Rinnovabili Italia: alla ricerca di una buona politica

In questi giorni d’estate caratterizzati da molti dibattiti emerge anche una dialettica accesa sulle fonti rinnovabili. Rilanciamo oggi una riflessione di Roberto Venafro, pubblicata su protectaweb.it, sui ritardi nella realizzazione degli impianti che potrebbero mettere a rischio il conseguimento dagli obiettivi previsti per il 2030.

“L’Italia non è un Paese per le rinnovabili” di Roberto Venafro

È una strana estate, questa del 2024. Non solo per le temperature massime, costantemente al di sopra dei 35 gradi che stanno caratterizzando tutto il bacino del Mediterraneo, con l’Italia avvolta negli anticicloni africani che non mollano la presa e che saranno ben posizionati sulla nostra penisola almeno per tutto il mese d’agosto. Un accumulo di calore e di umidità che renderà, probabilmente, questa stagione la più calda mai registrata, secondo le analisi del rapporto dell’osservatorio europeo Copernicus.

Ormai i record sull’aumento della temperatura media terrestre si susseguono, e dobbiamo solo aspettare di vedere come si colloca l’anno a venire rispetto al precedente per aggiornare la classifica. E dobbiamo ancora una volta assistere ai fenomeni innescati dal clima fuori controllo: dalla siccità che avanza inesorabile, esponendo territori alla desertificazione, alle inondazioni che colpiscono in maniera violenta regioni che mostrano la loro vulnerabilità nei confronti delle manifestazioni meteorologiche sempre più violente e frequenti.

In questo clima torrido, a rendere ancora più infuocata l’aria, sembra assurdo, è la dialettica che nel nostro Paese si è sviluppata intorno all’opportunità di continuare, o meno, a realizzare impianti alimentati da fonti rinnovabili. Parliamo, cioè, di impianti per la produzione di energia elettrica che utilizzano risorse naturali come il vento e il sole. E proprio per questa loro caratteristica sono in grado di generare energia senza emissioni di gas a effetto serra o, per utilizzare uno dei componenti più conosciuti, senza emissioni di anidride carbonica (CO2 è la formula chimica). Come è noto, è la concentrazione in atmosfera, sempre più elevata, di questi gas che, intrappolando il calore, incrementano la temperatura della Terra.

Secondo le ultime rilevazioni dell’Osservatorio Mauna Loa dell’Istituto oceanografico dell’Università della California San Diego, il livello di CO2 in atmosfera ha raggiunto 424,42 ppm (parti per milione). Paragonando questo dato con quello registrato nel 1960 (poco meno di 320 ppm) appare evidente un significativo aumento di 104 ppm. Quindi, per stabilizzare le emissioni senza immetterne di nuove e tracciare un percorso verso la decarbonizzazione dell’intera economia, partendo dal settore energetico, le fonti rinnovabili rappresentano la strada maestra, universalmente riconosciuta, che potrà condurci a una configurazione di un mix di produzione di energia a basso contenuto di carbonio.

Tutto il contesto internazionale, europeo e anche nazionale appare impegnato a promuovere la realizzazione di progetti di impianti a fonti rinnovabili. Contesto che ha avuto un’accelerazione dal 2015 in poi, quando a Parigi, nell’ambito della COP21 (Conferenza delle Parti) prende forma il nuovo Accordo per contrastare i cambiamenti climatici. Tutti i settori dell’economia riconoscono la necessità di avviare la transizione energetica privilegiando uno sviluppo crescente delle fonti rinnovabili e, progressivamente, nel lungo termine una diminuzione dei combustibili fossili, con un abbandono definitivo del carbone dallo scenario della generazione elettrica, almeno di quello privo di sistemi di cattura della CO2.

In Europa, in questo primo ventennio del XXI secolo, il quadro normativo a sostegno dello sviluppo delle fonti rinnovabili è stato articolato in un programma che dovrà condurre alla neutralità climatica entro il 2050. Coerentemente con questo obiettivo, le fonti rinnovabili hanno conquistato posizioni rilevanti nel mix di generazione elettrica. Dal rapporto statistico di IRENA (Renewable Energy Statistics 2024) si evince che, nell’ultimo decennio 2014 – 2023, la capacità installata dai 27 Paesi dell’UE è passata da 363 GW a 640 GW con un incremento di circa il 76%, consentendo la produzione di energia di poco più di 1.000 TWh, nel 2022.

Una crescita costante che, negli ultimi tre anni, ha avuto una leggera impennata ed è stata trainata dagli impianti eolici che nel 2023 hanno raggiunto 217 GW di capacità in esercizio (circa il 34% del totale rinnovabile realizzato): in questo settore gli impianti eolici offshore in funzione raggiungono una potenza di 18 GW, mentre i restanti 199 GW sono eolici onshore. Il solare fotovoltaico, alla stessa data, ha contribuito per circa 257 GW (circa il 40% del totale rinnovabile realizzato).

Nel contesto globale, la Cina è la nazione che sta mostrando una accentuata vitalità nella realizzazione di impianti a fonti rinnovabili: dinamicità che ha consentito di raggiungere una potenza installata nel 2023 di oltre 1.400 GW, con un tasso di crescita che ha avuto un’impennata a partire dal 2019 ed è ulteriormente salito negli ultimi due anni. Il maggiore apporto in termini di potenza installata è fornito dal solare fotovoltaico che raggiunge il valore di 609 GW: in dieci anni la potenza degli impianti solari fotovoltaici è aumentata di oltre 21 volte rispetto a quella installata nel 2014. L’incremento annuale più significativo si è verificato tra il 2022 e il 2023 con 217 GW installati. Complessivamente l’eolico si attesta intorno ai 442 GW (405 GW onshore e 37 GW offshore).

Gli USA, invece, non riescono a tenere il ritmo di sviluppo della Cina: al 2023 hanno un numero di impianti a fonti rinnovabili che raggiunge una potenza di 386 GW che, nel 2022, ha garantito una produzione di quasi 960 TWh. L’eolico installato nel 2023 è di 148 GW tutti onshore, mentre il solare fotovoltaico è a quota 138 GW: anche negli Stati Uniti d’America tra il 2022 e il 2023 sono stati installati 25 GW di nuova potenza fotovoltaica.

In questo quadro l’Italia, tenendo conto delle diverse caratteristiche territoriali, è il fanalino di coda rispetto alla velocità di realizzazione europea e all’intraprendenza della Cina e degli USA. La curva di sviluppo delle fonti rinnovabili nello stesso decennio 2014-2023 è una linea piatta, senza picchi e variazioni positive di pendenza. Parte con 49 GW di impianti installati nel 2014 per arrivare al 2023 con 65 GW di potenza in esercizio (un incremento di quasi il 33%) che al 2022 ha assicurato una produzione leggermente superiore a 100 TWh fornendo una copertura del consumo interno lordo di energia elettrica del 31%: valore, peraltro, inferiore di circa il 14% rispetto al 2021.

Osservando lo sviluppo anno per anno delle fonti rinnovabili in Italia, si nota una tendenza timida di nuove installazioni che fino al 2017 rimangono al di sotto di 1 GW. La svolta, se così può chiamarsi, si ha nel 2018 con il primo superamento della soglia critica di 1 GW. Da questa data in poi le rinnovabili sembrano avere una nuova energia, proseguendo la tendenza alla crescita annuale che progressivamente arriva a oltrepassare 2,5 GW tra il 2021 e il 2022. Nel 2023 si ha l’esplosione degli impianti realizzati, rispetto al 2022, che rasentano i 6 GW di potenza. In questa dinamica, il tasso incrementale annuo della fonte eolica onshore è quasi sempre inferiore a 0,5 GW, arrivando a tale valore nel 2022 e, complessivamente, riesce a superare di poco i 12 GW nel 2023.

Il solare fotovoltaico ha, invece, una migliore prestazione che incoraggia a proseguire in questa direzione. Nel decennio in esame il solare fotovoltaico riesce a ottenere risultati significativi raggiungendo quasi 30 GW al 2023, viaggiando con un ritmo di installazione di circa 1 GW all’anno dal 2019, per poi raggiungere il picco di realizzazione nel 2023 con oltre 5 GW rispetto al 2022.

Un percorso lento, quello italiano, rispetto ad altri Paesi, considerati gli sforzi che a partire dagli anni 2000, subito dopo la liberalizzazione del mercato elettrico, sono stati compiuti per rendere stabile un quadro normativo per promuovere la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili. Anni in cui si sono succeduti provvedimenti che hanno cercato di semplificare i procedimenti autorizzativi e nello stesso tempo creare la condizioni di competitività per accelerare la realizzazione degli impianti, spinta anche dall’Europa attraverso l’emanazione delle direttive, funzionali al raggiungimento degli obiettivi al 2030.

L’Italia si è mossa, alcune volte in ritardo, altre volte in emergenza, prolungando disposizioni e criteri di attribuzione di nuova capacità rinnovabile, in attesa di una più efficace riforma per dare impulso e nuova linfa ai progetti pianificati o in corso di pianificazione. Il contesto legislativo in fase di perfezionamento – mancano ancora decreti per disciplinare le modalità di sostegno per il prossimo quinquennio 2026-2030 – dovrà tenere conto del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima che stabilisce l’obiettivo di fonti rinnovabili al 2030: 28 GW di eolico e 79 GW di solare fotovoltaico.

Numeri che presuppongono una progressione annua di realizzazione complessiva pari a circa 11 GW all’anno fino al 2030. Considerata la lentezza con la quale si perfezionano i procedimenti autorizzativi e considerato, altresì, il tasso di realizzazione degli impianti fino ad ora osservato, come abbiamo potuto notare, l’obiettivo prefissato comporta il rischio di non essere conseguito nei tempi stabiliti. Inoltre, le recenti disposizioni del cosiddetto “decreto agricoltura” che pone vincoli alla realizzazione degli impianti solari fotovoltaici in aree agricole e il decreto per l’individuazione delle aree idonee che conferisce alle Regioni il compito di stabilire, con ampio margine discrezionale, i siti adatti alla realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, pongono ulteriori limitazioni alla loro costruzione.

Si possono comprendere le preoccupazioni delle Regioni che hanno la responsabilità, da una parte, di tutelare le aree di notevole interesse paesaggistico e, dall’altra, di creare i presupposti per la produzione di energia pulita a vantaggio dell’intera Comunità. Le iniziative che sono assunte alimentano però, spesso malumori e contrasti che in maniera divisiva contrappongono i cittadini e i portatori d’interesse, come nel caso dell’adozione da parte della Regione Sardegna della moratoria che blocca per un anno e mezzo la realizzazione di progetti già pianificati. L’Italia è un Paese particolare, morfologicamente complesso, altamente antropizzato e con una presenza di siti e aree protette molto elevato. Proprio per questo la collaborazione e la partecipazione condivisa per la costruzione degli impianti è fondamentale per conseguire la transizione ecologica in maniera equa, solidale e senza discriminazione per i territori e per le Comunità.

Perciò, senza preconcetti o particolari conflitti d’interessi, diventa necessario stabilire tempestivamente le aree dove potrà essere possibile costruire le nuove infrastrutture energetiche rispettando gli obiettivi di “burden sharing” regionali individuati, evitando nel frattempo di percorrere sentieri accidentati pieni di ostacoli che, seppur temporanei, possono determinare ulteriori ritardi o dare luogo a iniziative legali, già molto frequenti nel nostro Paese. Non abbiamo bisogno di alimentare polemiche per conseguire una trasformazione energetica, culturale, economica e ambientale che consenta all’Italia di diventare un Paese “carbon neutral”. Serve una buona politica che coinvolga in maniera armonizzata tutti i settori della società e agisca per favorire lo sviluppo consapevole dell’energia verde. Altrimenti la percezione, che diventa realtà, è che l’Italia non è un Paese per le rinnovabili.

Foto copertina di Camila Fernández León

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Redazione

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