Polygonal tundra and lakes landscape in summer, Taymyr peninsula, aerial view

Permafrost: lo scongelamento è una minaccia per la Terra

Lo scongelamento del permafrost artico carico di miliardi di tonnellate di gas serra non minaccia soltanto le infrastrutture critiche della regione. Minaccia anche la vita in tutto il Pianeta. Questa la conclusione della recente revisione scientifica pubblicata su Nature Reviews Earth & Environment

Secondo uno dei sei studi pubblicati questa settimana, quasi il 70% delle strade, degli oleodotti, delle città e dell’industria presenti nelle zone interessate, principalmente in Russia, sono altamente a rischio entro la metà del secolo.

Un altro studio avverte che il metano e la CO2 che fuoriescono dal suolo congelato a lungo potrebbero accelerare il riscaldamento. E sopraffare gli sforzi globali per limitare l’aumento della temperatura terrestre a livelli vivibili.

L’esposizione di materia organica altamente combustibile non più bloccata dal ghiaccio sta anche alimentando incendi senza precedenti.

Coprendo un 1/4 della massa terrestre dell’emisfero settentrionale, il permafrost contiene il doppio del carbonio attualmente nell’atmosfera. E il triplo della quantità emessa dall’attività umana dal 1850. Per definizione, è un terreno che è stato a temperature inferiori a zero gradi Celsius per più di due anni. Sebbene gran parte del permafrost di anni ne abbia migliaia.

Le temperature nella regione artica sono aumentate da due a tre volte più rapidamente nell’ultimo mezzo secolo rispetto al resto del mondo. Da 2 a 3 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali. La regione ha anche assistito a una serie di bizzarre anomalie meteorologiche. Per esempio temperature in inverno che sono aumentate fino a 40°C al di sopra delle medie precedenti.

Il permafrost stesso si è, in media, riscaldato di quasi 0,4°C dal 2007 al 2016. “Ciò solleva preoccupazioni per il rapido tasso di disgelo e il potenziale rilascio di carbonio“. Queste le osservazioni dei ricercatori guidati da Kimberley Miner, uno scienziato del Jet Propulsion Laboratory del California Institute of Technology.

I fuochi zombie

Il loro studio prevede una perdita di circa 4 milioni di chilometri quadrati di permafrost entro il 2100. Ciò anche in uno scenario in cui le emissioni di gas serra fossero significativamente ridotte nei prossimi decenni.

L’aumento delle temperature non è tuttavia l’unico motore della fusione accelerata. Gli incendi nell’Artico espandono rapidamente lo strato di permafrost soggetto a disgelo, sottolineano i ricercatori.

Con il riscaldamento del clima si prevede che questi incendi remoti e incontrollati aumenteranno dal 130% al 350% entro la metà del secolo. Quindi un rilascio di sempre più carbonio dal permafrost.

In effetti, lo scongelamento rende il carbonio organico sepolto più infiammabile, dando origine a “fuochi zombie”. Fuochi che covano sotto la cenere durante gli inverni gelidi prima di riaccendersi in primavera e in estate.

La minaccia più immediata è per le infrastrutture della regione. Il permafrost dell’emisfero settentrionale ospita circa 120.000 edifici, 40.000 km di strade e 9.500 km di condutture. Questi i dati dello studio condotto da Jan Hjort, uno scienziato dell’Università finlandese di Oulu.

Nessun paese è più vulnerabile della Russia, dove diverse grandi città e consistenti impianti industriali si trovano su un terreno ghiacciato. Circa l’80% degli edifici nella città di Vorkuta mostra già deformazioni causate dal permafrost in movimento. Quasi la metà dei giacimenti di estrazione di petrolio e gas nell’Artico russo si trova in aree a rischio.

Un collasso improvviso

Nel 2020 un serbatoio di carburante si è rotto dopo che i suoi supporti sono improvvisamente affondati nel terreno vicino alla città siberiana di Norilsk. Sono state sversate 21.000 tonnellate di diesel nei fiumi vicini. Lo scongelamento del permafrost è stato la causa più probabile dell’indebolimento delle fondamenta dello stabilimento.

Il Nord America non ha grandi centri industriali costruiti sul permafrost, ma decine di migliaia di chilometri di strade e condutture sono sempre più vulnerabili.

Gli scienziati hanno molte più conoscenze di un decennio fa. Ma la domanda fondamentale rimane senza risposta: quanto carbonio sarà rilasciato per il riscaldamento del suolo artico? Il problema è che il potenziale impatto delle dinamiche del permafrost sull’aumento della temperatura terrestre non viene adeguatamente preso in considerazione, osservano Miner e colleghi. Ciò è particolarmente vero, avvertono, per l’improvviso collasso strutturale del permafrost, un processo noto come termocarsimo

La domanda fondamentale

Ed è ancora una questione aperta prevedere se i cambiamenti climatici faranno diventare la regione artica più secca o più umida. La risposta ha enormi implicazioni. “In un Artico più verde e umido, le piante compenseranno alcune o tutte le emissioni di carbonio del permafrost”, annotano gli autori. In un Artico più scuro e più secco, invece, aumenteranno le emissioni di CO2 dai suoli in decomposizione. E di conseguenza la quantità di combustibili sempre più infiammabili per gli incendi.

Nota: Il permafrost è presente primariamente nelle regioni artiche, in prossimità dei poli. Ma si trova anche in alta montagna (nelle Alpi a partire da quote di circa 2600 m s.l.m, in funzione dell’esposizione). È valutato che le superfici con permagelo riguardino il 20% delle terre emerse e ben il 20% dell’emisfero settentrionale. Il permagelo può raggiungere la profondità di 1500 m nel nord della Siberia e di alcune centinaia di metri in Alaska e Canada. Il permafrost si può trovare nei deserti freddi e prosegue oltre la costa sotto i mari freddi poco profondi.

Articolo originale a cura di Marlowe Hood, Senior Science and Environment Correspondent and Global Coordinator for Climate Change, Agence France-Presse. Thawing Permafrost Is Poised to Unleash Havoc in The Arctic, Scientists Warn

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