Storie di gas: così padre e figlio costruiscono il futuro sostenibile

Pubblichiamo con grande piacere il bell’articolo di Silvia Sitari di “Il Gas Naturalmente“, sulla bella storia aziendale della famiglia del Presidente CIB (Consorzio Italiano Biogas) Piero Gattoni.

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La Corte Cascinazza: storia di un’azienda agricola antica, e di una famiglia, i Gattoni, presenti nella storia di Meleti, nel lodigiano, dagli inizi dell’800. Oggi il padre Carlo, ingegnere, e il figlio Piero, laureato in Economia, hanno un rapporto speciale che deriva da una condivisione di visione e di obiettivi aziendali che, quando è così profonda, assicura il successo dei progetti che si decide di portare avanti, come quello di affiancare all’allevamento di vacche per la produzione di latte – da destinare al “re dei formaggi” cioè il Parmigiano Reggiano – quella del biometano per produrre energia in modo ecosostenibile, con grande attenzione per il futuro della loro azienda e, naturalmente, del loro territorio.

In che modo un’azienda come la vostra ha deciso di produrre biogas, realizzando in pieno l’economia circolare, insieme con l’allevamento di vacche da latte per la produzione di Parmigiano Reggiano, una delle eccellenze del food italiano?

Piero: Lascio raccontare al mio babbo…

Carlo: l’azienda Cascinazza, come terreni, è della famiglia Gattoni dal ‘700, prima in affitto poi in acquisto, ed è sempre stata condotta, salvo un breve periodo, dalla famiglia. Ha sempre avuto bestiame da latte, come un’azienda lodigiana tradizionale. Poi, negli ultimi anni, insieme a me è entrato nella conduzione Piero, e abbiamo iniziato ad introdurre la produzione delle bioenergie.

Come si inserisce nell’azienda, e con quale impatto, la scelta “ambientale” di Piero?

Carlo: Piero è un vulcano di idee nuove e quindi porta continuamente innovazioni. Ma noi abbiamo sempre innovato nella nostra azienda perché anche io sono un appassionato sia per la mia storia e sia perché sono un ingegnere che ha cercato di innovare le tecniche aziendali. Quando Piero ha proposto di orientarci verso il biometano, e prima ancora verso la bioenergia elettrica, gli ho dato tutto il mio supporto. Questo perché ritengo che un’azienda agricola deve saper modificare il proprio modus operandi sia in funzione della salvaguardia dell’ambiente sia in quella dell’efficienza dei costi, dei fabbisogni energetici e degli incrementi produttivi. Così abbiamo deciso di aggiungere questa nuova “grossa vacca nella stalla” perché, alla fine della fiera, l’impianto di digestione anaerobica è un grande rumine che è andato ad integrare altri rumini animali.

Bella l’assimilazione tra l’attività di produrre biogas a quella, core, di produrre latte…

Carlo: Come il rumine dei bovini digerisce tutte le parti che sono degradabili e poi produce energia per far vivere le vacche e fargli produrre il latte, così la digestione anaerobica metabolizza le biomolecole che generano il biogas che, a sua volta, produce energia. Dalla terra, sempre energia viene fuori. Energia che va, da una parte verso l’elettrico e il biometano e, dall’altra, verso il latte e le produzioni animali: è sempre dall’energia che si parte.

Quanto conta il supporto del territorio nella scelta energetica di un’azienda antica come la vostra?

Carlo: E’ davvero molto importante. Ma lascio rispondere Piero…

Piero: conta moltissimo, ed è il motivo per cui la bioenergia in generale, e la generazione di biogas in particolare, è una produzione che ben si sposa con la dimensione media delle aziende italiane. La digestione anaerobica è una tecnologia che anche su scala ridotta riesce ad avere un’efficienza di conversione energetica importante. Il digestore anaerobico in agricoltura, elemento portante per la produzione di biogas, è diventato, oggi, un’infrastruttura strategica perché permette di valorizzare le sottoproduzioni agricole, non solo della nostra azienda ma anche di quelle del contesto territoriale intorno a noi. Tanto più importante è stato il nostro presidio, e il percorso del progetto, quanto più abbiamo condiviso e ci siamo aperti al confronto con le altre realtà del territorio. E consigliamo sempre anche gli altri di comportarsi così riguardo a questi progetti, perché le fasi di comunicazione e di condivisione sono fondamentali per il buon esito delle iniziative.

Il territorio ha capito le ragioni del vostro impegno sull’economia ecosostenibile?

Carlo: inizialmente, come spesso accade, un’iniziativa nuova può generare qualche dubbio, specie se avviene in ambito agricolo, un mondo spesso percepito come tradizionalista. Nel corso degli anni i rapporti con i vicini sono migliorati e, ora, molti guardano all’azienda come una realtà che crea contatti e opportunità anche intorno a sé. Certamente tutte queste iniziative devono arrivare ed entrare nel territorio in maniera equilibrata e in armonia con quello che è già il funzionamento del tessuto produttivo della zona. Dunque innovazione con rapporti buoni ed equilibrati. L’introduzione di nuove idee deve sempre tener conto della storia della zona.

Piero: non abbiamo investito su un pannello fotovoltaico che si monta su un tetto, punto e basta; abbiamo investito su un’iniziativa che va gestita. Queste iniziative possono avere successo se possono contare su una presenza, da protagonista, di tutte le imprese territoriali. Nella nascente bioeconomia un investimento unicamente finanziario è destinato all’insuccesso.

Come si diventa, con il proprio latte, fornitori del Consorzio Parmigiano Reggiano?

Piero: bisogna rispettare un disciplinare di produzione che ha una serie di prerogative e fa sì che questo latte, lavorato e trasformato, diventi poi quel formaggio che è, oggi, il punto di riferimento nella produzione casearia nel mondo: è l’unico formaggio a pasta dura che viene prodotto a lunga stagionatura e senza conservanti. Sono presidente del Caseificio Caramasche, una cooperativa di produzione del basso mantovano, e il sistema Consortile del “Re dei formaggi” è stato una fonte di ispirazione per la crescita del progetto del CIB, il consorzio italiano dei produttori di biogas.

Potete raccontare di un momento particolare, se c’è, nel quale mentre Piero va a stringere accordi con le grandi aziende per il “vostro” biometano, Carlo si occupa della mungitura o del foraggio?

Carlo: Piero, in quanto presidente del CIB deve essere spesso presente ad incontri e trattative importanti che riguardano il biometano e la sua destinazione: qualche settimana fa,mentre lui firmava con Eni un importante accordo alla raffineria di San Nazzaro dei Burgundi, che prevede la fornitura, per il 2022, di 200milioni di metri cubi di biometano da parte delle consorziate CIB, io mi occupavo della semina del mais che quest’anno, data la piovosità più bassa in questa nostra zona padana, si presenta un po’ problematica. Speriamo che con l’estate la situazione migliori, noi prendiamo l’acqua dal fiume Adda… C’è, senz’altro bisogno di essere presenti fisicamente, nel lavoro in campagna, e io continuerò a dare una mano a Piero in azienda anche se, certamente, questa avrà sempre più bisogno della sua presenza. Anche perché la nostra è un’azienda di tipo familiare come peraltro è la realtà per l’agricoltore medio italiano. La presenza molto costante dell’imprenditore è necessaria, giusto Piero?

Piero: Vero, senza il presidio costante di mio padre in azienda non avrei potuto dedicare il tempo necessario a sviluppare un progetto straordinario come quello del CIB. Ma oltre alle questioni gestionali, ritengo sia stato molto importante decidere insieme a papà di investire nella produzione di biogas. È un investimento che sia dal punto di vista del valore ma, soprattutto per la dimensione temporale che tiene impegnata l’azienda, ci ha costretto fin dall’inizio ad avere una comune visione di prospettiva di crescita aziendale. Questo ha in qualche modo permesso ad entrambi di ritagliarci degli ambiti che consentono a me di avere possibilità di poter costruire anche un percorso diverso in azienda. Questa è una delle cose belle di questa tecnologia: permettere anche a chi entra in azienda di potersi confrontare su cose future ma in linea con quelle passate. Questo aspetto aiuta senz’altro il rapporto tra le generazioni, fa in modo che abbiano un filo comune. E, nel nostro caso, anche ad avere dei rapporti, e un tipo di impegno, che non sono molto diffusi ma che hanno origine dall’aver condiviso, prima, un obiettivo comune. Mio padre ed io abbiamo la grossa fortuna di essere complementari nell’ambito delle competenze: per esempio io, davanti ad un quadro elettrico non so dove mettere le mani… E, quando penso ad un impianto per il biometano, la progettazione non posso che farla con mio padre: è lui l’ingegnere!

Articolo originale di Silvia Sitari (sito IlGasNaturalmente)

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