Cattlelyst: la biotecnologia per ridurre le emissioni delle stalle
Cattlelyst, l’innovazione biotecnologica volta alla riduzione delle emissioni di ammoniaca e metano dagli allevamenti di bestiame.
Caro lettore, permettimi di farti una domanda: qual è il tuo primo pensiero nel leggere le parole “fattoria” e “mucche”? Magari la tua mente ti mostra immagini idilliache di animali al pascolo, o magari il tuo palato ti fa sognare deliziosi formaggi. Ti sorprende sapere che questi allevamenti hanno un incredibile impatto ambientale?
In particolare, queste attività sono responsabili della produzione di metano (CH4) e ammoniaca (NH3) in grandi quantità. Ho speso quasi due anni nel lavorare sulla concettualizzazione e sviluppo di una soluzione a questo problema. Il mio nome è Delielena Poli, laureata in biotecnologie studentessa di magistrale presso l’università di Wageningen, nei Paesi Bassi. In questo articolo ti voglio introdurre ai problemi ambientali associati agli allevamenti di bestiame. Concluderò con una descrizione di Cattlelyst, l’innovazione biotecnologica volta alla riduzione delle emissioni di inquinanti delle stalle. Un progetto su cui ho lavorato insieme ad altri nove colleghə fin da inizio 2020.
Come mai ho menzionato metano e ammoniaca? In che modo gli allevamenti bovini sono coinvolti nell’emissione di questi due gas? Eccoti alcuni fatti:
- a livello globale, gli allevamenti sono secondi solo al settore del combustibili fossili in termini di emissioni di metano (Figura 1)
- il settore agricolo, che include gli allevamenti, è il maggiore responsabile delle emissioni di ammoniaca (Figura 2)
L’azoto
E’ un gas innocuo e inodore, costituisce circa il 78% dell’atmosfera. Tuttavia, l’azoto può combinarsi con altri elementi e formare molecole reattive. Le più frequenti forme reattive contenenti azoto sono l’ammoniaca e gli ossidi di azoto. Le emissioni di queste molecole reattive contribuiscono al cambiamento climatico, perdita di biodiversità, piogge acide, acidificazione del suolo e alterazione dell’ecosistema [3]. Come per il carbonio e l’acqua, esiste un ciclo terrestre dell’azoto. A causa della eccessiva produzione di forme di azoto da attività umane, tuttavia, il ciclo è stato alterato. Le cause principali delle emissioni di azoto sono produzione di fertilizzanti in scala industriale e coltivazione di legumi.
Per darti un’idea dell’impatto di questi settori, questi processi produttivi hanno generato più specie reattive contenenti azoto di tutti i processi natural combinati. L’uso di fertilizzanti permette una più ampia produzione a livello agricolo e di conseguenza sostiene l’intensificazione degli allevamenti. I composti azotati non vengono convertiti dai bovini in gas azoto (N2), vengono bensì rilasciati in forma di urea nell’urina. L’urea viene poi convertita in ammoniaca quando l’urina viene a contatto con le feci dove sono presenti enzimi che catalizzano la conversione (ureasi). L’ammoniaca viene successivamente rilasciata in forma gassosa ed emessa nell’atmosfera, dove contribuisce alla formazione di piogge acide e polveri sottili.
Dalla fase gassosa può poi precipitare nuovamente e depositarsi nel suolo, inquinando riserve idriche sotterranee. Dal suolo viene convertita in acido nitrico che penetra in profondità. Ed è responsabile del sequestro di ioni (chelazione), come calcio e potassio, impoverendo gli strati più superficiali di questi elementi. La capacità del suolo di neutralizzare acidi viene ridotta e il suolo si acidifica gradualmente. Questo ha conseguenze su vegetali e animali, causando deficit di calcio e riduzione della biodiversità.
Il metano
E’ un gas a effetto serra, le cui emissioni sono in crescita dalla rivoluzione industriale. Metano accompagna CO2 e ossido di diazoto nel podio dei gas che maggiormente influiscono sull’effetto serra. Il potenziale di riscaldamento globale (GWP) del metano è 30 volte maggiore di quello della CO2 [1]. Circa il 90% delle emissioni di gas serra dagli allevamenti è dovuto alla digestione del cibo (emissioni enteriche) e dai depositi di letame. I responsabili sono in ogni caso microorganismi, chiamati metanogeni, che fanno parte del microbioma bovino risiedendo nel loro tratto digestivo. Le emissioni enteriche di metano sono le più difficili da controllare. Annualmente, gli allevamenti bovini rilasciano metano enterico ammontante a un totale di circa 2.5 giga tonnellate di equivalenti di CO2 [5].
Cattlelyst
Il mio team ha deciso di sviluppare un filtro, che chiamiamo Cattlelyst, che possa ridurre le emissioni sia di ammoniaca sia di metano. Cattleyst è costituito da un letto di supporto abitato a due microorganismi che “si nutrono” dei due gas, convertendo ammoniaca in gas azoto e metano in CO2 (Figura 3).
Ti potresti chiedere se si possa dire un miglioramento, rilasciare CO2 rispetto a metano. Ricordi quanto detto riguardo il GWP? Il gas metano è 30 volte più potente del diossido di carbonio nel riscaldare l’atmosfera. Quindi produrre CO2 sarebbe comunque un miglioramento. Ma è importante sottolineare che il rilascio di CO2 non è una produzione netta, i microorganismi non immettono nuova CO2 nell’ambiente. L’emissione da parte del biofiltro è quello che si chiama carbone neutrale, al contrario di quanto viene invece rilasciato dalla combustione di carbon fossile, per esempio.
Dove verrebbe applicato questo biofiltro fisicamente?
La Figura 4 ti aiuta nella visualizzazione di Cattlelyst. L’aria con più alte concentrazione di metano viene raccolta dall’interno della stalla, dai cubicoli dove i bovini si coricano e ruminano (digerendo il cibo ingerito e rilasciando metano dalla bocca). L’ammoniaca viene invece direzionata verso il biofiltro, a partire dallo spazio d’aria subito sopra il punto di raccolta del letame, sotto alla stalla, come in molti stabili. Questi due flussi sono canalizzati verso il biofiltro dove si trovano i microorganismi.
Come lavorano i microorganismi del biofiltro
I due microorganismi che abitano il biofiltro si occupano uno della assimilazione di metano e l’altro di ammoniaca. Specifiche vie metaboliche sono necessarie. Per far sì che i due microorganismi convivano bene e siano adatti alle condizioni (concentrazione dei gas, presenza di ossigeno, etc) che ci aspettiamo in una stalla, li abbiamo modificati geneticamente. Così facendo, ci siamo anche assicurati che prodotti secondari, che sono solitamente generati e sono inquinanti, non venissero rilasciati. Chiaramente, trattandosi di OGM, ci siamo dovuti assicurare che i due microorganismi non possano sopravvivere al di fuori del biofiltro. E, a questo scopo, abbiamo sviluppato tre sistemi di sicurezza. I quali, sommati al contenimento fisico, permetterebbero alla nostra soluzione di essere conforme alle norme europee per le applicazioni biotecnologiche come gli OGM.
Il lavoro del Team Cattlelyst
In questi quasi due anni di lavoro su questo progetto, ci siamo impegnati nel fornire prove che la concettualizzazione del nostro biofiltro funzioni. Lavorando in laboratorio alle modifiche genetiche, generando modelli per guidare i nostri esperimenti e raffinando il nostro design iniziale. In parallelo a queste attività di ricerca e sviluppo abbiamo anche contattato e coinvolto possibili parti interessate alla nostra innovazione. I Paesi Bassi stanno soffrendo gli effetti dell’eccesso di questi due gas più intensamente di altri stati. E le misure governative sono sempre più stringenti per conformare lo stato ai nuovi obiettivi ambientali delle Nazioni Unite (vedi COP26) a causa dei vasti allevamenti intensivi.
Abbiamo contattato partiti politici, enti istituzionali, come quelli che guidano le regolamentazioni OGM nei Paesi Bassi, così come possibili partner e competitori, e ovviamente allevatori. Tutti hanno dimostrato interesse nel nostro biofiltro innovativo e hanno contribuito nel processo di validazione della sua concettualizzazione. Un prototipo deve essere fisicamente realizzato e ottimizzato, perché due anni non sono sufficienti per la produzione di un biofiltro. Nonostante questo abbiamo raggiunto ottimi risultati nella competizione internazionale cui abbiamo partecipato, ottenendo la medaglia d’oro e tre nominations, tra cui quella di miglior progetto per la sostenibilità.
Se hai trovato interessante questo articolo, ti consiglio di dare un’occhiata al blog (in inglese) che abbiamo aggiornato nel corso dello sviluppo di Cattlelyst. Troverai sia approfondimenti tecnici sia curiosità sul nostro team.
Fonti
- 1. UNECE, Methane management: The Challenge, (available at https://unece.org/challenge).
- 2. European Environment Agency, “Ammonia (NH3) emissions ” (2014), (available at https://www.eea.europa.eu/data-and-maps/indicators/eea-32-ammonia-nh3-emissions-1/assessment-4).
- 3. A. van den Burg, “Rammelende eieren en brekebenen bij de koolmees: verzuring terug bij af?,” (available at https://edepot.wur.nl/418194).
- 4. P. Smith, D. Martino, Z. Cai, et al., in 2007: Agriculture. Climate Change 2007: Mitigation. Contribution of Working Group III to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change (Cambridge university Press, 2007).
- 5. FAO U.S., “Reducing Enteric Methane for improving food security and livelihoods ,” (available at http://www.fao.org/in-action/enteric-methane/background/why-is-enteric-methane-important/en/)
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