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Da Renzi a Meloni continua la guerra alle rinnovabili

Meloni sul Superbonus fa come Renzi con le rinnovabili. Articolo di Monica Frassoni.

C’è un’amara sensazione di “deja vu” nella vicenda drammatica per molte famiglie e imprese del Superbonus e in generale dei bonus in edilizia. Tra il 2008 e il 2011 ci fu un periodo di forte accelerazione negli incentivi alle energie rinnovabili. Ebbe un impatto enorme, rese l’Italia il secondo paese per istallazione di energie rinnovabili nel mondo e portò alla creazione di 130.000 posti di lavoro. Ci furono però anche frodi, errori di struttura normativa, assenza di controlli.

Con la crisi finanziaria iniziò un’opera di smantellamento sistematico del sistema con la scusa del costo eccessivo per lo stato. E anche a causa di un solido eco scetticismo che semplicemente non dava credito all’urgenza di ridurre la nostra dipendenza dal fossile e di puntare sulle rinnovabili. Il sistema dei contributi venne bruscamente sospeso ed il governo Renzi nel 2014 addirittura pretese una restituzione retroattiva, portando alla moltiplicazione dei contenziosi. Vennero persi 70.000 posti di lavoro, ci furono fallimenti a ripetizione, lo sviluppo delle rinnovabili si fermò proprio quando i prezzi iniziarono a scendere. Nel frattempo, ci legavamo mani e piedi al gas russo, in particolare dopo l’occupazione della Crimea nel 2014.

Da allora l’Italia è uno dei paesi nel quale le rinnovabili crescono più lentamente e fra mille orpelli. Eppure, se si fosse continuato allo stesso ritmo che esisteva nel 2010, oggi risparmieremmo circa 15 miliardi di euro all’anno in importazioni di gas, combustibile fossile dal quale dovremmo in gran parte liberarci nel 2050. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, lo Stato ha pagato invece oltre 64 miliardi di euro per aiuti a pioggia alle bollette. E ha speso somme stratosferiche per assicurarsi gas naturale e liquefatto in giro per il mondo.

La storia pare ripetersi con il Superbonus, nato per rilanciare l’edilizia dopo il Covid, per ridurre i consumi energetici e aumentare la qualità del nostro disastrato patrimonio edilizio. Fin da subito, quando la misura fu adottata in piena pandemia, in molti avevano segnalato la necessità di correggerne le storture. Per esempio gli incentivi alle centrali a gas, alle seconde case, i tempi troppi stretti di applicazione che spingevano a fare corse forsennate per iniziare e finire i lavori entro i termini e gonfiando i prezzi.

Da più parti, ivi incluso varie forze politiche, si chiedeva di stabilizzarlo nel tempo, riducendolo in modo graduale, mantenendo le cessioni del credito, ma puntando su reali e misurabili miglioramenti della performance energetica. Intervenendo sulle manovre speculative e arrivando a una sistemazione razionale anche degli altri bonus costosi dall’effetto nullo sulla riduzione delle emissioni. Primo fra tutti il bonus facciate vero protagonista delle frodi che hanno interessato il Superbonus solo per il 3%.

E invece sì è scatenata una guerra ideologica durissima, spesso finalizzata ad attaccare i Cinque Stelle, iniziata dal governo di Mario Draghi. E che ha reso impossibile ogni miglioria. Già ai tempi del suo governo avevamo avuto settimane di stop and go, di confusione, di scadenze variabili e di condizioni incerte. E anche di comportamenti speculativi da parte delle banche.

Fino alla grave decisione del governo Meloni di sospendere dall’oggi al domani le cessioni del credito. Sta provocando enormi problemi per molte famiglie e imprese in un settore delicatissimo, quello della casa, che improvvisamente non è più “sacra” come proclamavano gli oppositori della “casa green”. A differenza di ciò che accade con tassisti, balneari, settore automotive, l’edilizia non gode evidentemente di attenzione da parte del governo. Sarà un caso, ma si affossa questa misura allo stesso tempo in cui si dà all’Italia la prospettiva strategica di diventare un “hub” del gas. E cioè un luogo da cui transita attraverso nuove infrastrutture di vecchia tecnologia un combustibile fossile. Con zero vantaggio per il paese, ma molti per ENI e SNAM.

È uno strumento che sicuramente ha molti difetti, ma che diventando un totem da abbattere, non si è potuto riformare per tempo dopo un serio confronto. E soprattutto sulla base dei fatti e non di cifre fantasiose, elemento questo gravissimo se si considera che provengono dal governo. Come spiega Francesco Ferrante su Qualenergia, i dati di Ance, Nomisma e Enea convergono tutti nello spiegare che l’impatto del superbonus sarà alla fine positivo sui conti pubblici, con maggiori entrate fiscali dovute all’aumento di attività e dell’emersione del nero. Ha portato a 600.000 occupati ed a 1 punto di PIL in più.

Leggi anche Il Superbonus ha aumentato Pil e posti di lavoro

E pare anche in parte smentito il fatto che il superbonus abbia avvantaggiato solo i ceti più abbienti. Secondo i dati di luglio sono circa mezzo milione le famiglie a reddito medio-basso che hanno potuto ridurre le bollette e migliorare la qualità e il valore delle loro case.

Quanto al valore “verde” della misura, i dati, pur incompleti e risalenti a prima dell’estate, ci parlano di un milione di tonnellate di CO2 risparmiata. E di un risparmio (dati di luglio) di 5650 GWh ottenuti per due terzi con le misure di isolamento termico. E ci dicono che c’è stata una spinta evidente su pannelli fotovoltaici (oltre il 50% dei pannelli istallati sugli edifici deriva dal superbonus), sistemi di accumulo e colonnine elettriche. Tutto questo, ripeto, non è sufficiente e poteva essere fatto meglio.

Ma è davvero scellerato il Superbonus allora? Non credo. Ma per gestirne le criticità, da attribuire a tutte le forze politiche e alle lobby a loro affini (dato che tutte, inclusa Fratelli d’Italia l’hanno sostenuto), ci vuole soprattutto un governo competente e amico del clima. Un governo che sappia misurare con attenzione gli effetti delle sue decisioni, che possono essere quelle sì scellerate, e i cui effetti, ci scommetto, dovrà inevitabilmente poi correre a rimediare. Con grande spreco di tempo e risorse e non facendo nulla per accelerare la transizione giusta che è sempre più urgente.

Monica Frassoni. Laureata in scienze politiche, nel 1987 è stata eletta segretario generale della Gioventù Federalista Europea e si é trasferita a Bruxelles. Dal 1990 al giugno 1999 ha lavorato al Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, avendo Adelaide Aglietta e Alex Langer come punti di riferimento politici principali. Nel 1999 è stata eletta eurodeputata nelle liste dei verdi francofoni belgi Ecolo, prima italiana eletta all’estero. Nel 2004 è stata riconfermata al Parlamento europeo per i Verdi italiani. Dal 2002 al 2009, è stata Co-presidente del gruppo dei Verdi con Daniel Cohn-Bendit. Dal 2009 al 2019 è stata Co-presidente del Partito Verde Europeo. Presiede dal 2011 la European Alliance to Save energy e dal 2013 il European Centre for Electoral Support.

Articolo uscito su huffingtonpost.it

Redazione

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