Dopo quello mondiale arriva anche l’Atlante italiano dei conflitti ambientali

A quasi un anno di distanza da quando avevo dato conto della realizzazione, da parte di Ejolt (Environmental Justice Organisations, Liabilities and Trade), dell’Atlante mondiale dei conflitti ambientali, con, in quella circostanza, la mancanza del nostro paese, ecco finalmente arrivare anche la versione italiana a coprire questo “buco” di conoscenza a cura del CDCA (Centro di Documentazione Conflitti Ambientali).


Si tratta di una realizzazione che ha visto una larga base partecipativa, con il lavoro di dipartimenti universitari, esperti ambientali, giornalisti, attivisti e comitati territoriali. Il nuovo atlante italiano dei conflitti ambientali, è basato su una mappa georeferenziata predisposta ed aggiornata continuamente, in maniera partecipata, da tutte le realtà locali impegnate sui diversi fronti, contro lo sfruttamento dell’ambiente e con il grande intento di fare rete sull’intero territorio nazionale. La nuova piattaforma dell’atlante è accessibile dal sito del CDCA, (link sito), curata dall’associazione Asud. Una mappa interattiva che sembra ripercorrere altrettanti articoli di approfondimento, del mio blog, andando dal Vajont (link post), a Casale Monferrato (link post), da Taranto (link post) a Brescia (link post), dalla Terra dei Fuochi alla Val di Susa, dalle trivelle della Basilicata ai tanti poli industriali inquinanti (link post).

Una lista allungata anche alle centrali a carbone, agli scempi dell’agroindustria ed al Muos di Niscemi in Sicilia. Un censimento vasto e molto variegato, con la presenza di oltre cento nuclei di resistenza, in continua espansione. La assoluta filosofia aperta e partecipativa dell’Atlante prevede la possibilità, da parte di chi non lo avesse ancora fatto, di inserire la propria battaglia nel novero delle tante già registrate. Per poter inserire la segnalazione è sufficiente registrarsi come utenti e compilare un questionario. Le schede inviate, dopo una verifica e la validazione da parte del team di ricerca del Centro di documentazione sui conflitti ambientali, acquisiranno la visibilità sulla home page dell’atlante.

Come spiega il team del CDCA:

“il portale mira ad essere non solo archivio, ma strumento di produzione diffusa di documentazione, di partecipazione cittadina e di messa in rete di realtà territoriali, oltre che strumento di visibilità e di denuncia dei fattori di rischio ambientale presenti da nord a sud del Paese”.

Sono 10 le categorie di conflitti ambientali presi in considerazione dall’attuale versione dell’atlante, comprendendo:

  • nucleare;
  • estrazione mineraria e cave;
  • gestione dei rifiuti;
  • biomasse e conflitti legati alla terra;
  • fonti fossili e giustizia ambientale;
  • gestione della risorsa idrica;
  • infrastrutture e cementificazione;
  • turismo e ricreazione;
  • conflitti per la conservazione della biodiversità;
  • industria, manifattura e installazioni militari.

L’accesso alle informazioni contenute nel nuovo atlante è gestito attraverso vari tipi di informazioni, accessibili tramite filtri e spaziando dagli aspetti economici a quelli relativi agli aspetti epidemiologici ed alle conseguenze sulla salute. Il fine fondamentale è quello di promuovere la partecipazione attiva delle popolazioni, rendendo disponibile la documentazione e creando nel contempo una rete capace di fare da riferimento per quelle realtà che si sono mobilitate per la tutela del proprio territorio e che sono riuscite a vincere la loro lotta.

mappa_italia

Come dicevo in premessa parlando dell’atlante planetario, già on line da oltre un anno, il nuovo Atlante italiano è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo di ricerca Ejolt, finanziato dalla Commissione europea, che ha visto il coinvolgimento di oltre 20 partner internazionali, tra università e centri studi indipendenti, con un lavoro di oltre 5 anni su conflitti e giustizia ambientale. Il gruppo italiano del CDCA ha contribuito, nell’ambito del progetto, anche a dar vita anche a un Atlante globale della giustizia ambientale. Come racconta Marica Di Pierripresidente del CDCA:

“dal 2007 lavoriamo sulla mappatura e divulgazione degli impatti, in termini ambientali, sanitari ed economici, abbiamo scelto i conflitti ambientali perché li riteniamo il segno dell’insostenibilità del sistema economico, ma anche uno straordinario e diffuso patrimonio di conoscenze ed esperienze virtuose e pratiche di cittadinanza attiva che hanno estremo bisogno di sostegno e visibilità“.

Nuovi strumenti davvero importanti, per i sempre più numerosi movimenti che dal basso, cercano di sviscerare meglio, le troppo complesse questioni alla base del contendere e importanti per poter fare rete e favorire lo scambio di informazioni tra cittadini. Una serie di questione che richiedono conoscenze di analisi dei processi, delle tecnologie di monitoraggio e di rilevamento dell’impatto ambientale e, non ultima della componente sanitaria ed epidemiologica.

A seguire un servizio filmato che da conto del varo del nuovo Atlante nazionale dei conflitti ambientali.

Sauro Secci

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