Mercato del carbonio: uno strumento fondamentale da rilanciare nel COP21 di Parigi

Con un modello energetico finalmente in piena transizione verso logiche distribuite ed intelligenti, mosso dal vento impetuoso che negli anni scorsi ha visto l’avvento delle nuove tecnologie legate alle energie rinnovabili storiche come idroelettrico e geotermico ma anche e soprattutto alle nuove rinnovabili, come fotovoltaico ed eolico, con soluzioni sempre più modulari e scalabili, diviene fondamentale nei diversi paesi, attuare serie politiche legate alla istituzione di una “Carbon Tax”, per le fonti fossili, in misure diverse in funzione dell’impatto della singola fonte.


Un tema che anche in Italia ha visto negli ultimi decenni politiche sempre altalenati e prive di ogni prospettiva di lungo periodo, probabilmente anche perché ostacolate dalle pressioni delle grandi utilities energetiche.

Un area di azione, quella della carbon tax, sulla quale si sono attivati, nell’ultimo anno e mezzo, paesi come Portogallo e Messico che l’hanno introdotta, con la Corea del Sud che ha lanciato un mercato del carbonio tra i più grandi del mondo, mentre paesi come California e Quebec hanno unito i rispettivi sistemi di “cap-and-trade”, in attesa dell’adesione anche dell’altro stato canadese dell’Ontario. Una strategia il “cap and trade” meglio conosciuto in Italia come “emission trading”, deliberata nel 1997 all’interno del Protocollo di Kyoto (COP3), per la gestione integrata del’inquinamento atmosferico e della riduzione dell’”effetto serra” attuata attraverso un sistema che crea un incentivo finanziario volto a ridurre le emissioni in atmosfera. Si tratta in sostanza di una forma di “auto-mutuo-aiuto” fra aziende che aventi l’obiettivo comune di ridurre drasticamente i livelli delle sostanze inquinati presenti all’uscita della loro ciminiera. Azioni in cantiere molto importanti anche da parte del colosso cinese, che ha deciso di unificare i suoi attuali sette mercati locali del carbonio ad un unico sistema di scambio nazionale già dal prossimo anno 2016, una azione propedeutica alla introduzione anche in Cina, della “Carbon Tax” nel 2018. Quelli citati, sono solo alcuni tra i circa 40 paesi e le oltre 20 città, regioni e province che stanno utilizzando o hanno in cantiere di stabilire un prezzo del carbonio per l’abbattimento delle emissioni di gas serra. Un tema che viene trattato approfonditamente dall’ultimo rapporto commissionato dalla Banca Mondiale “Carbon Pricing Watch” realizzato da Ecofyssullo stato e le tendenze dei prezzi del carbonio di cui si attende il rilascio nel prossimo futuro, nel quale si stima che questo tipo di azioni valga ad oggi, complessivamente, quasi 50 miliardi dollari.

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Sul tema è proprio il Presidente della Banca Mondiale, Rachel Kyte a dire la sua, sostenendo che “un prezzo del carbonio efficace è parte essenziale di un pacchetto di politiche in grado di ridurre le emissioni e guidare l’economia verso una bassa intensità di carbonio. Esso rende l’inquinamento più costoso, incentiva l’efficienza, la produzione energetica pulita e aiuta gli imprenditori e gli investitori a capire gli scenari a lungo termine”.

Una modificazione importante si registra oggi sul fronte del grande business, è costituita dal fatto che, dopo che per anni le imprese e i governi hanno discusso separatamente i rischi che i cambiamenti climatici rappresentano per loro catene di approvvigionamento e per le persone, oggi, come rileva la stessa Banca Mondiale, tutti sono intorno a tavoli di lavoro per sviluppare le soluzioni economicamente più efficaci contro il cambiamento climatico”.
Ed è proprio intorno al tema dell’uso di strumenti finanziari per l’approccio al cambiamento climatico che si sta concentrando lo sforzo di un gran numero di organizzazioni in vista della nuova Conferenza unificata delle parti (COP21) di Parigi, con la promozione della “Carbon Pricing Leadership Coalition” (link sito), struttura messa in piedi ed organizzata da Banca MondialeWorld Economic ForumWe Mean Business Coalition e altre 12 organizzazioni di business internazionali.
In sostanza sembra che i governi, in vista della COP 21 di Parigi, stiano includendo il carbon pricing nei loro impegni climatici. Sul fronte della Unione Europea, ad esempio, si prevede di riformare il proprio sistema di scambio delle emissioni, palesemente in crisi, e comunque il primo e più grande ETS del mondo, come parte dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di un 40% entro 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Si registrano nelle ultime settimane movimenti significativi anche sul fronte dei maggiori leader europei, circa l’utilizzazione del prezzo del carbonio su scala internazionale, con il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese François Hollande che hanno pubblicato lo scorso 19 maggio, un invito congiunto, che includeva proprio “l’introduzione di mercati del carbonio a livello nazionale e regionale, con l’obiettivo di dare forti incentivi economici per la trasformazione a basso tenore di carbonio”. Anche sul fronte delle strategie applicative, diversi possono essere gli approcci utilizzabili da parte dei governi, per mettere un prezzo sul carbonio. Nei cosiddetti “sistemi di scambio delle emissioni”, tra i metodi più diffusi, viene impostano un tetto alla CO2 che si abbassa gradualmente creando un mercato che consente agli emettitori di acquistare o vendere quote di CO2 fino a un certo limite. A livello mondiale, il valore del sistema ETS è passato dai 32 miliardi dollari di un anno fa ai 34 miliardi dollari di oggi e tutto questo nonostante l’abrogazione della carbon tax da parte dell’Australia.

Ad oggi il valore delle “carbon taxes” a livello globale, ammonta a 14 miliardi dollari e vengono riscosse ad un tasso fisso basato sulle emissioni di gas serra o sul contenuto di carbonio nel carburante. Aggregati insieme, tutti questi strumenti di tariffazione del carbonio coprono oggi circa 7 Gt di CO2 equivalenti, corrispondenti al 12% delle emissioni di gas serra del mondo in un anno con i paesi responsabili di quasi un quarto delle emissioni globali di gas climalteranti che dispongono ora di un meccanismo di carbon pricing.
Differenziati ad oggi, anche gli utilizzi delle entrate derivanti da questo business, finalizzati spesso a sostegno dell’obiettivo di sostenere sforzi di mitigazione dei cambiamenti climatici. La direttiva europea ETS (Emission Trading Scheme), legata alla Direttiva 2003/87/CE, operativa in Europa dal 1 gennaio 2005 (link sito ETS UE), richiede, per esempio, che almeno la metà dei ricavi vengano utilizzati per scopi climatici ed energetici quali l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, la ricerca e il trasporto sostenibile.

A seguire un video molto efficace, anche se già datato sulla storia del meccanismo di “Cap and trade” o “Emission Trading”, sulla contabilizzazione e il mercato delle quote di emissione di carbonio.

Scarica il rapporto di Ecofys “Carbon Pricing Watch”

Sauro Secci

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