“Mal’aria 2018″ di Legambiente: urgono misure perentorie

Puntuale come ogni anno a fine inverno, anche quest’anno il rapporto di Legambiente Mal’Aria 2018 – “L’Europa chiama, l’Italia risponde?”, non smentisce purtroppo il suo prefisso “Mal”, ritornandoci ancora una volta una sconsolante fotografia della situazione dell’inquinamento atmosferico nelle nostre aree urbane.

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Il rapporto è stato presentato proprio alla vigilia del vertice di Bruxelles sulla qualità dell’aria al quale hanno partecipato i ministri dell’ambiente, rivolto agli otto paesi in procedura di infrazione, tra cui l’Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito e fortemente voluto dalla Commissiona Europea che in questi giorni ha lanciato anche un ultimatum al nostro paese, chiedendo misure perentorie al ministro dell’ambiente Galletti rispetto alle misure sin qui pianificate dal nostro paese in materia di inquinamento atmosferico. In assenza di misure concrete vi sarà il rinvio alla Corte di giustizia europea con inevitabili e salatissime multe per l’Italia.

Venendo al rapporto Mal’aria 2018, scaricabile in calce al post dal sito di Legambiente, si evidenzia come, nel 2017 siano ben 39 i capoluoghi di provincia italiani dove è stato superato in almeno una stazione ufficiale di monitoraggio di tipo urbano, il limite annuale di 35 giorni per le polveri sottili PM10, con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metro cubo. Una classifica che vede le città del compromesso bacino padano ad occupare le prime posizioni, per la particolare e penalizzante collocazione orografica e condizioni atmosferiche particolarmente penalizzanti per la diluizione degli inquinanti, con Frosinone, prima città del centro/sud, al nono posto.  

Sui 39 capoluoghi che hanno superato gli sforamento giornalieri su base annuale (2017) di PM10, ben cinque di essi hanno oltrepassato addirittura la soglia dei 100 giorni di smog:

  • Torino (postazione Grassi): 112;
  • Cremona (Fatebenefratelli): 105;
  • Alessandria (D’Annunzio): 103;
  • Padova (Mandria): 102;
  • Pavia (Minerva): 101 giorni.

Subito a ruota sulla soglia delle 100 giornate di sforamento di PM10, abbiamo anche Asti (Baussano) con 98 giorni e Milano (Senato) con 97 giornate, Venezia (Tagliamento) 94; Frosinone (Scalo) 93; Lodi (Vignati) e Vicenza (Italia) con 90.

Sono poi 31 le città che hanno superato i limiti sia per le polveri sottili PM10 che per l’ozono troposferico nel 2017, sono 31 quelle che risultano fuori legge per entrambi gli inquinanti. Sommando i giorni di mal’aria respirata dai cittadini nel corso dell’anno solare, la speciale classifica che esce fuori vede questa “black list” guidata da Cremona con ben 178 giorni di inquinamento rilevato (105 per le polveri sottili e 73 per l’ozono); Pavia 167, Lodi, Mantova e Monza seguono a pari giornate con 164 giorni di inquinamento totale e a seguire Asti (162), Milano (161) e Alessandria (160).

Si tratta di aree dove vivono 7 milioni di abitanti i quali, in pratica, hanno respirato polveri e gas tossici e nocivi circa un giorno su due nel peggiore dei casi (Cremona), al massimo uno su quattro nel caso di Biella che chiude la classifica con 87 giornate

Una parte del rapporto si concentra sul confronto con i dati degli altri Paesi europei, dal quale emerge come le principali città italiane si pongano tra le più critiche a livello di inquinamento atmosferico. Il focus ha analizzato le medie annuali di PM10 di 20 grandi città di Italia, SpagnaGermania, Francia, e Regno Unito (dati 2013), cinque delle nazioni a rischio infrazione. I valori peggiori di concentrazione media annuale di polveri sottili (PM10) si registrano proprio in Italia, con Torino (39 μg/m3), Milano (37) e Napoli (35), che primeggiano tristemente su città europee come Siviglia, Marsiglia Nizza. Roma si colloca al settimo posto insieme a Parigi, con una concentrazione media annua di 28 μg/m3, seguono gli altri centri urbani europei con valori di gran lunga più bassi.

Il nuovo rapporto Mal’Aria 2018 fornisce inoltre un quadro dettagliato sulle emissioni in atmosfera su scala nazionale dai diversi tipi di settori, determinando l’apporto di ciascuno di essi per ogni tipologia di inquinante, grazie al lavoro svolto annualmente da ISPRA. Si tratta di stime basate su coefficienti di emissione a scala nazionale, che possono assumere geometrie molto variabili e pesi diversi dei singoli contributi, a seconda della situazione in cui ci troviamo. Un approfondimento in cui si evidenzia il grande peso del comparto trasporti per quella grande famiglia di inquinanti costituita dagli ossidi di azoto, che ha differenza di inquinanti come l’SO2, strettamente correlato con la percentuale di zolfo sui combustibili, ambito su cui si è lavorato molto in questi anni, è legato invece ai complessi meccanismi della combustione interna dei motori, con particolare riferimento alle motorizzazioni diesel (vedi post “Biossido di azoto (NO2): l’inquinante che non passa mai “di moda”) Altri ambiti emissivi di grande rilevanza anche quelli relativi alle emissioni di ammonica da parte del comparto agricolo, anch’esso alla ricerca di nuovi modelli ispirati anche al recupero di di antiche pratiche in chiave moderna.

Fonte: Mal’Aria 2018 di Legambiente-ISPRA

Nel rapporto si rileva come ad esempio i motori di auto, camion e motorini inquinano molto meno di venticinque anni fa (nell’epoca degli Euro 0), ma comunque ancora molto di più di quanto dichiarato dalla legge e dalle prove di omologazione svolte dai diversi stati produttori. Si tratta di una constatazione  che si traduce di fatto in una sottostima delle emissioni dal comparto dei trasporti. Lo scandalo Dieselgate, proprio in questi giorni arricchito da nuovi inquietanti episodi ha fatto cadere il velo, pone la massima priorità di azione per i governi che non possono più fare finta di non vedere.

Scarica il Rapporto “Mal’Aria 2018” di Legambiente https://www.legambiente.it/sites/default/files/images/malaria_2018.pdf

Sauro Secci

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