I “green designer” vanno all’attacco

Chiamatelo green designer, eco-industrial designer o semplicemente disegnatore industriale verde. È un personaggio poco presente nel nostro panorama eppure se ne sente un grande bisogno. Pensate: un tempo la scuola di designer italiana era fra le principali del mondo.


Oggi la reggenza in questo tipo di formazione spetta alla Svezia, dove all’università di Lund l’ecodesign è qualcosa di più che una “tendenza”. Non parliamo, infatti, della creazione di uno stile, non solo almeno, ma della riprogettazione di tutto quello che ci sta intorno per renderlo più efficiente, meno costoso, più green.

Recentemente Serenella Sala e Valentina Castellani, nel loro “Atlante dell’ecoinnovazione”, hanno fatto discendere l’ecodesign addirittura da un movimento artistico della seconda metà dell’Ottocento, “Art and Crafts”. Gli artisti e gli intellettuali che vi aderivano, in polemica con l’avanzare dell’industrializzazione e preoccupati per il degrado che questa portava con sé, promuovevano un’idea di riprogettazione del presente secondo canoni consolidati del passato, ispirati al medioevo,e si impegnavano a studiare tecniche e strumenti per migliorare la produttività ma abbassare l’impatto ambientale. Da qui ai movimenti modernisti il passo è breve: questi ritenevano che gli oggetti dovessero essere adeguati alla loro funzione, che semplici forme e standardizzate avrebbero aiutato l’industria a realizzare beni di qualità durevole ed economici, ovvero senza sprechi.

Ma se tali elucubrazioni erano un misto di intuizione artistica e di critica politica ai processi di industrializzazione, le motivazioni che spingono la moderna impresa a dover rivedere i propri parametri di progettazione sono di una natura più pragmatica ed urgente: da un lato rendere più economici i processi e dall’altra inquinare di meno (che è comunque un costo).

Basti pensare alla LCA o al SPD. Che non sono sigle di partiti politici ma LCA sta per Life Cycle Analysis, ovvero l’analisi del ciclo di vita dei prodotti, e SPD per Sustainable Product Design, che è la capacità dei progettisti di includere nell’opera di creazione di nuovi prodotti non solo gli aspetti ambientali ma anche quelli sociali ed etici. Due momenti che oggi sono indispensabili per pensare e poi produrre qualunque oggetto prendendone in considerazione tutti i processi dall’ideazione fino alla fine dei suoi giorni, quando da rifiuto tornerà ad essere materia prima

Il green designer, o eco-industrial designer, è specializzato nella progettazione di oggetti destinati a essere prodotti in serie, dalle auto agli arredi fino agli elettrodomestici o a dei semplici gadget. Il green designer scegli i materiali che dovranno essere usati, la loro ergonomia, gli elementi di sicurezza, l’usabilità e la gradevolezza per che li acquisterà e li utilizzerà. Persino il packaging del singolo prodotto o la logistica di una grande quantità dello stesso diventano oggetto di questa riprogettazione. La riduzione degli imballi e allo stesso tempo la loro efficacia possono ridurre i costi di trasporti, si in termini di consumi di carburante che di spazio.

Questo professionista oggi deve tenere in debito conto come il cliente finale percepirà il prodotto non solo per il suo aspetto esteriore, ma anche per il grado di sostenibilità che esso rappresenta sotto tutti questi aspetti. Lo sa bene chi si occupa di marketing sostenibile. Non si tratta solo di ubbidire a legge e norme di sicurezza, ma di comunicare che “green” è anche “buono”.

Il green designer partecipa all’intera filiera del prodotto, dal bozzetto iniziale alla produzione e immissione sul mercato. Benché, guardando un mobile componibile nella sua pratica scatola di cartone, si abbia la sensazione che tanta semplicità sia frutto di intuizione, in realtà ci vogliono professionisti con competenze specialistiche. Geometri, periti meccanici, elettronici e grafici sono la base per intraprendere questa carriere, meglio una laurea in disegno industriale (alcune università cominciano ad aversi corsi in “disegno industriale e ambientale”), ma anche facoltà come architettura e ingegneria possono dare un’adeguata preparazione. Da raffinare, magari, con un master o un corso comunque specialistico. Per chi volesse lavorare in proprio è necessario iscriversi all’albo degli ingegneri o al collegio dei periti industriali.

per info, Associazione per il disegno industriale: www.adi-design.org

VIA | Lastampa.it

FOTO | Treehugger

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