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Ritrovare il tempo per cucinare bene
Per la rubrica “Nutrizione”, un articolo di Fabio Buccolini: “Chi ha tempo non aspetti tempo”.
Il tempo è irriproducibile ma assolutamente duttile. Manca consapevolezza di ciò
La frase del titolo ci ricorda che nulla è più lineare del tempo che, per definizione, è irriproducibile e di cui fisiologicamente scarseggiamo sempre più. Una risorsa in piena antitesi con le odierne e più o meno condivise ambizioni di circolarità.
Se però il tempo è irriproducibile, in un certo senso è duttile, in quanto possiamo diversificarne l’uso in termini qualitativi e quantitativi come ricorda Marcel Proust ne “Il Tempo Ritrovato”, ultimo volume della raccolta “Alla ricerca del tempo perduto” del 1927. «Il tempo di cui disponiamo ogni giorno è elastico: le passioni che proviamo lo dilatano, quelle che ispirano lo restringono e l’abitudine lo riempie».
In tale romanzo, il protagonista ricorda poco o niente della sua infanzia, ma all’assaggio di un dolce inzuppato nel tè mentre si trovava a Parigi, gli tornano alla memoria i dettagli della sua infanzia. Una passione che dilata il tempo e lo ritrova. Nella fattispecie, il sapore di una madeleine, tipico soffice dolce francese a forma di conchiglia o barchetta, realizzato con almeno il 30% di burro, memorabile appunto.
A chi non è successo che un sapore o un profumo abbia evocato ricordi e passioni passate e quindi “Il Tempo Ritrovato”?
Nell’attuale modello sociale ed economico il tempo ha subìto diverse classificazioni nel tentativo di controllarlo. Parliamo quindi di tempo obbligato per lavoro retribuito e per lavoro domestico, di tempo costretto per logistica, di tempo necessitato per esigenze fisiologiche e poi del famoso tempo libero (libero dagli obblighi degli altri tempi), al quale assegnare l’eventuale aggiunta del tempo ritrovato.
Ritrovare tempo con quest’ultima concezione significa “sottrarlo” al tempo obbligato e principalmente di tipo domestico, che ricordo precedere quello fisiologico dell’alimentarsi, riferendomi al tempo dedicato al cibo e alla cucina, senza il quale le Madeleine di Proust non esisterebbero.
In realtà si ritiene, a mio avviso in modo errato, che cucinare bene e buono sia complicato e richieda tempo e quindi sia incompatibile con l’accelerazione della vita odierna.
Dai dati OCSE (www.oecdbetterlifeindex.org) un lavoratore a tempo pieno dedica in media il 63% della propria giornata, circa quindici ore, alla cura personale (mangiare, dormire, ecc.) e al tempo libero (amici e familiari, hobby, televisione, ecc.). Tali dati sono altresì indipendenti da questioni di genere e quindi grazie a flessibilità e smart working, nonostante una mobilità insostenibile, il tempo per evitare l’uso di piattaforme di delivery, junk food, fast food e piatti pronti c’è, occorre solamente (ri)trovarlo e prepararsi da soli ciò che più ci piace mangiare con passione.
Per farlo partiamo da un inconfutabile concetto che ci ricorda che esiste una grande cucina semplice e una grande cucina complicata; alla pari di una cattiva cucina semplice e una cattiva cucina complicata. Ci sono salse che si fanno in pochi minuti e altre che richiedono ore e spesso sono inutili. Concentriamoci sulla grande cucina semplice evitando subito il primo errore nella percezione del tempo per realizzarla, che è quello di confondere il tempo di cottura con il tempo di lavoro e presenza in cucina.
La maggior parte dei piatti che richiedono molte ore di cottura sono antiche e semplici ricette (contadine), spesso realizzate con ingredienti di recupero e avanzi e quindi anche circolari. Prelibatezze realizzate da e per gente che lavorava senza distinzione di genere, messe a cuocere a fuoco basso, su cucine economiche o bracieri nei camini, magari prima di andare in campagna a lavorare, per trovare al ritorno eccellenti piatti. Pertanto non bisogna credere che il poco tempo ci impedisca di godere del piacere della tavola e con esso di migliorare la nostra qualità di vita, la nostra salute e di salvaguardare l’ambiente… Continua a leggere gratis l’articolo su L’ECOFUTURO MAGAZINE