Covid19 e ambiente: la pandemia sta incrementando la consapevolezza ambientale

Una indagine dell’istituto di ricerche BGC ha evidenziato che a fronte della pandemia da Covid-19 il 70% delle persone la propria consapevolezza in tema di rischi per l’umanità intera a fronte dei cambiamenti climatici, con ben il 76% che ritiene le problematiche ambientali equiparabili per impatti a quelle sanitarie. Il 40% del campione analizzato adotterà comportamenti più sostenibili da questo momento in poi.

I timori legati al fatto che la pandemia da Covid-19 avesse messo in secondo piano le priorità imposte dalla lotta ai cambiamenti climatici sembrano fugati con le persone che si dicono più preoccupate di prima delle sfide ambientali alle quali siamo attesi cambiando le nostre abitudini nel segno della sostenibilità. 
Queste le indicazioni di una nuova indagine The Pandemic Is Heightening Environmental Awareness realizzata da BCG, leader globale nella consulenza strategica, su un campione di oltre 3.000 persone a livello mondiale, nella quale oltre il 70% dei cittadini si rivela una maggiore consapevolezza rispetto a prima del Covid-19 sul fatto che le attività umane minaccino il clima e che il degrado dell’ambiente, ritorcendosi proprio sugli stessi esseri umani. Sono oltre tre quarti degli intervistati (76%), coloro che sostengono che i problemi ambientali siano preoccupanti al pari di quelli sanitari.

Nelle nuove consapevolezze delle persone, al primo posto delle loro preoccupazioni sono le malattie infettive evidenziate dal 95% del campione (il 67% è più preoccupato rispetto a prima del Covid-19). Passando ai singoli comparti, ben il 92% delle persone è preoccupata dall’inquinamento atmosferico, il 91% della gestione e della scarsità di acqua, il 90% della distruzione degli habitat naturali, l’89% del cambiamento climatico, con quote in incremento di circa un terzo dallo scoppio della pandemia ad oggi. Incrementa poi anche l’attenzione ai cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità, all’inquinamento del suolo, all’uso non sostenibile di risorse. 

A livello di comportamenti individuali, la crisi Covid-19 li sta modificando con un terzo del campione che sta già applicando con continuità comportamenti “green”, il 25% di più rispetto a prima della pandemia. Ben il 40% degli intervistati poi intende avere comportamenti più sostenibili, consistenti in riduzione del consumo energetico domestico (una realtà per il 50% delle persone), incremento o miglioramento del riciclaggio e del compostaggio (49%), l’acquisto di beni di produzione locale (40%) o quello di prodotti senza plastica monouso (37%). A seguire poi ci sono comportamenti verso l’obiettivo “rifiuti zero”, l’acquisto di meno prodotti confezionati, i viaggi su territori vicini, il cambiamento nelle abitudini di trasporto per ragioni di sostenibilità.

Sul ruolo di imprese e governi poi, nella valutazione dei soggetti in campo nella gestione della pandemia, in testa alle preferenze degli intervistati c’è il personale sanitario, il cui operato è giudicato “buono o eccellente” dall’83% del campione, seguito dalle ONG (54%) e dalle agenzie globali per la salute (54%). Una valutazione meno positiva è quella verso le autorità nazionali, e locali e, in misura ancora minore, delle imprese.
Per la maggioranza del campione (il 54% del totale), ripresa economica e le questioni ambientali dovrebbero avere lo stesso livello di priorità. Per due terzi degli intervistati i piani di ripresa dovrebbero porre le questioni ambientali come priorità. Per l’87% dei cittadini le aziende dovrebbero integrare considerazioni ambientali nei loro prodotti/servizi e nel loro modo di operare, mentre per il 77%, le imprese che usufruiscono di aiuti o sovvenzioni pubblici dovrebbero prendere specifici impegni nei confronti dell’ambiente.

A livello di fasce di età,  l’impegno per la sostenibilità è più vivo tra i giovani, che hanno una maggiore consapevolezza rispetto alle altre generazioni sul fatto che il comportamento personale possa fare la differenza e che chiedono perentoriamente di porre il tema ambientale al centro dei piani di ripresa. A una analisi delle risposte per età, infatti, si evidenzia come il 34% dei 25-34enni è più convinto oggi del fatto che la sua azione personale possa combattere il cambiamento climatico, contro il 19% tra 55-64enni e il 10% tra gli ultra 65enni, il 35% che questa possa proteggere la fauna selvatica e la biodiversità contro il 17% tra i 55-64enni e il 9% tra gli ultra 65enni, il 38% che possa ridurre i rifiuti non sostenibili contro il 20% tra i 55-64enni e il 16% tra gli ultra 65enni. Oltre a ciò, i giovani rivelano maggiore fiducia sulla capacità di risposta alla crisi da parte dei loro governi, chiedendo più delle altre generazioni che le questioni ambientali abbiano la stesse importanza di quelle economiche.

La Redazione di Ecquologia

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