“Chi semina vento raccoglie energia”: nuovo studio di Giovanni Gualtieri (CNR IBIMET), sul prestigioso magazine “Renewable Energy”

E’ sempre un grandissimo piacere dare conto dei nuovi lavori di fraterni amici con i quali ho condiviso bellissime pagine del mio percorso lavorativo e professionale, ma questa volta la gioia è doppia, visto che mi appresto a parlare del nuovo interessantissimo elaborato dell’Ingegner Giovanni Gualtieri, del CNR IBIMET di Firenze.


L’ultimo studio sul potenziale eolico dei siti del caro Giovanni, approda ancora una volta nel prestigioso magazine internazionale “Renewable Energy”. Dico questo anche da momento, che proprio questo grandissimo esperto di anemologia e fraterno amico da molti anni, mi ha dato la gioia, negli anni scorsi, di essere coautore di ben quattro precedenti studi, anche quelli approdati proprio nel prestigioso “Renewable Energy” (vedi post “CNR e FEDI Impianti per lo studio del regime anemologico del Mediterraneo centrale: il tris di pubblicazioni internazionali diventa un Poker“).

Una gioia ancora più grande quella dei quattro studi realizzati insieme a Giovanni, quando, proprio in questi giorni, sono andato a verificare chi li aveva utilizzati nel mondo, attraverso un apposito motore di ricerca di Google e scoprendo che ad utilizzarli sono già stati ben 25 paesi, disseminati in tutti e 5 i continenti.

Ma veniamo al nuovo studio di Giovanni Gualtieri, dal titolo “Surface turbulence intensity as a predictor of extrapolated wind resource to the turbine hub height“, che rappresenta di fatto un pò anche lo sviluppo anche degli studi realizzatiinsieme, ancora una volta di grande rilevanza, per avere sviluppato un calcolo per la previsione di producibilità degli impianti eolici, partendo da più semplici misure di superficie, evitando così alti costi nella progettazione e nella localizzazione dei siti più idonei. Uno studio che esce proprio nei giorni nei quali il vento ha fatto molti danni in una regione come la Toscana, nella quale ha fatto insolitamente grandi danni, ma che rappresenta comunque da sempre anche una grande risorsa energetica.

Lo studio prende spunto dal fatto che “l’intensità di turbolenza (I) di un sito è data dal rapporto tra la deviazione standard della velocità del vento (u) e il valore medio della velocità del vento (v), cioè dalla misura di quanto il valore istantaneo di v si discosti da quello medio“, come spiega lo stesso Giovanni Gualtieri. “In campo eolico è un parametro fortemente critico, in quanto al suo aumentare crescono anche: i carichi sulle turbine, che ne riducono il ciclo di vita, le perdite dell’energia prodotta e l’incertezza nella stima della produttività. Non a caso, tra i requisiti costruttivi cui le turbine in commercio devono ottemperare secondo le norme europee, uno dei più importanti è proprio la resistenza all’intensità di turbolenza del sito a cui sono destinate“. Elemento di svolta del nuovo studio, è costituito dal fatto che per la prima volta in campo eolico, il parametro della turbolenza, è stato trattato come un fattore ‘positivo’.

Come spiega Giovanni, “processando due anni di dati (2012-2013) della torre anemometrica di Cabauw, in Olanda ad altezze comprese tra 10 e 80 m, proprio l’intensità di turbolenza I è risultata fortemente correlata all’esponente del ‘wind shear’, cioè al profilo verticale della velocità del vento. C’è da considerare che, mentre il ‘wind shear’ richiede misure fino ad altezze anche superiori ad 80-100 metri, l’intensità di turbolenza è un dato di superficie per il quale sono sufficienti misure a 10-20 m. In sostanza, il risultato del nostro lavoro consiste nel prevedere l’andamento a quote difficilmente raggiungibili con strumentazione dai costi contenuti a partire da semplici misure a terra: un vantaggio evidente, in fase di progettazione di un impianto eolico“. A seguire due diversi grafici che illustrano alcune elaborazioni  sviluppate nello studio, rispettivamente alle quote di 40 e di 80m, riferite a simulazioni basate su alcuni aerogeneratori di mercato e riferite al sito olandese sotto studio.

Fig. 1. Distribuzione annua di Weibull della velocità del vento osservata a 40 m a Cabauw nel periodo di test (2013) ed estrapolata tra 10 e 40 m usando I10

Fig. 2. Distribuzione annua di Weibull della velocità del vento osservata ad 80 m a Cabauw nel periodo di test (2013) ed estrapolata tra 10 e 80 m usando I10, e tra 20 e 80 m usando I20.

Una nuova  metodologia, quella messa a punto, che ha fornito buoni risultati nel calcolo sia della velocità del vento (v) sia della densità di potenza (P). “Applicato tra le quote di 10 e di 80 m, il metodo ha rivelato errori compresi tra il 4 e 7% per v, e tra il 3 e l’8% per P.Secondo Giovanni Gualtieri, “su una gamma di 15 aerogeneratori tra quelli disponibili in commercio con altezze del mozzo dell’ordine di 40 m, il modello ha fornito un errore nella stima della producibilità energetica tra il 4.1 e il 6.2%Su un set più ampio di 40 turbine con altezze del mozzo a 80 m, l’errore è risultato compreso tra il 6.2 e il 14.5%. Si tratta di risultati di grande interesse a livello applicativo, progettuale ed industriale”.

Che dire, un grande orgoglio davvero per me, quello di vedere andare avanti attraverso il grande Giovanni, un lavoro portato avanti negli anni con immensa passione condivisa anche da me, ed un affinamento di grandissima rilevanza per le fasi di studio e di insediamento di nuovi siti eolici. Un plauso ad un grande ricercatore italiano, che con grande umiltà, passione assoluta e testimonianza umana, insieme ad altri grandi compagni di viaggio, sta tenendo alto il nome del nostro paese nel mondo delle energie pulite.

Sauro Secci

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