Sistemi di accumulo di energia: c’è pure il calcestruzzo

Il mondo dello stoccaggio di energia si sta arricchendo ogni giorni di nuovi sistemi e questa volta ad essere protagonista è un materiale, come il calcestruzzo, seppur tristemente nella cronaca di questi giorni dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova. (fonte immagine di testata Energy Vault – Quartz)

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Si tratta di un nuovo sistema di accumulo di energia messo a punto da una start-up svizzera, la Energy Vault, che si basa sullo sfruttamento della forza di gravità e che ha recentemente realizzato un impianto dimostrativo. Alla base della tecnologia di accumulo della startup elvetica il sollevare e poi il riportare a terra pesanti blocchi di calcestruzzo, attraverso una gru gestita con un algoritmo in grado di decidere quando spostare i singoli pezzi.

Una storia, quella della apparentemente bizzarra idea della startup svizzera, raccontata da un reporter di Quartz, Akshat Rathi (vedi l’articolo completo), il quale si è recato a Biasca, in Svizzera, dove è stato realizzato l’impianto dimostrativo appena entrato in funzione, dopo circa 9 mesi di lavoro ed un investimento di poco inferiore di 2 milioni di dollari.

L’impianto dimostrativo ha le dimensioni di circa un decimo rispetto a quello che dovrebbe essere un impianto di scala commerciale, che dovrebbe essere dotato di una gru dell’altezza di 120 metri con sei bracci, circondata da centinaia di cilindri di calcestruzzo del peso unitario pari a 35 tonnellate, impilati uno sull’altro secondo una suddivisione in gruppi diversi.

L’animazione algoritmica consiste nell’innalzare i cilindri con i diversi bracci, quando c’è un eccesso di elettricità disponibile sulla rete, come per esempio quando impianti eolici e fotovoltaici producono più energia di quella richiesta in una certa fascia, creando così una torre uniforme di blocchi intorno alla gru. Conseguentemente l’energia in eccesso, invece di essere sprecata, serve per “caricare” il sistema di energy storage, alla stessa stregua di quello che avviene da anni in una delle prima forme di accumulo di energia come il pompaggio idroelettrico.

In sostanza, in presenza di domanda di energia accumulata precedentemente da parte della rete perché la disponibilità delle fonti rinnovabili non riesce a coprire la domanda, i bracci della gru calano i blocchi di cemento dalla torre, posandoli nuovamente al suolo. Tutto questo con i motori elettrici della gru i quali, in questo frangente, non consumano più kilowattora essendo alimentati dall’energia cinetica dei blocchi che scendono verso terra, alla stessa stregua della caduta dell’acqua la quale, dopo essere stata pompata da valle a monte, alimenta di nuovo le turbine elettriche nelle centrali di pompaggio.

L’impianto dimostrativo realizzato dispone al momento di una gru dell’altezza di 20 metri con uno solo dei sei bracci previsti dal progetto, capace di sollevare blocchi di 500 kg, quindi ancora molto lontano dalla capacità di accumulo complessiva prevista dal sistema finale, ipotizzato per l’accumulo da 20 MWh, sufficiente per coprire i consumi di circa 2.000 abitazioni svizzere per un intero giorno.

Sulla carta, a detta dei promotori del progetto, si tratta di una tecnologia che, se realizzata su scala più vasta con impianti di maggiori dimensioni, potrebbe arrivare a competere con le tecnologie di accumulo basate sul litio in termini di costi, collocandosi intorno a 150 dollari per kWh, una valutazione da considerarsi in un contesto di un calo notevole dei prezzi degli accumulatori al litio nei prossimi anni, fino a circa 100 $/kWh.

Un rafforzativo significativo del nuovo progetto proposta dalla società svizzera, è quello legato ad approcci di economia circolare, potendo utilizzare un mix di materiali edili di scarto oltre al calcestruzzo e la maggiore durata, con costi minimi di manutenzione dell’intero sistema, parlando almeno di 30 anni, sopratutto se rapportata alla vita utile delle batterie, che vanno incontro a un decadimento temporale significativo  delle prestazioni.

Tra gli aspetti critici della nuova progettualità, la necessità di terreno libero per la costruzione dell’impianto, con l’esigenza di un piazzale di circa 100 metri di diametro per una soluzione di taglia industriale da almeno 20 MWh di capacità. 

Un altro fronte di sviluppo nell’ambito del sempre più variegato fronte delle tecnologie di accumulo di energia che vedremo già dai prossimi mesi se saranno capici di superare la fase prototipale per presentarsi come nuova opzione commerciale in questo strategico ambito dei sistemi energetici.

La Redazione di Ecquologia 

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