Fine V Conto Energia, autoconsumo ed altre “storie”: bisogna cambiare “registro”


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In questi giorni si sono verificati una serie di eventi che sovrapposti stanno acuendo la pressione sulla grande rivoluzione energetica in atto nel nostro paese, il primo a dotarsi oltre dieci anni fa di contatori elettronici bidirezionali ed oggi con oltre 500.000 impianti installati sui tetti delle case degli italiani.


Che le energie rinnovabili con la loro impetuosa avanzata, pur con alcune incongruenze tipiche di eventi rivoluzionari come quello che stiamo vivendo, stiano sempre più infastidendo chi ha detenuto il monopolio dell’energia per anni non lo scopriamo certo oggi, ma siamo sicuramente al momento che “la battaglia infuria”.

Purtroppo, in un momento cruciale per dare una svolta democratica e partecipativa al modello energetico in chiave distribuita, il soggetto che dovrebbe fungere da arbitro della situazione, appare oggi palesemente schierato proprio dalla parte dei vecchi detentori di interesse, che non vogliono assolutamente “mollare l’osso”, con il completamento della legislazione sui sistemi di distribuzione chiusi in itinere dal lontano 2008 e che adesso, con l’insediamento del nuovo Governo Letta, AEEG starebbe tentando addirittura di cancellare.

La settimana scorsa, proprio giovedì nel frattempo, il Contatore del GSE ha raggiunto i fatidici 6 miliardi e 700 milioni di Euro che sanciscono la fine dei regimi incentivanti del tipo in “Conto Energia” per il fotovoltaico. In quella circostanza la tempestività della AEEG è stata a dir poco superefficiente, dal momento che già il pomeriggio stesso di quel giorno l’AEEG ha emesso il documento ufficiale che sancisce, 30 giorni dopo, il 6 luglio prossimo, la fine del regime di “Conto Energia”, praticamente l’avevano già pronta (vedi link documento AEEG). Abbiamo quindi oggi una proposta dell’Autorità per l’energia di far pagare gli oneri di sistema anche sull’energia auto consumata, autentica minaccia proprio alla generazione distribuita da rinnovabili e quindi alla “democratizzazione del sistema”. Un folle intervento che penalizza le modalità di produrre energia da fonti rinnovabili senza bisogno di incentivi, producendola dove serve, senza passare per la rete e ridimensionando i grandi interventi di adeguamento delle reti che altrimenti dovrebbero essere intrapresi.

Rilancio volentieri in questo post un approfondimento di ATER (Associazione Tecnici Energie Rinnovabili), Associazione diretta dall’amico Massimo Venturelli. Si tratta di un contributo al dibattito con un esempio molto semplice e un position paper più tecnico, che spiega molto bene i tanti perché per i quali far pagare gli oneri sull’autoconsumo sarebbe ingiusto e dannoso per il Paese e per il sistema energetico. Il documento ATER parte proprio dalla domanda “È meglio continuare a bruciare gas e carbone di pochi o utilizzare risorse rinnovabili per tutti?”. Lascio spazio adesso alla interessante di ATER, ispirata alla metafora della “bicicletta”.

Oggi alcuni impianti ad energia rinnovabili non hanno più necessità di incentivi rispetto all’acquisto di energia dalla rete, per la maggior parte proveniente da fonti inquinanti. Tutti felici quindi, perché globalmente si inquina meno e si spende meno. Tutti eccetto quei pochi che hanno investito in grandi centrali inquinanti e che vedono erosa la loro aspettativa di vendita sul mercato del’energia elettrica. Vogliamo raccontarvi i fatti partendo da un esempio, forse un po’ fantasioso, forse provocatorio, ma forse no. Lo deciderete alla fine del ragionamento. Supponiamo che domattina decidessimo, per risparmiare benzina e per non inquinare, di andare in bicicletta al lavoro perlomeno quando possibile. Supponiamo che questo comportamento virtuoso venisse, nel giro di qualche tempo, adottato da una parte sempre più grande di cittadini che lasciando parcheggiata la propria auto, o anche riducendo la richiesta di mezzi pubblici, eviteranno globalmente di consumare carburante e soprattutto di inquinare in atmosfera.

Sarebbe molto bello. E’ il Protocollo di Kyoto che chiede dal 1997, a noi paesi industrializzati, di ridurre le emissioni climalteranti responsabili dei cambiamenti climatici. E’ la stessa Europa d’altronde che ce lo impone con le Direttive e le relative sanzioni in caso di non raggiungimento delle quote di emissione massime prefissate. Siamo, del resto, noi cittadini che abbiamo fatto una scelta chiara e decisa verso le fonti rinnovabili con un NO secco al nucleare in favore di una generazione sempre più verde, libera, distribuita sul territorio a misura di utenza.

Tutti contenti quindi, o meglio quasi tutti. Ovviamente quei pochi che traevano legittimamente profitto dalla vendita del carburante vedono erosa una parte di entrate, e probabilmente dovranno scontare un allungamento nei tempi di ritorno sull’investimento fatto. Ma fin qua nulla di strano, capita e deve succedere sul libero mercato. Supponiamo quindi che a questo punto, per compensare questi mancati guadagni causati dai ciclisti ecologici venga alzato il prezzo di vendita del carburante a scapito degli utilizzatori tradizionali. E anche questo ci sta, è regola di buon senso oltre che applicazione del principio comunitario secondo chi più inquina più deve pagare. Cosa succederebbe se, invece, queste mancate vendite di carburante venisserorisarcite dai veri diretti responsabili, ovvero i virtuosi ambientalisti su due ruote? E paradossalmente con una tassa proporzionale ai chilometri verdi percorsi, ovvero ai consumi evitati? E questo solo per l’incapacità di un sistema diventato obsoleto e troppo lento per rispondere alle nuove impellenti dinamiche ambientali ed economiche.

E’ una storia surreale? Un’iperbole di fantasia? Bene. Vediamo cosa sta accadendo oggi nella realtà. L’AEEG, l’Autorità di garanzia del mercato dell’energia italiano, sta affermando da qualche mese in maniera sempre meno vaga, che il dispositivo di gestione del sistema elettrico nazionale è oggi troppo a favore delle rinnovabili. Una legittima valutazione. Ma va curiosamente oltre il suo ruolo nel momento in cui fornisce al legislatore suggerimenti non richiesti per modificare le regole, affinché i costi di mantenimento e sviluppo della rete e del sistema elettrico globale (in massima parte costituito da centrali alimentati da fonte fossile) non siano più ripartiti in base ai prelievi di elettricità dalla rete, ma anche sui consumi di tutti coloro che si autoproducono l’energia di cui hanno bisogno con un proprio impianto ad energia rinnovabile.

Un’idea singolare, ma le cui implicazioni sarebbero spaventose. Si tratterebbe di una tassa mascherata e retroattiva per tutti coloro che virtuosamente hanno investito i propri soldi in impianti a fonti rinnovabili per i propri autoconsumi (dal piccolo impianto familiare al grande impianto industriale) e che vedono cancellato con un colpo di spugna l’atteso e sacrosanto ritorno economico. Un atto che avrebbe la facoltà di minare l’essenza stessa della tanto auspicata, generazione distribuita, sostenibile e democratica, libera e alla portata di tutti.

ATER, Associazione Tecnici Energie Rinnovabili

Ritornando al punto dove eravamo partiti, e quindi alla fine dei “Conti Energia”, ed alla insolita solerzia dell’Autorità per l’Energia, gli impianti che hanno presentato la richiesta d’incentivazione alla data del 6/06/2013 sono stati 531.242, per una potenza complessiva pari a 18.217 MW. Di questi 531.242 impianti, 4.779, per una potenza complessiva di 1.136 MW e un costo indicativo annuo di 94 milioni di euro, sono iscritti nei Registri in posizione utile ma non ancora entrati in esercizio. Come sappiamo, decorsi trenta giorni solari dalla data di pubblicazione della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, il DM del 5 luglio 2012, meglio noto come V Conto Energia, cesserà di applicarsi. 

Come si legge nel comunicato ufficiale, abbiamo impianti non ancora in esercizio per una potenza di oltre 1000 MW che fanno ipotizzare davvero poco realistico riuscire ad effettuare installazioni in tempi rapidi per il raggiungimento della potenza complessiva di 19.000 MW dal momento che molti operatori del settore non andranno a realizzare gli impianti pur essendosi iscritti in posizione utile per ben noti motivi anche contingenti come problemi di accesso al credito, risalita dei prezzi dei moduli legati anche alla incertezza sui dazi, mancanza di fiducia da parte degli investitori per possibili minacciate retroattività, atavica incertezza normativa ed italica “navigazione a vista”, eccesso e pesantezza di burocrazia, etc.. Si tratta di soldi che, non utilizzati, rischiano, con molta probabilità, di andare persi, apparendo comunque altamente improbabile che vengano reinvestiti per nuove iniziative di sostegno per il settore fotovoltaico italiano. Inutile dire che sarebbero fondi ideali per allocare per sostenere i sistemi di accumulo in ambito residenziale, strada sulla quale stanno già procedendo sia la Germania che gli USA (vedi post “Storage: incentivi anche negli Usa, mentre l’Italia rischia di perdere il treno).

Dopo la proroga di sei mesi di questi ultimi giorni, relativa alle detrazioni fiscali, sicuramente non sufficienti per garantire tempistiche compatibili per il rilancio di un mercato stremato da inenarrabili e continui ostacoli. Indubbiamente la fine di un era che apre sicuramente nuove difficili ma stimolanti sfide, includendo finalmente quell’ambito del risparmio energetico, rimasto fino ad oggi ai margini e grimaldello fondamentale per dare una svolta definitiva alla situazione, dando anche nuove fondamentali risposte al rilancio di un agonizzante settore edilizio, assolutamente da rinnovare fin dalle sue “fondamenta”, e mi passerete il gioco di parole.

Sicuramente non riusciranno a spezzarci le reni come stanno tentando, perché credo che la grande passione possa andare oltre, anche se vittime sul nostro campo, purtroppo non mancheranno, e comunque non riusciranno a distruggere lo straordinario patrimonio energetico costruito in questi ultimi anni. Bellissima e lodevole in tal senso, anche l’iniziativa-petizione del WWF “Riprenditi l’Energia” , alla quale siete ovviamente invitati ad aderire.

Sauro Secci

per Ecquologia.com

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