Fazzoletti di carta monouso: grandi numeri e grandi sprechi

Proseguiamo il nostro lungo viaggio nel variegato mondo dei rifiuti, attraverso le approfondite riflessioni di Marco benedetti, con un altro simbolo della modernità e dell’usa e getta come il “fazzoletto di carta“, che ci accompagna in ogni momento della nostra giornata.

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Capiamoci subito: i produttori di fazzoletti monouso fanno il loro mestiere, rispondono ad una domanda di mercato, che in molti casi, ma non tutti, sembra  però rispondere ad una grande esigenza istintuale, quasi naturale: buttarli in terra dopo averci dato una soffiata. Evitare che la tasca si bagni, quasi fosse moccico di altri. Almeno in una buona parte dei casi. Posti favoriti  dove gettarli in terra, stando alle foto o agli sguardi fugaci di chi fa finta di nulla:

  • parchi pubblici
  • sentieri di montagna

Ma l’esperto “usagettatore” non disdegna neanche i parcheggi dei centri commerciali o i bordi stradali, specialmente in campagna. In questo caso non si scompone neppure dallo starsene seduto e soffiato: basta abbassare elettricamente il vetro dell’auto. Anonimato garantito anche per gli addetti alla manutenzione, oltre agli addetti alla sicurezza. E – si dice- non sia un gran problema se confrontato a chi fuma in auto.

L’Italia non è la terra dell’invenzione dell fazzoletto monouso, tanto che molti lo chiamano ancora col nome del grande e popolare marchio straniero che lo ha lanciato, riprendendo però questi ultimi un brevetto di un tedesco, tal Oskar Rosenfelder, di Norimberga che lo aveva registrato nel 1929, anno della grande crisi finanziaria americana.

Certo, l’Italia si è appropriata dell’idea ed è oggi tra i leader mondiali nella produzione: da quelli in “pura ovatta”, sottintendendo che si tratta di fibra vergine dal taglio di nuovi alberi provenienti nella migliore delle ipotesi dalla Scandinavia (circa 2000 km), o di quelli da “carta rigenerata” (vedi immagine di testata): in questo caso di vera produzione italiana.  Anche questi comunque belli bianchi, cosa che dovrebbe far sorgere dei dubbi (quando altri prodotti in carta rigenerata come i rotoloni da cucina, sono beige, color legno), ma per cui ci sarà comunque una spiegazione  tecnica che qualcuno saprà. Sicuramente il concetto di igiene si abbina più al bianco candido che al grigio della pasta rigenerata grezza o al finto color albero.

Quello che i nostri connazionali e anche diversi turisti che frequentano l’Italia non percepiscono è la gravità del gesto. Spesso in buona fede, ovviamente senza aver riflettuto  non sull’azione in sé già maleducata, visto che spesso i loro moccichi usa&getta rimangono visibili per anni su quel sentiero, ma sullo spreco che attivano e il valore sociale che porta con sé. Un fazzoletto al giorno in terra non è niente ma se sono miliardi a farlo allora diventa un problema.

Tempo fa un signore mi ha ripreso durante una conferenza perché mi soffermavo troppo sui piccoli aspetti, gesti e sprechi della vita quotidiana. Risposi ricordando che:

  • I massimi sistemi li manovrano i politici che non ascoltano i tecnici e gli scienziati, ma le imprese che pagano bene i loro servigi
  • Se anche 1/3 di 7,7 miliardi di abitanti del nostro Pianeta  – pari alla massa dei paesi sviluppati – compissero un piccolo spreco al giorno – tipico del condizionamento da usa&getta di cui siamo circondati – come i 2,5 grammi di un fazzoletto, significherebbe buttare a marcire (non biodegradare) sulle strade e sentieri 6,7 milioni di tonnellate di cellulosa estratta da alberi abbattuti da qualche parte nel Pianeta, trasportati anche a migliaia di km, trasformati in grandi fabbriche in cellulosa, ritrasformati in altre fabbriche in carta, ritrasformati in altre fabbriche nel pacchetto confezionato, trasportati al centro di distribuzione del supermercato, riconsegnati allo scaffale di un supermercato e infine ritrasformati in rifiuto nelle tue mani che lo gettano a terra dopo aver occupato con un soffio di naso neppure 1/4 dei 400 cm2 del fazzoletto a 4 strati di cellulosa, che infine ha 2 strade possibili essendo contaminato dal moccico: 
    a) Non finisce nel riciclo, ma nell’impianto di termovalorizzazione;
    b) Finisce in terra come suddetto e fotografato. In altre parole sarebbe un azione degna di un coglione, se non fosse che nessuno ci ha insegnato a riflettere in modo critico per ogni piccolo oggetto che usiamo o gesto che facciamo, dicendoci solo che così si guadagna tempo per altre cose più utili.  Tempo di utilizzo dell’oggetto: 5 secondi (se è ben nascosto in tasca) – tempo di produzione dell’oggetto a partire dall’albero abbattuto: 86400 secondi (2 mesi), se va bene.

Il dato statistico è che ogni anno ogni italiano consuma 290 kg di materiale cartaceo, di fazzoletti forse a testa 9 kg, che sono comunque un bel peso.

Un altro dato statistico (Istat) è che nel 2018 in Italia sono stati prodotti 391 milioni di kg di carta di peso inferiore a 40g/m2 come quella dei fazzoletti appunto. Uno strato dei 3 o 4 pesa neppure 0,6 gr fazzoletto, tutti assieme pesano 2,7 gr. 25 gr un pacchetto da 9. Calcolo eseguito estraendo il dato da una confezione di prodotto ecologico di Coop Italia (vedi foto seguente). 

Un terzo dato ci viene dalla industria meccanica che in Italia è una cosa seria e da leadership mondiale: l’azienda italiana Voith, del polo cartario lucchese, eccellenza italiana, offre una tecnologia in grado di produrre anche 450 pacchetti tipo standard (es. 9 fazzoletti 4 veli di 20 cm di lato)  al minuto (60 secondi) che in una sola giornata in 3 turni sfornerebbe dunque in 200 milioni di fazzoletti; quando un essere umano mediamente ne può consumare (salvo raffreddori) un pacchetto al giorno ovvero 365 l’anno. Quindi 1 sola macchina hi-tech servirebbe ai bisogni di “solo” 500.000>1.00.000 persone per tutto l’anno. Quante macchine sono installate in Italia non è un dato facilmente rintracciabile ma sicuramente sono diverse, considerando che siamo anche paese esportatore.

Per chi ha avuto il coraggio o il tempo di leggere fino a qui (e magari si sente già un po’ in colpa) ora arriva il bello, una stroncatura alle certezze che ti dici per consolarti: ”ma tanto se è carta, è biodegradabile”. Ebbene: sarebbe meglio dire che: “lo sarà negli anni  venire, ben  dopo il tuo gesto, se trova le giuste condizioni, cioè sommerso da uno strato di terra ricca di microorganismi come in un sottobosco o in un impianto di compostaggio industriale, come quello in cui portano i rifiuti organici delle città“. Quindi c’è molta probabilità che quando ripasserai dove l’hai buttato anni prima ce lo ritrovi, tutto intero, ancor bello bianco, accartocciato, pesticciato ma integro. Se poi magari è lasciato su un sentiero delle Dolomiti, roccioso, quindi privo di microganismi della biodegradabilità che invece sono nella terra, coperto di neve in inverno per un lungo periodo ogni anno, lo stesso resterà lì, intatto, fino a quando il tuo figlio a cui avevi soffiato il nasino all’epoca, sarà in grado di dirti: “guarda babbo che bestie quelli che buttano in terra i fazzoletti.” Allora maledici il vento che non se lo è portato via: perché la colpa è sempre di un altro.

Se il fazzoletto è fatto di cellulosa (quella degli alberi e non può essere diverso), trasformata in carta, perde già quei contenuti che lo rendevano appetibile ai microganismi: quindi intervengono tra l’altro una sterilizzazione nel produrre cellulosa primaria, la sbiancatura per farcelo come immaginiamo la pulizia e l’igiene – che è la stessa cosa che si fa a noi per farsi i capelli biondastri – un pò di collanti e un pò di biocidi a completare. Questi ultimi sono sostanze tossiche per i batteri che altrimenti l’avrebbero fatto muffire sullo scaffale: assolutamente non tossico per l’uomo grande e grosso e ovviamente ben protetto dai parametri di legge. In mare? L’acqua salata non biodegrada i pesci, tanto meno un ramo o una bioplastica e neppure la cellulosa del fazzoletto così trattata: si sfalda ma resta e diventa parte del mondo delle microparticelle che in mare finiscono pure nello stomaco dei pesci.

Un pacchetto di fazzoletti è dunque un elemento utile per la via moderna, a volte importante, ma anche un elemento scarsamente utile per l’ambiente che lo deve rigenerare.

Nel 2019 si parla di oltre 100 milioni di kg di fazzoletti utilizzati dagli italianiIl sito di ambientalismo scientifico di Lifegate ci conferma che almeno i fazzoletti in carta riciclata  hanno impatto assai minore rispetto a quelli di ovatta di cellulosa vergine. “In termini di impatto ambientale, il riciclaggio delle fibre può avvenire per un numero limitato di volte – da 5 a 7 – tenuto conto del progressivo deterioramento delle prestazioni” inoltre ”Consuma solo 1% dell’acqua invece utilizzata per produrre nuova carta (1000 kg di cellulosa per carta = 440.000 litri di acqua consumata  e 15 alberi tagliati) e appena il 64% di energia in meno”, che non è poco.

Marco Benedetti
m.benedetticonsulting@gmail.com 

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