, sono loro che ce li devono scrivere in Italiano! E non siamo noi che sbagliamo nel riempire i form quando ci chiedono “obiettivi” “risultati attesi”, “scopo del progetto”, sono loro che devono rendere più semplici domande che sono già abbastanza basilari (cioè: “che cosa ci vuoi fare con questi soldi?”), tra l’altro dandoti fino a 3000 battute per poterglielo spiegare, nella tua lingua madre.

Dopo questa “tarpanata”, mi sono sentita talmente male da decidere di saltare un paio di sezioni (si tratta comunque di paginette, intendiamoci, il “non programma” è più una piccola raccolta di idee considerabili per una legge o due, che un disegno di governo nazionale), per dedicarmi alla parte sul welfare, ed, in particolare, a quella che Renzi chiama la “flexsecurity”. Ma che cos’è, secondo lui, la flexsecurity? Risposta: “Quella dei paesi scandinavi, che tutti hanno il posto fisso, salvo i contratti a tempo determinato classici, ma nessuno è inamovibile”.

Un po’ pochino e un po’ di tutto senza dire chiaramente da che parte quest’uomo si collochi. In Olanda fanno in un modo, in Svezia in un altro, e, comunque, concretamente, qual è l’azione da intraprendere per assicurare sta benedetta flexsecurity, per cui uno non può restare senza lavoro, ma può essere licenziato perché è antipatico? Kafkiana la domanda, facile la risposta. Io dico: “reddito minimo garantito”. Renzi dice: “Boh”. È totalmente insufficiente.

Ma poi, di che stiamo parlando? Il programma di Matteo non indica mica la necessità di una legge nazionale, dice soltanto: proponiamo “la sperimentazione alle aziende”. Così, viene da immaginarsi un capo del governo che propone una sperimentazione alle aziende. E poi il pensiero vola a Marchionne, che caccia gli operai iscritti alla FIOM e il gap teorico mi sembra incolmabile.

Altra insormontabile divergenza tra me e Renzi in tema di lavoro la rinvengo poche righe più giù: “La riforma previdenziale introdotta da Elsa Fornero – dice lui – non verrà messa in discussione”. Non aggiungo altro.

Salto, per non tediarvi ulteriormente,  tutta la parte relativa alla fiscalità, i cui presupposti comunque non condivido, per focalizzarmi su un altro punto di totale divergenza col giovine sindaco, presente nella sezione titolata “LA GARANZIA DELLA  SICUREZZA”.

Il meraviglioso Sceriffo Mc Renzy propone un corpo unico di polizia, non si sa se pubblico, privato o di che genere, non parla della sicurezza degli studenti, della sicurezza dei giovani, della sicurezza economica delle famiglie e degli anziani, ma parla – udite udite – del problema DEGLI IMMIGRATI! Ne parla perché sono pericolosi. E  – non ci potrete credere – Renzi propone dei “comitati di cittadini” (li vuole da capo del governo, non certo da sindaco, quindi immagino che li voglia obbligatoriamente ovunque), e li vuole non per partecipare a scelte di bilancio o di urbanistica, ma per discutere di come affrontare la microcriminalità.

Lo trovo sottilmente razzista, socialmente pericoloso oltreché fuorviante rispetto alle competenze del governo e del parlamento.

Mi piace comunque l’ideona americanissima di “assumere agenti di origine straniera o di seconda generazione”, così, facendo di tutta l’erba un fascio (come proposto dal Sindaco poche righe sopra), li potremmo pure mandare a combattere nei contesti più difficili, da Scampia all’Afghanistan, per capirsi, magari in cambio del passaporto e del rispetto dei cittadini bianchi, istaurando quello che dovrebbe essere – sempre stando all’ideona di Renzi – un circolo inclusivo:  questo negro ha combattuto per noi, questo pakistano ha protetto mia moglie!

Interessante invece la promozione “dell’ora della legalità” nelle scuole. A quando, mi chiedo, la sostituzione con l’ora di religione.

Sulle droghe, il Renzi vagheggia la necessità di “forme di depenalizzazione per i tossicodipendenti”, spostando il problema dalla mafia, che gestisce il commercio d’erba come se avesse le mani sul vino d.o.c., ai poveri ragazzi drogati, magari di buona famiglia, che non possono certo finire in galera [2].

Sarò franca: io la voglio legale e la voglio legale ora, specialmente perché è una fetta di economia molto importante con cui risanare le casse dello Stato.

Per quanto riguarda gli altri reati, ho tirato un sospiro di sollievo quando ho letto che “la detenzione in carcere dev’essere limitata ai reati più gravi”. Poi mi sono chiesta: quali sono i reati più gravi secondo Renzi? Anche qui, come per la depenalizzazione dell’uso di droghe, non c’è nessuna specifica: si conclude in una riga un ragionamento che dovrebbe essere ben più complesso, poi si continua affermando: “Saranno incrementate le pene pecuniarie, le sanzioni interdittive, la detenzione domiciliare e gli strumenti risarcitori, riparatori e conciliativi come istituti estintivi”. Mi pare quindi di capire che – così – chi paga in carcere non ci va; inoltre, tra le pene, non sono comunque comprese quelle “riabilitative” e non c’è una parola sulla condizione delle carceri italiane. Insufficiente, anche qui.

Passando alla sezione relativa ai DIRITTI, voglio invece soffermarmi solo su un punto: la “Civil partnership”. In soldoni, Renzi vuole riconoscere entro i primi cento giorni di governo un “istituto assimilabile” a quello matrimoniale per coppie dello stesso sesso. Non basta, caro Sindaco: o cambi la Costituzione e togli l’articolo relativo alla famiglia composta da “un uomo e una donna”, retaggio cattolico e creazione degli ultimi secoli di storia umana, o cancelli l’istituzione del matrimonio civile e regoli le unioni bigamiche con un solo contratto valido per tutti gli orientamenti sessuali e affettivi, oppure riconosci il diritto a sottoscrivere un matrimonio anche per una coppia omosessuale.

Altrimenti, non c’è parità di diritti, c’è solo un contentino per accaparrarsi qualche voto in più.

Infine, la divertente ciliegina:  il programma è frutto di una condivisione in rete di singole idee che vengono discusse e che possono essere implementate (ultima sezione, dal titolo “l’idea più importante di tutte”). Ecco, non che Grillo, Vendola o gli altri, non abbiano proposto – o proposto un migliore – approccio partecipativo alla stesura dei rispettivi programmi; ciò che mi stupisce è che qui non c’è un disegno di fondo, sono solo alcune propose amministrative, non c’è un’ideale, non c’è tensione politica, c’è solo un “requisito” richiesto ai contribuenti: “l’ambizione di cambiare l’Italia, adesso”. Matteo, non ritengo sufficiente il tuo programma per cambiare l’Italia, e non ritengo pensabile che tu – come Presidente del Consiglio – possa discutere con il popolo della rete singole leggi o proposte. Penso infine che sia pericolosissimo avanzare idee programmatiche così poco legate l’una all’altra, con la possibilità di implementazione rispetto non solo ad pacchetto finale di norme che non ci è dato di conoscere (cosa condivisibile e alla base della stessa organizzazione delle Fabbriche di Nichi), ma, anche e soprattutto, rispetto ad un orizzonte di società ideale, che ti prefiggi di raggiungere data un’analisi della situazione socio-economica passata e presente.

Tornando alle questioni contingenti: capisco che nelle regioni rosse le dirigenze del PD dovranno farsi i conti in tasca, chiedersi perché a sostituirli stanno arrivando i figli dei democristiani, ben più giovani, preparati ed agguerriti dei loro, figli che hanno militato nelle parrocchie, nel mondo dell’associazionismo e del volontariato, e so quanto questo possa essere difficile per chi i democristiani li ha sempre assimilati al nemico; capisco inoltre che c’è stata una sottovalutazione, da parte di una classe politica sorda e incapace di una visione di lungo periodo, rispetto ai danni che stava provocando il berlusconismo nell’approccio alla vita pubblica; la vecchia dirigenza del PD – nelle suddette regioni – si è totalmente disinteressata del creare l’humus per la propria sostituzione indolore. Vorrei dire loro: mi fate un po’ pena, ma vengo in vostro soccorso perché siete simpatici. Ma non voterò Bersani per questo. Adesso, signori, stiamo parlando di politica nazionale, non del nostro cortile di casa. E voterò Bersani perché sono sicura che ciò che io voglio per l’Italia non è nemmeno minimamente accarezzato dalle ipotesi di leggi e leggiucole proposte nel “non programma” di Renzi.[1] Quì Bersani è pure lui sul pezzo di Renzi, come spiegherò nel prossimo articolo: “PERCHE’, NONOSTANTE TUTTO, VOTO BERSANI”. 

[2] Purtroppo anche Bersani non si spinge troppo oltre.

Elena Annibali – 25 AnniBlogger e laureata Scienze politiche con Lode

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