Organico e accumulo di energia: ecco le batterie ricaricabili che si ispirano alle foglie

Quando parliamo di energie rinnovabili e di nuovo modello energetico alla luce delle nuove tecnologie e delle nuove frontiere di ricerca ed innovazione si tratta spesso di riscoprire le nostre origini ripercorrendo le modalità di funzionamento alla base dell’esistenza delle forme di vita sul nostro pianeta.

Le tecnologie “organiche”, che si richiamano per esempio a processi alla base della vita sul pianeta come la fotosintesi clorofilliana, sono alla base di una branca tecnologica del fotovoltaico (vedi post “Fotovoltaico di terza generazione: il colorante organico raggiunge l’efficienza del silicio“).

Un nuovo interessante impulso in questo ambito è quello che arriva dalla ricerca applicata alle batterie ricaricabili, legata alla struttura vascolare che si trova all’interno delle foglie delle piante potrebbe essere alla base della soluzione per migliorare le prestazioni delle batterie ricaricabili oltre che di una lunga lista di dispositivi elettrici. Si tratta di una nuova linea di ricerca dell’Università di Cambridge, dove un team di ricerca internazionale, con scienziati provenienti da Cina, Regno Unito, Stati Uniti e Belgio, sta alla realizzazione di collaborando alla realizzazione nuovi materiali per il trasferimento efficiente dell’energia, grazie ai principi della biomimetica, cioè di quella branca biotecnologica che effettua uno studio consapevole dei processi biologici e biomeccanici della natura come ispirazione per il miglioramento delle tecnologie delle attività umane, in un contesto che vede la natura come “modello”, “misura” e come “guida” per la progettazione di oggetti e dei manufatti tecnici.

L’ispirazione del lavoro di ricerca è identificabile nella “legge di Murray” che aiuta gli organismi naturali a sopravvivere e a crescere. Si tratta di una legge secondo la quale l’intera rete di pori esistenti su scale diverse nei sistemi biologici è interconnessa in modo da facilitare il trasferimento di liquidi, minimizzando la resistenza in tutta la rete stessa. I tronchi di un albero o le sue nervature, ad esempio, riescono così ad ottimizzare il flusso di nutrienti per la fotosintesi con una alta efficienza ed un minimo consumo energetico.

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