Conferenza nazionale sul biometano di Legambiente: 12000 nuovi posti di lavoro

Dopo essere divenuto sicuramente il comparto trainante tra le agrienergie nell’ultimo decennio, nel più complessivo mosaico delle fonti rinnovabili in Italia, quello degli impianti biogas e degli impianti di digestione anaerobica, oltre che per la produzione di energia elettrica e termica, si sta proponendo sempre di più per la produzione di biometano a fronte della completa definizione del quadro normativo nazionale.

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Un ambito quello del biometano che può far liberare completamente un altro enorme potenziale in aggiunta a quello delle aziende agricole, costituita dalla valorizzazione della FORSU (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani), che vede proprio l’Italia in pesante ritardo a livello comunitario e con situazioni locali pesantissimi soprattutto in certi ambiti del meridione. Oggi in Italia sono attivi solo sette impianti a biometano, sei dei quali costituiti da strutture di tipo dimostrativo, a fronte di un potenziale producibile al 2030 che potrebbe raggiungere gli 8,5 miliardi di metri cubi di cui 0,5 da rifiuti, escludendo l’immenso potenziale da discarica difficile da stimare. A fare il punto sullo scarso utilizzo di questa risorsa in Italia e sulle sue grandi potenzialità, la Prima Conferenza nazionale sul biometano “La nuova frontiera del biometano: sviluppo, prospettive e opportunità per l’Italia” tenutasi a Bologna lo scorso 6 febbraio 2017, organizzata da Legambiente insieme con Assorinnovabili e il patrocinio della Regione Emilia Romagna  presso CNR Area della Ricerca, dove sono state approfondite le prospettive e le opportunità dello sviluppo del biometano, definito dall’articolo 2 del decreto legislativo 28/2011 (decreto “rinnovabili”) come “gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all’immissione nella rete del gas naturale”. Un settore che, a distanza di oramai tre anni dalla firma del primo decreto sul biometano, il grande potenziale del settore risulta ancora praticamente inespresso. Un ritardo che ha pesantemente rallentato lo sviluppo di filiera, determinato dalla incompletezza del quadro legislativo, che dovrebbe finalmente definirsi con il decreto biometano bis.
La giornata che si è posta l’obiettivo di fare il punto con stakeholders e addetti ai lavori sullo stato dell’arte e il ruolo delle bioenergie nel contesto del nuovo modello energetico nazionale e in quello più complessivo della bioeconomia europea, dal quadro normativo sul biometano e sui suoi sottoprodotti, al funzionamento degli impianti di produzione di biogas e biometano, come quello di Pinerolo (vedi post “Ippocampo” “Un modello di ESCO applicato all’ambito dei rifiuti: l’esempio del polo ecologico di Acea Pinerolese“) e quello di compostaggio di Finale Emilia. Una giornata nella quale Legambiente, tra i sostenitori e sottoscrittori della Piattaforma Biometano, promossa dal Consorzio Italiano Biogas per sottolineare non solo l’importanza energetica di questa risorsa, ma anche il suo determinate contributo in diversi settori solo apparentemente lontani tra loro, con benefici socio economici e ambientali.

Secondo le stime del CIB (Consorzio Italiano Biogas), da sempre organizzazione di avanguardia del settore, lo sblocco del biometano, determinerebbe la nascita di 12mila nuovi posti di lavoro solamente nel settore del trattamento rifiuti, gestione discariche e nel ciclo degli impianti agro industriali.

Possibile catena di approvvigionamento per stazioni di servizio LNG e bio-LNG (Fonte Piattaforma biometano”)

Significativa durante l’evento bolognese la presa di posizione di Legambiente con il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani, il quale ha spiegato che “la produzione di biometano è un anello fondamentale per il corretto trattamento dei rifiuti biodegradabili nell’ambito del nuovo scenario dell’economia circolare europea. A tal proposito, è fondamentale costruire impianti di digestione anaerobica, in particolare nel centro sud Italia che ne è ancora sprovvisto”. Proseguendo Ciafani precisa anche che “questi impianti sono, purtroppo ancora poco noti e molto osteggiati ed è fondamentale attivare adeguate campagne d’informazione. Anche il settore agricolo può dare il suo contributo, tenendo conto però dell’efficienza dell’uso del suolo, dando priorità agli scarti agricoli e alle biomasse di integrazione rispetto alle colture dedicate. Migliorando la propria competitività sul mercato, il biometano può contribuire a ridurre significativamente le emissioni del settore agricolo che in Italia rappresentano oltre il 7% delle emissioni complessive di gas climalteranti”.
Una annotazione è dedicata infine fa Ciafani ad iniziative di avanguardia come “Biogasfattobene” promosso dal CIB, sottolineando che “il biometano “fatto bene”, prodotto nel rispetto della biodiversità e dell’uso dei suoli agricoli, può rivestire un ruolo fondamentale nella strategia energetica del nostro Paese e sul fronte della lotta al mutamento climatico. Una grande opportunità per rendere più sostenibile il consumo di energia domestica e industriale ma anche la mobilità, per ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la gestione dei rifiuti. Per questo motivo, Legambiente è tra i sostenitori e sottoscrittori della Piattaforma Biometano, promossa dal Consorzio Italiano Biogas, per sottolineare non solo l’importanza energetica di questa risorsa, ma anche il suo importante contributo in diversi settori apparentemente lontani tra loro, con benefici ambientali e socio economici”. Secondo Ciafani infine “la possibilità di sfruttare le infrastrutture esistenti per la distribuzione del biometano, come la rete gas che attraversa il nostro Paese è un aspetto particolarmente interessante di questo biocombustibile in quanto dà la possibilità di utilizzarlo facilmente e subito nella copertura dei fabbisogni domestici. E necessario, però, completare definitivamente il quadro normativo che ancora oggi vieta l’immissione del biometano in rete, pratica oramai consolidata invece da molti anni in diversi paesi europei. Anche l’autotrazione ne beneficerebbe, perché il biomentano potrebbe essere utilizzato nei camion per trasporto merci di lunga percorrenza, in sostituzione del gasolio, ben più inquinante”.

Un comparto da sviluppare, davvero cruciale per il nostro paese, che presenta il parco veicoli a metano più grande in Europa, composto da poco meno di un milione di veicoli tra autobus, autocarri per trasporto merci, autoveicoli e autovetture, trattori stradali e motrici.

Sauro Secci

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