Lotta ai cambiamenti climatici e occupazione: un nuovo studio

La lotta ai cambiamenti climatici è sempre più una priorità per gli effetti ormai palesi che si stanno manifestando. Correlare la attività connesse con un’attività di così grande rilevanza per la vita sul nostro pianeta con aspetti legati all’occupazione è esercizio davvero importante ed è proprio questo l’obiettivo di un nuovo studio, “The new climate economy“, realizzato dalla Global Commission on the Economy and Climate, che dimostra come combattere il cambiamento climatico e promuovere una crescita più ecologica rappresenti una grande opportunità per l’economia globale.

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Uno studio che smentisce in pieno le scelte del presidente americano Donald Trump, nel momento in cui annunciò l’uscita degli USA dall’Accordo sul clima al COP21 di Parigi, giustificandolo soprattutto con motivazioni economiche, visto che secondo lo stesso Trump il trattato avrebbe comportato per gli Stati Uniti “oneri draconiani”. Una tesi quella del Presidente americano ritrovabile anche fuori dagli States da tutti coloro che oggi temono l’abbandono delle fonti fossili a favore delle energie rinnovabili.

La Commissione autrice dello studio, composta da ex capi di governo, leader aziendali ed economisti, snocciola anche numeri illuminanti, indicando come un’audace azione per il clima potrebbe determinare almeno 26.000 miliardi di dollari in benefici cumulativi netti da qui al 2030 rispetto ad uno scenario business as usual. 

Fonte:  studio “The new climate economy”

Secondo il nuovo studio, investimenti mirati sul fronte delle energie pulite, sulle aree urbane, sul cibo e sull’uso del suolo, dell’acqua e per il miglioramento dell’impatto ambientale dell’intero comparto industriale, sarebbero in grado di generare 65 milioni di nuovi posti di lavoro al 2030, equivalenti alla forza lavoro di Egitto e Gran Bretagna messi insieme. L’attuazione di un tale scenario, con la migrazione dai combustibili fossili alle rinnovabili, eviterebbe ben 700.000 morti premature da inquinamento atmosferico.

Gli autori dello studio sostengono inoltre che operando una seria revisione dei sussidi attualmente concessi al settore energetico, contestualmente ad un aumento del prezzo del carbonio, si potrebbero generare quasi 3.000 miliardi di dollari in entrate governative all’anno nel 2030, equivalenti all’attuale PIL dell’India.

Tali fondi potrebbero essere utilizzati per investire in altre priorità pubbliche o ridurre le distorsioni fiscali. Come spiega infatti Felipe Calderón, ex presidente del Messico e presidente onorario della Commissione: “Per anni ci è stato detto che esiste un conflitto intrinseco tra crescita economica e azione per il clima, ma semplicemente non è vero” .. “Non dobbiamo scegliere tra il miglioramento delle prestazioni economiche e la riduzione del rischio climatico: possiamo avere entrambi, insieme”.

Per il raggiungimento di un tale obiettivo, il documento chiede ai governi, alle imprese e ai leader finanziari di dare urgentemente la massima priorità a specifiche azioni su quattro fronti nei prossimi 2-3 anni, come:

  • Intensificare gli sforzi sulla tariffazione del carbonio e passare alla divulgazione obbligatoria dei rischi finanziari connessi al cambiamento climatico;
  • Accelerare gli investimenti in infrastrutture sostenibili;
  • Liberare l’innovazione;
  • Costruire un approccio centrato sulla persona che condivida i guadagni in modo equo e garantisca la giusta transizione.

Link executive summary studio The new climate economy

Link studio completo The new climate economy

Sauro Secci

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