Ogm in Friuli, no grazie!

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Il nome è già il programma: Coltivare Condividendo. Sono un gruppo di agricoltori biologici nato nella provincia di Belluno che da qualche anno girano le piazze dei paesi esponendo semi e prodotti di antiche coltivazioni.


(www.coltivarcondividendo.blogspot.com). La loro missione è salvare la biodiversità, la fertilità dei suoli, le tradizioni e il paesaggio agricolo. Lo fanno con la zappa: promuovono la conservazione e lo scambio di semi, li donano a chi vuole “adottarli” e riprodurli, aiutano quanti iniziano un lavoro nel campo, nel frutteto, nell’orto anche solo ad uso di sussistenza, si scambiano informazioni, saperi, buone pratiche.

Ormai sono più di centoventi i coltivatori coinvolti in una rete di relazioni che si allarga nelle provincie vicine. Per fare un esempio, hanno scovato e selezionato più di quaranta varietà di fagioli e cento di mele. Sapori, profumi e tempi di maturazione diversi per diversi tipi di terreni e di esposizioni, oltre che di palati! Uno slogan spiega la loro filosofia: “I semi non sono delle multinazionali sementiere, non sono dei governi, non sono nemmeno dei contadini. I semi sono dei bambini”.

Per essere più chiari, Tiziano, uno degli iniziatori del gruppo, ci dice: “Il futuro è nella salubrità dell’ambiente e del cibo”. Un modello di agricoltura che funziona e piace (il biologico è l’unico comparto produttivo in crescita occupazionale) ma deve difendersi dalla violenta invasione della agricoltura industrializzata che desertifica i suoli, espelle le aziende familiari, inquina, distrugge la tipicità dei luoghi oltre che quella delle piante, provoca quello “spaesamento culturale” di cui si dispiaceva il poeta Andrea Zanzotto.

Inevitabile, quindi, l’impegno contro il pericolo che viene dall’introduzione di sementi (per ora solo il mais della Monsanto) geneticamente modificate che hanno iniziato a “coltivare” in Friuli. Sabato 1 febbraio sarà mobilitazione generale in tutto il Triveneto assieme ad Altra Agricoltura, Civiltà Contadina, European Consumers, Aiab, cooperative come El Tamiso, Gruppi di acquisto solidale come Biorekk, associazioni ambientaliste e per la Decrescita. Denunciano le assurde politiche dell’Unione europea che, in nome di un malintesa libertà, autorizza le aziende a seminare Ogm (che poi contaminano per impollinazione le coltivazioni vicine), concede brevetti sull’uso di semi ibridati alle multinazionali (è già capitato ad un broccolo e ad un peperone), ma impedisce con normative capestro l’uso e la commercializzazione dei semi che i contadini si producono in proprio.

Si fronteggiano due concezioni del mondo che interessano anche i cittadini consumatori: l’agricoltura rurale, integrata, ecosistemica e l’agroindustria controllata da cinque companies che trasformano gli agricoltori in salariati agricoli, riducono le varietà vegetali, omologano il paesaggio.

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Oggi la giustizia russa ha accusato di teppismo/vandalismo (o meglio di hooliganismo, nemmeno fossero ultras della Dinamo Mosca)  26 membri dell’equipaggio su 30 della nave di Greenpeace  Arctic Sunrise. Lo ha confermato a Ria Novosti Mikhail Kreindlin, l’avocato russo messo a disposizione dei suoi attivisti da Greenpeace.  Ieri anche all’attivista italiano Cristian D’Alessandro è stata formalizzata l’accusa di vandalismo.

«Le accuse sono state portate contro altre 9 persone , portando a 26 il numero dei membri dell’equipaggio incolpati di questo delitto», ha spiegato Kreindlin, sottolineando che l’accusa non ha ritirato ancora le accuse di pirateria che pesano  sui militanti ambientalisti, arrestati il 18 settembre dalla Guardia costiera di frontiera russa mentre tentavano di scalare una piattaforma petrolifera di Gazprom nel Mar della Pecora.

Secondo il Comitato d’inchiesta russo il comportamento dei militanti di Greenpeace ha messo in pericolo la vita di chi lavorava sulla piattaforma Gazprom. Vladimir Tchuprov, direttore del programma Artico di Greenpeace Russia, ha risposto che «Le azioni dei militanti di Greenpeace nel Mar di Pecora non possono costituire una minaccia per la vita delle persone che lavorano sulla piattaforma petrolifera Prirazlomnaia. Questa accusa che era stata formulata all’inizio. E’ evidente che le azioni dei militanti ecologisti non possono né perturbare il funzionamento della piattaforma, né costituire una minaccia per la vita del suo personale. Essendo Greenpeace un’organizzazione non violenta, i suoi militanti sono i soli a rischiare la loro salute e la loro vita durante azioni come quella. I militanti di Greenpeace seguono una formazione specializzata prima di prendere parte a manifestazioni di questo genere. Apprendono a comportarsi senza ricorrere alla violenza, ad escludere ogni minaccia ed ad evitare i rischi per gli altri. Questo è il primo principio applicato da Greenpeace durante le sue azioni. L’esperienza dimostra che I militanti ecologisti sono I soli ad esporsi al pericolo. Le operazioni di Greenpeace non hanno mai fatto una sola vittima nel mondo. Le forze dell’ordine non possono non saperlo».

Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, sottolinea che «Le autorità russe hanno formalizzato l’accusa di vandalismo, senza ancora far decadere quella di pirateria come annunciato, ma la sostanza non cambia: la detenzione dell’equipaggio di Greenpeace e dei giornalisti e il sequestro della nave è del tutto illegittimo. Se l’accusa di pirateria si è rivelata inconsistente, quella di vandalismo oltre ad essere ugualmente assurda, mai comunque avrebbe dato il diritto di abbordare la nave di Greenpeace in acque internazionali».

Intanto l’Olanda ha deciso di portare il caso Russia-Greenpeace davanti al Tribunale internazionale del diritto del mare (Itlos), previsto dalla Convenzione Onu sul Diritto del Mare (Unclos) e la prima udienza è fissata ad Amburgo per il 6 novembre. La Russia, pur avendo sottoscritto l’Unclos, ha detto che non parteciperà al processo e non accetterà le decisioni del Tribunale.

Greenpeace fa notare che «Se la Russia dovesse davvero rifiutare la decisione del Tribunale, il risultato sarebbe una crisi generale del Diritto Internazionale ben oltre i limiti della questione tra Russia e Olanda. Il principio della libera navigazione in acque internazionali, che è alla base del diritto marittimo, sarebbe seriamente compromesso. Dal giorno dopo, infatti, chiunque può inventarsi accuse di pirateria come hanno fatto le autorità russe, abbordare e sequestrare chi vuole e poi rifiutare il giudizio del Tribunale internazionale».- See more at: http://www.greenreport.it/news/comunicazione/russia-contro-greenpeace-hooliganismo/#sthash.NnWIIQBP.dpuf

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