Gruppi d’Acquisto Solidale: 30 anni di economia alternativa

I Gruppi d’Acquisto Solidale sono oggi un esempio di economia alternativa per resistere alle crisi. Un articolo di Grazia Battiato

Gruppi d’Acquisto Solidale – Solidarietà in gruppo

Quando Tangentopoli irrompe nella vita politica italiana, nei primi anni Novanta, innesca un periodo di grande transizione che viene spesso identificato con la fine della Prima Repubblica e che intensifica il sentimento di sfiducia della società civile verso la politica. Uniti da quello scoraggiamento, nel 1993 a Verona, centinaia di persone si incontrano in occasione della conferenza “Quando l’economia uccide…bisogna cambiare”, per riflettere sulle conseguenze del sistema economico al ribasso proposto dalla società dei consumi e per provare a definire un modello più sostenibile.

È il primo passo verso la nascita dei Gruppi d’Acquisto Solidale, abbreviati in GAS, organizzazioni spontanee i cui aderenti applicano i princìpi dell’economia solidale alle proprie spese, generalmente acquistando beni direttamente da produttori selezionati in base a criteri di solidarietà e sostenibilità, oltre che per la qualità dei prodotti. Il primo GAS vero e proprio nascerà nel ’94 a Fidenza. Sarà un’esperienza che presto contaminerà tutto il territorio italiano e che oggi, a trent’anni da quel momento, resiste ancora.

«Il periodo storico in cui nascono i GAS è di grande importanza», racconta Francesca Forno, sociologa e docente all’Università di Trento. «Il crollo dei partiti storici che avevano retto l’Italia sin dalla fondazione della Repubblica, unito alla crisi dei sindacati e delle organizzazioni tradizionali, allontana i cittadini dalle forme di partecipazione istituzionali e apre un periodo di novità. Si sperimenta allora la possibilità di prendere la politica nelle proprie mani usando il cosiddetto potere della busta della spesa».

Insieme, conviene

I gasisti sono quindi tra i primi promotori di un consumo critico che non tiene conto soltanto del rapporto qualità-prezzo ma che riconosce nel cittadino-consumatore un ruolo chiave per influenzare le politiche che determinano, per esempio, le condizioni dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente. «Assistiamo a un picco nella crescita dei GAS anche durante la crisi economica del 2007-2008», continua Forno. «La crisi riduce il potere d’acquisto e dentro i GAS si risparmia: in primis, perché si compra insieme e poi perché si annullano i costi di intermediazione». Dall’esperimento emiliano del ’94 i GAS crescono, si moltiplicano, diventano centinaia, soprattutto nelle città del Centro-Nord, dove l’acquisto di prossimità è certamente meno scontato.

Attraverso i GAS oggi si compra soprattutto cibo, spesso biologico e a chilometro zero, in alcuni si trovano anche detersivi sfusi e prodotti per l’igiene. Meno diffuso, rispetto ai primi anni, è l’acquisto di indumenti, anche se dai GAS sono nate alcune fiere del tessile solidale come azione di contrasto al mercato del fast fashion. Molti GAS sono mappati, ma quantificarli è impossibile, perché si tratta frequentemente di gruppi informali che per non dissipare il “capitale delle relazioni”, si dividono se il numero di aderenti aumenta troppo, dando vita a un nuovo nucleo.

Che cosa è cambiato

Se prima ad accomunare i gasisti c’era la disillusione verso la politica, la volontà di orientare l’economia al bene comune e di attivare nuove forme di cittadinanza sostenibile, spesso chi si unisce a un GAS oggi lo fa piuttosto per abbracciare uno stile di vita più salutare. Stando ai dati che emergono del rapporto biennale sul consumo responsabile in Italia 2024, commissionato a SWG dall’Università di Padova e di Trento, alla base delle scelte di consumo critico c’è sempre di più la volontà di acquistare prodotti di qualità, opzione scelta dal 21,7% degli intervistati a fronte del 3,8% rilevato nel 2002, e sempre meno quella di aiutare i paesi in via di sviluppo (scelta dal 13,6% del campione nel 2002 e oggi solo dal 7%) o le organizzazioni che operano nel settore (7% del 2024 contro il 17,1% del 2002).

Ai GAS va riconosciuto il merito di aver influenzato la spesa di un numero sempre più ampio di persone, cambiamenti che hanno avuto impatti anche sull’offerta che ritroviamo nei banchi alimentari. «È evidente come la grande distribuzione che tanto ha influenzato il nostro immaginario, oggi rincorra quello creato dai gruppi d’acquisto solidale», chiosa Forno. «Se oggi il cavolo nero e la patata viola sono in vendita anche nella grande distribuzione, questa è una conseguenza della rivalorizzazione del cibo che hanno fatto questi gruppi. Per alcuni è un classico fenomeno di cooptazione del mercato, io tuttavia lo leggo anche come un successo dei GAS».

Non solo cibo: i GAF e i GAI

Tra le principali evoluzioni dei Gruppi d’Acquisto Solidale ci sono i GAF, i Gruppi d’Acquisto Fotovoltaico. Condividono con i GAS le finalità solidali, collettive e di risparmio, permettendo a famiglie e singoli cittadini, così come a piccole imprese, di installare pannelli fotovoltaici a costi vantaggiosi e di poter contare sul sostegno del gruppo per tutto il processo: dalla possibilità di acquisto con agevolazioni alla messa a punto dell’impianto. I GAF, attualmente presenti in tutto il territorio italiano, nascono dall’impegno di associazioni e cooperative e possono essere promossi e agevolati anche dagli stessi GAS. Tra i GAF più longevi c’è Sole in Rete, progetto della Onlus EnergoClub.. Continua a leggere gratuitamente l’articolo su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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