Ultima Generazione porta la crisi climatica in tribunale

Ieri l’udienza contro Simone Ficicchia, l’attivista di Ultima generazione che rischia la sorveglianza speciale per le sue iniziative di protesta per il clima. Gli altri attivisti hanno dato vita a un presidio fuori dal tribunale di Milano

Il tribunale deciderà tra trenta giorni se l’attivista dovrà essere sottoposto a sorveglianza per una serie di azioni di protesta che ha portato avanti negli ultimi mesi. 

«Abbiamo esposto le nostre ragioni nonviolente e abbiamo ricevuto ascolto da parte della corte, che valuterà le nostre ragioni. Abbiamo puntato sul fatto che la crisi climatica non è opinione ma fatto scientifico ed è fondamentale al punto da rendere necessario porre un argine alle politiche dei governi. Spero in un esito che dia valore alla lotta per il clima». Così l’attivista al termine dell’udienza.

Al presidio, iniziato alle 10 in concomitanza con l’inizio dell’udienza, hanno partecipato diverse organizzazioni e alcuni esponenti della società civile, tra cui Gad Lerner e Marco Cappato. Ad alleggerire la tensione dell’attesa hanno contribuito alcuni performers tra cui la Banda degli Ottoni a Scoppio, che suona per dar voce agli indifesi in molti momenti della vita politica pubblica per i diritti e per la pace.

Si è esibita anche la musicista e attivista Lotta, che ha detto: “Ho 20 anni, da decenni gli scienziati chiedono alla politica di intervenire. Siamo arrivati dopo decenni al punto di lanciare una minestra su una teca per farci ascoltare. Ora ci volete degradare, ma noi saremo vittoriosi perché non vogliamo essere l’ultima generazione”.

Michele Giuli, portavoce di Ultima Generazione, ha spiegato: “Qualcuno vorrà fare qualcos’altro, combattiamo insieme alle altre organizzazioni per il clima. Noi blocchiamo le strade e accettiamo di essere odiati. Non ci piace quello che facciamo ma lo facciamo perché è efficace nelle condizioni estreme. E queste lo sono. Abbiamo solo 3-4 anni per ridurre le emissioni e rispettare gli accordi internazionali siglati”.

Al termine del sit-in un gruppo di cittadini presenti al presidio si è recato in fila indiana e ordinata presso la Questura di Milano in via Fatebenefratelli per esprimere la propria preoccupazione per la crisi climatica e autodenunciarsi come “persone socialmente pericolose”, chiedendo di essere processate come solidali con Simone Ficicchia. Un’azione ispirata al “Jail in” dei movimenti nonviolenti di Martin Luther King e Gandhi. Tenendo in mano copia delle denunce e dei provvedimenti emessi dalla polizia durante azioni nonviolente, hanno precisato. “Se Simone è un criminale, allora siamo tutti criminali. Se lo Stato decide di reprimere un 20enne preoccupato, continuando indisturbato a condannarci a un pianeta invivibile, allora dovrà fare lo stesso con chi lotta al suo fianco”.

“Siamo qui per autodenunciarci come cittadini e attivisti. Riteniamo sia giusto ricevere lo stesso trattamento di Simone, considerato che lottiamo per le stesse cause per avere lo stesso futuro”. Ha aggiunto una delle partecipanti.

Siamo l’Ultima Generazione che può fare qualcosa per determinare il futuro dell’umanità. Possiamo determinarlo in meglio, facendo azioni di disobbedienza civile nonviolenta, oppure danneggiarlo irreparabilmente, non agendo e collaborando con chi (come il nostro governo), investendo in combustibili fossili, sta condannando a morte centinaia di migliaia di persone.

Ultima Generazione

Il pm ha nel frattempo ridimensionato la sua richiesta. «Sorveglianza semplice perché il contesto di queste condotte è comunque di limitata offensività». Così il pm di Milano Mauro Clerici, rinunciando alla richiesta della “sorveglianza speciale” fatta dalla Questura di Pavia nei confronti di Ficicchia. Per Ficicchia la questura aveva chiesto l’obbligo di soggiorno. Nel caso della sorveglianza semplice, prevista per soggetti ritenuti “pericolosi”, viene rimarcato l’obbligo di «vivere onestamente e rispettare le leggi». Possono essere aggiunte eventuali altre prescrizioni modulate dal tribunale ma non l’obbligo di soggiorno. La difesa del giovane ha chiesto il rigetto della richiesta della questura di Pavia. I giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano si sono riservati di decidere.

«Al governo abbiamo fatto richieste precise e concrete. I blocchi stradali non sono durati mai più di 20 minuti per evitare grossi disagi. Non abbiamo mai provocato gli agenti facendo solo resistenza passiva sdraiandoci. Questo comportamento estremamente rispettoso sia a livello fisico sia verbale è stato tenuto anche nei musei e in altre azioni, colpendo solo le opere d’arte che avevano veli protettivi e usando vernici lavabili». Ha detto l’attivista.

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Redazione

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