Carbone e impatto su salute e ambiente: quella estrazione sempre “occultata” dalle valutazioni sui costi

L’eterna diatriba tra fonti energetiche fossili e rinnovabili si è arricchita nel corso degli anni di nuovi indicatori che hanno gradualmente cercato di includere, prevalentemente a vantaggio delle fonti rinnovabili e pulite, le cosiddette esternalità negative che proprio le fonti fossili riversano pesantemente su salute ed ecosistemi di riferimento.


Uno di questi indicatori è indubbiamente il cosiddetto SCC “costo sociale della CO2” o “Social Cost of Carbon”, un indicatore con molta letteratura scientifica alle spalle che evidenzia il costo di ogni tonnellata di CO2 per la collettività (vedi post “Esternalità negative delle fonti fossili e nuovo indicatore SCC: rinnovabili già adesso più competitive“). Un tema che cerca di riportare chiarezza nelle “torbide”manovre dei recalcitranti ostinati sostenitori delle fonti fossili è sul quale mi piace approfondire i grandi impatti della fase estrattive del più impattante ed “antesignano” dei combustibili fossili come il carbone. Faccio tutto questo con grande motivazione, essendo nato quasi sessanta anni fa all’interno di una delle poche miniere di lignite a cielo aperto del centro Italia ed avendo vissuto per quasi 40 anni la mia vita professionale prima sul fronte del monitoraggio ambientali intorno alle centrali termoelettriche e, in tempi recenti, nell’ambito delle energie rinnovabili (vedi post “Ricordi, miniere, carbone e… il Wwf con “No al carbone Sì al futuro”)
L’estrazione del carbone, rappresenta infatti il primo passo del ciclo di vita di uno dei combustibili fossili più inquinanti e climalteranti, capace di portare dietro di se una serie di effetti concatenati sull’ambiente, andando dalla deforestazione, al rilascio di una grande quantità di materiali tossici e soprattutto di metalli pesanti, sia sullaidrosfera (acque), sia sulla litosfera (suolo). Si tratta di un processo capace di lasciare dure ferite lunghe decenni sui territori anche esaurita la fase estrattiva di sfruttamento.
Un combustibile il carbone, che si può anche incendiare se non correttamente attuate ed eseguite procedure di massima sicurezza,. Per esempio i roghi di origine antropica possono bruciare per secoli, rilasciando in atmosfera ceneri e fumi ricchi di gas serra ad impatto globale ed inquinanti chimici tossici su base locale. La fase estrattiva del carbone infatti, provoca fuoriuscite di metano in atmosfera, che diviene così un gas climalterante con un potere di oltre 20 volte superiore alla CO2.
A tutto questo come sappiamo ci sono gli effetti sanitari, che ogni giorno riempiono tristemente le “cronache nere e grigie fumo” dei giornali. Una immagine su tutte che mi viene in mente, seppure non proveniente dalla fase estrattiva, i parchi minerali di carbone della ILVA di Taranto, desolatamente scoperti ed esposti pienamente ai fenomeni anemologici che fanno precipitare enormi quantità di materiale particellare sulla devatstata città di Taranto (vedi post “Taranto e le “emissioni in fuga”). La inalazione diretta di polveri di carbone, tipica della attività estrattiva, è dilagante da sempre proprio nei minatori e nelle comunità limitrofe, con l’antracosi, detta anche malattia del polmone nero. I minatori, muoiono a migliaia da decenni per i tanti incidenti in miniera. Solo negli Stati Uniti, si stima che siano oltre 1.200 persone ogni anno le persone che muoiono di antracosi, con situazioni ben più gravi nei Paesi in via di sviluppo. Tassi decisamente più alti del normale, sono stati riscontrati nelle zone minerarie anche relativamente alle malattie cardiopolmonari, con ostruzioni croniche dei polmoni, ipertensione e malattie renali.
Una attività, quella dell’estrazione del carbone che determina esodi di intere comunità, scacciate dalle proprie terre dall’espansione delle miniere, ed io ne porto i segni nel cuore e nell’anima, avendo visto cancellare il mio paese, dagli incendi, da cedimenti e subsidenze del terreno, dalla contaminazione dell’acqua potabile.
Cerchiamo di capire meglio i diversi impatti determinati dalle due grandi macrocategoria di tecniche estrattive del carbone, come le miniere a cielo aperto o quelle effettuate nel sottosuolo in gallerie.

Miniere a cielo aperto: In taluni casi, la punta delle montagne viene letteralmente fatta sparire, lasciando cicatrici permanenti sul territorio. Il 40% circa delle miniere di carbone nel mondo vengono scavate con questa tecnica, che richiede meno lavoro e produce più materia prima rispetto a quelle sotterranee con impatti molteplici come:

  • distruzione del paesaggio, delle foreste, degli habitat della fauna selvatica, erosione del suolo e riduzione dei terreni agricoli;
  • inquinamento delle acque di fiume quando la pioggia cade sugli scavi, lavando via parte dei sedimenti. Conseguente morìa di pesci e della vita vegetale nelle valli, ma anche accumulo di residui nel letto dei corsi d’acqua che provoca inondazioni;
  • rischio di contaminazione chimica delle acque sotterranee quando i minerali penetrano nelle falde freatiche;
  • inquinamento acustico e sollevamento di polveri nocive durante i lavori.
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Si tratta di tutti danni irreparabili, che lasciano tracce indelebili nei territori, con basse percentuali di successo dei reimpianto dopo la deforestazione, con una percentuale di successo intorno al 10-30%.

Miniere sotterranee: In questa categoria si configura l’estrazione della maggior partedel carbone mondiale. Nonostante questa metodica sia considerata meno distruttiva rispetto alle miniere a cielo aperto, è comunque capace di provocare ingenti ed estesi danni ambientali. Impatti significativi sia nella fase di esercizio della miniera, dove durante gli scavi, spesso vengono lasciati pilastri di carbone o strutture di supporto per sostenere il suolo sopra la testa deiminatori e delle macchine operatrici, sia nella fase di dismissione, quando quelle stesse colonne vengono abbattute, lasciando collassare le strutture minerarie. Si tratta di un fenomeno che determina depressioni del terreno, dando vita al fenomeno della subsidenza, che coinvolge gli edifici. Molti altri sono poi gli effetti di questa pratica di coltivazione dei giacimenti di carbone come:

  • morte di migliaia di persone ogni anno, che rimangono sepolte dal crollo;
  • produzione di enormi quantità di materiali di risulta (terra e rocce) da smaltire in superficie, che diventano tossici, al contatto con atmosfera ed acqua;
  • mutamento dei flussi idrici sotterranei e dei corsi d’acqua, con conseguente inquinamento e impossibilità di riutilizzare la risorsa per irrigazione o distribuzione alle comunità;
  • generazione di gas serra durante il processo, in particolare di metano. La maggior parte del metano emesso dalle attività di estrazione del carbone è imputabile alle miniere sotterranee.

I roghi di carbone: Si tratta di una fenomenologia tipica di molte zone minerarie, diffusa in diversi Paesi come Cina, Russia, Stati Uniti, Indonesia, Australia e Sud Africa. Un fenomeno che si innesca spesso per cause antropiche, come in Indonesia, dove gli stessi fuochi che vengono utilizzati per distruggere ampi tratti di foresta pluviale hanno dato avvio ad oltre 300 roghi di carbone dal 1980.


Un fenomeno, quello dei fuochi sotterranei che può possono ardere per secoli (vedi link approfondimento), saturando l’atmosfera di fumi con altissime concentrazioni dimonossido di carbonio (CO), biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e di altri gas, spargendo nel contempo sempre in atmosfera ceneri nocive che emergono dalle aperture del terreno. Una serie di riflessioni davvero importanti per perseguire con perentorietà della strada oramai aperta da anni anche in Italia, per abbandonare nel giro di pochi anni l’utilizzo di questo altamente impattante combustibile, simbolo addirittura della prima rivoluzione industriale, da uno scacchiere energertico che ha l’ambizione di divenire davvero “sostenibile”.

A seguire due eloquenti filmati che ci fanno fare un piccolo giro del mondo dei grandi impatti che le miniere di carbone anno sull’ambiente e sulla salute delle comunità locali. Il primo ci porta negli USA ed in particolare nello stato dello West Virginia, lo stato “carbonifero” per eccellenza degli States, mostrandoci le enormi compromissioni degli equilibri idrici di quel distretto carbonifero.

Cambiando continente e contesto geografico, facciamo poi un salto nel distretto carbonifero di Jharsuguda in India, dal titolo davvero eloquente di “Black Life

Sauro Secci

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