Rifiuti: aumentano le scorie nucleari. Allarme in Piemonte

Il censimento dell’Isin: rifiuti radioattivi saliti a quota 32mila metri cubi. Da Legambiente lettera al governo: è urgente il deposito nazionale (foto di copertina Foto di Dirk Rabe da Pixabay)

L’Isin, l’autorità nazionale per la sicurezza nuclare, ha pubblicato il nuovo censimento delle scorie presenti negli stoccaggi provvisori in Italia nell’anno 2019. Il quadro mostra l’estrema urgenza, da parte dello stato italiano, di creare una rete di deposito nazionale unico, sicuro, controllato. Secondo quanto riportato dal Sole 24 ore, le scorie in un anno sono aumentate di 608 metri cubi, pari a un cubo con i lati lunghi circa 8 metri e mezzo. In tutto ne abbiamo stoccati (fino al decimetro cubo) 31.027,3 metri cubi. Per quantità e volume, fa sapere il Sole 24 ore, la maggior parte dei rifiuti atomici si concentra nel Lazio e in Lombardia, ma gli ingegneri nucleari e gli scienziati alzano il sopracciglio perché quelle accumulate in Lazio sono in gran parte scorie molte voluminose ma a bassissima radioattività; radiografie industriali, puntali di parafulmine, scarti della diagnostica media, rilevatori di fumo. Il caso Piemonte è invece diverso: nella provincia di Vercelli, riporta il Sole 24 ore, si addensa una concentrazione molto alta di impianti nucleari a forte intensità tecnologica e con materiali ad alta radioattività. Anche la Legambiente del Piemonte è intervenuta in merito, scrivendo una lettera ai ministri dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e dell’Ambiente, Sergio Costa, chiedendo loro di pubblicare la carta dei luoghi adatti a ospitare il deposito nazionale. 

Ordinati per variazione, in base a quanto riportato dal Sole 24 ore, nel 2019 sono aumentati i rifiuti radioattivi stoccati in Emilia Romagna (da 3mila a 3.272 metri cubi), Basilicata (da 3.215 a 3.362), Piemonte (da 5.506 a 5.605), Lombardia (da 6.060 a 6.147) e in Campania (da 2.965 a 2.968 metri cubi). Invece è scesa un poco la quantità di rifiuti radioattivi detenuti in Lazione e soprattutto in Puglia perché la Sogin, la Spa pubblica di simissione del nucleare, è intervenuta e ha cominciato a smantellare un deposito abbandonato per anni a Taranto nel disastroso capannone della Cemerad a Statte. 

Ma la regione di gran lunga più radioattiva è il Piemonte. Una concentrazione di impianti è fra Saluggia e Trino, in provincia di Vercelli, con una centrale nucleare spenta, gli impianti della Livanova, quelli dell’Eurex, il reattore sperimentale Avogadro e altre installazioni; e a poche decine di chilometri ecco gli impianti di Bosco Marendo e il deposito di Tortona (Alessandria). Il settore è però sulla scia di una evoluzione tecnico- normativa: grazie ad un nuovo sistema informatico di acquisizione dei dati relativi a produzione e stoccaggio,  fa sapere il Sole 24 ore, dal 2021 sarà possibile disporre di informazioni ancora sempre più precisa e soprattutto in tempo reale sulla produzione e movimentazione dei rifiuti radioattivi. 

Link articolo originale di Affari Italiani

Redazione

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