Mobilità elettrica: lotta sulla standardizzazione dei connettori tra continenti

Sono passati alcuni mesi da quando l’Europa ha deciso il proprio standard relativamente al connettore da utilizzare nella ricarica pubblica di mezzi elettrici, quella relativa alle postazioni di ricarica esterne, puntando sul connettore Mennekes Tipo 2


, oggi anche con la variante di protezione con contatti a ghigliottina, che è divenuta, da gennaio scorso, la soluzione standard raccomandata per tutto il continente.

Una scelta scaturita da tre candidati, all’interno dello standard IEC 62196-2, vale a dire il

Tipo 1 monofase e 7.4 kW, il

Tipo 2 mono- o trifase e 22-43.5 kW e il

Tipo 3 in tre sottovarianti per ricarica mono-, bi- e trifase, 43.5 kW e protetto da cappuccio contro contatti accidentali.

La Commissione Europea ha fatto ricadere la sua scelta sul connettore Tipo 2 di Mennekes (vedi immagine a destra), approvato dall’associazione costruttori automobilistici europei (ACEA) e già adottato, tanto per le vetture quanto per le colonnine di ricarica, in Paesi chiave del mercato europeo come Germania, Italia e Regno Unito, che sino ad oggi non riusciva a soddisfare i requisiti della Francia che prescrivevano anche la presenza di un coperchio capace di assicurare la protezione meccanica contro contatti accidentali non solo “a prova di dito” (classificazione IPXXB) ma anche a prova di inserimento di un filo da 1 mm di sezione (classificazione IPXXD).

Una soluzione che si è potuta sbloccare solo dopo che Mennekes, a fine 2012, ha introdotto una nuova variante della sua presa, dotandola di una protezione contatti “a ghigliottina” che rimanndo comunque retrocompatibile con le altre tre varianti del Tipo 2, permette il collegamento o scollegamento agendo con una singola mano, senza necessità di rimuovere o riposizionare alcun cappuccio e riuscendo così a rispondere anche ai prerequisiti di protezione richiesti dalla normativa francese.

sitstema di ricarica chademoUn equipaggiamento completato anche dalla presenza di due canali di scolo per il drenaggio della condensa e dell’eventuale acqua ricevuta sotto forma di spruzzi. Notevolissima anche la robustezza del connettore maschio, quello che rimane sulla postazione fissa di ricarica, senza parti in movimento e particolarmente robusto, essendo capace di resistere anche al passaggio della ruota di un’automobile. Inoltre, un sistema di protezione esclude la tensione sui contatti fino a quando la concomitanza di diverse condizioni simultanee non dimostra l’avvenuta inserzione del connettore nella presa.

Fuori dal vecchio continente però sono i giapponesi e l’Americana Tesla che hanno ancora da dire la loro, specificatamente su connettori e sistemi di ricarica in “modalità 4”, quella ad alto amperaggio in corrente continua, non rassegnandosi ha recepire lo standard multimodale europeo unificato per la ricarica di veicoli elettrici.

In particolare, fuori dall’Europa, non si  vuole assolutamente abbandonare lo standard CHAdeMO (vedi immagine a destra), che rappresenta ancora oggi, lo standard più diffuso per la ricarica rapida in corrente continua e l’unico già installato in un gran numero di installazioni in una qualunque area geografica, con una consolidata esperienza in campo e grazie alla adozione da parte di diverse Case automobilistiche oltrechè da diversi produttori di infrastrutture di ricarica (vedi post IBIL spagnola).

Originale poi la posizione di Tesla che sta difendendo il proprio standard con l’obiettivo di mantenersi in vantaggio rispetto alla concorrenza relativamente ad autonomia e velocità di ricarica essendo sufficienti 20 minuti di carica per 3 ore di viaggio.

Infatti, il costruttore americano non trovando sistemi di ricarica capaci di garantire l’amperaggio necessario e ne ha sviluppato uno internamente (vedi immagine a sinistra), implementato oggi nelle speciali aree di ricarica Supercharger Tesla, che sono nate in alcuni tratti autostradali Usa, a partire dagli stati atlantici, e che sbarcheranno presto anche in Europa, come emrso nel corso dell’ultimo Salone di Ginevra.

Un limite del diffuso connettore CHAdeMO è la sua potenza di ricarica non al top – 62.5 kW (125A su 500V) contro i 120 kW di Tesla Supercharger. Dal canto suo, il SAE J1772 combo può raggiungere i 100 kW (500V e 200A). Tuttavia, secondo CHAdeMO, la maggior parte dei gestori di rete elettrica nel mondo concorderebbero nel ritenere ragionevole assestare sui 50 kW il livello massimo a cui tendere per quanto riguarda la potenza erogabile da parte di una colonnina di ricarica. Se davvero così fosse, l’attuale standard CHAdeMO, con il suo limite di 62,5 kW, sarebbe adeguato.

tesla supercharger stazione di ricarica e pluginPer il lungo termine il consorzio che sostiene CHAdeMO, pur ammettendo che probabilmente l’evoluzione tecnologica di batterie e caricatori permetterà di salire a 100 kW, quando ciò accadrà, lo standard CHAdeMO potrà adeguarsi senza stravolgimenti alla sua geometria, rendendosi necessarie eventualmente modifiche al materiale di conduttori e isolatori.

Un altro aspetto spesso criticato del connettore CHAdeMO standard riguarda però proprio la sua scarsa praticità, a causa di dimensioni non indifferenti, di un aspetto poco ergonomico, goffo e spigoloso e di un sistema di fissaggio scomodo, particolari sicuramente non di poco conto. A questo stanno lavorando aziende come Sumitomo e Yazaki, che hanno realizzato connettori speciali in conformità alle specifiche CHAdeMO ma decisamente di utilizzo più pratico di aspetto più gradevole.

Uno sforzo che vede gli aderenti al consorzio CHAdeMO al lavoro con il forte appoggio di Nissan nell’obiettivo di estendere la vita e il successo commerciale di questo standard fuori dai confini dello stato del Sol Levante.

Sauro Secci

per Ecquologia.com

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