L’incostituzionalità e il danno degli attacchi retroattivi al fotovoltaico

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Dinamiche e risultati della discutibile politica sulle energie rinnovabili del governo Renzi.


Prendo 10 minuti del vostro tempo per spiegarvi cosa sta succedendo almeno per quel poco che capisco io.

Comincio con la fine: giovedi scorso a un gruppo di banche è stato mostrato da funzionari del MISE una bozza di provvedimento che intendono mettere in campo prima delle elezioni europee. Si tratterebbe di un taglio del 20% dei contributi alle rinnovabili a fronte di una spalmatura su 27 anni invece di 20 anni come attualmente previsto. Una misura simile a quella già varata da Zanonato, ma questa volta obbligatoria.

Illustrerò dopo gli effetti di un provvedimento del genere. Fatemi dire qualcosa sulla sua genesi.

Sono 2 anni che al MISE si parla di un potenziale taglio retroattivo sulle rinnovabili modello spagnolo. Sono 2 anni che gli esperti giuridici lo sconsigliano perché incostituzionale (le aziende rinnovabili hanno in mano un contratto ventennale firmato con il GSE, la convenzione, e rimangiarselo farebbe la fortuna degli avvocati e esporrebbe lo stato a ricorsi miliardari).

Proprio non potendo toccare le tariffe in questi 2 anni il settore delle rinnovabili è stato bombardato da misure alternative (es. raddoppio dell’IMU, applicazione degli oneri di sbilanciamento, applicazione di una tassa ad-hoc per pagare i costi del GSE, la Robin-Hood tax del 10% addizionale sull’IRES, il dimezzamento dei prezzi del ritiro dedicato, la circolare dell’agenzie dell’entrate che impone l’ammortamento in 25 anni invece che in nove, la tassazione speciale del 25% per le imprese agricole che fanno fotovoltaico, l’obbligo di riaccatastamento e variazione della rendita per le famiglie che costruiscono un impianto fotovoltaico sul loro tetto, etc. etc. e potrei continuare a lungo purtroppo). Tutte queste misure di contorno si aggiungono chiaramente al passaggio dei 5 conti energia che hanno via via tagliato gli incentivi fino ad azzerarli. Oggi la redditività dei progetti è fortemente depressa. Quasi dimezzata rispetto a quella originaria.

Vorrei farvi anche riflettere che anche per effetto delle rinnovabili il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso (PUN) è crollato dai 70 Euro a MWh del 2008 a circa 45 Euro a MWh di marzo 2014, stiamo parlando di una riduzione pari a circa il 35% del prezzo in 6 anni. Direi un bel contributo per l’utente elettrico che paga la bolletta ogni mese. Per l’abitante del pianeta che gode dei benefici ambientali basti pensare che nella settimana di Pasqua 2014 il 50% dell’energia prodotta nella borsa italiana era di fonte rinnovabile! Pulita e rispettosa delle generazioni a venire.

In questo quadro arriva la famosa televendita di Renzi del 12 Marzo 2014. Ricordate le slide? Una di quelle pagine prometteva “taglio del costo dell’energia elettrica del 10%” Pensate forse che ci fosse una strategia dietro? No questo slogan elettorale si abbatte come un fulmine a ciel sereno sui funzionari del MISE e del MATT (i ministeri deputati alle materie in oggetto: Sviluppo Economico e Ambiente), nonché sulle teste dei funzionari dell’Economia. La domanda che si fanno è: “adesso dove li prendiamo questi soldi?”
Nel frattempo Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni aveva circolato via Twitter un suo paper sulla possibile manovra di “spalmatura” degli incentivi alle rinnovabili su un orizzonte più lungo.

Come scrivevo il 17 febbraio 2014 l’istituto Bruno Leoni pubblica un paper nel quale ripropone l’idea del taglio retroattivo alle rinnovabili (http://www.brunoleoni.it/ nextpage.aspx?codice=14897).

Il pezzo crea un dibattito molto forte fra esponenti delle associazioni ambientaliste, Assoelettrica ed esperti di settore. Già in quei giorni la nota di Alessandro Visalli (http:// tempofertile.blogspot.it/2014/02/note-di-lettura-sul-paper-dellistituto.html) ripresa anche dallo stesso Stagnaro e da Iacopo Giliberto aveva chiarito moltissimi dei gravi limiti della proposta di taglio retroattivo. Limiti sia ben chiaro che erano noti da anni a tutti gli addetti ai lavori.

In questo quadro nelle settimane dopo la televendita di Renzi nelle stanze dei ministeri si agitano per trovare un modo per dare concretezza alle promesse di riduzione del taglio della bolletta promessa dal primo ministro. Nonostante le proposte per ridurre le bollette non manchino di certo: a) innanzitutto far si che la grande discesa del prezzo dell’energia all’ingrosso si scarichi sui prezzi pagati dai consumatori invece di rimanere a beneficio del margine delle società venditrici di energia (che oggi pagano l’energia 45 Euro a MWh e la rivendono ai clienti mediamente a 80 Euro a MWh facendo un margine di quasi il 100%), ridurre gli oneri impropri in bolletta (es. sconto alle FS, sconti agli energivori, costi per lo smantellamento del nucleare che ormai è fermo da un trentennio ma continuiamo ancora a pagarlo con moneta sonante, etc. etc.) guarda caso l’interesse dei tecnici del ministero dove va a cadere? esattamente sulla proposta criticatissima dell’Istituto Bruno Leoni di cui sopra.

E’ qui parte un lavoro segreto e inconfessabile. Talvolta affiora qualche segnale inquietante di questo lavoro sotterraneo tipo la ministra Guidi che in televisione a Porta a Porta ricorda che entro maggio (del resto con le elezioni europee il 25 maggio sembra che il tempo si fermi dopo il quinto mese dell’anno) ci sarà un provvedimento importante che taglierà il costo della bolletta cosi come promesso nella televendita. A questo punto si riprendono in mano al ministero i ragionamenti rifatti mille volte, i pareri degli esperti e i conti condivisi con le banche. Ci si rende conto che i problemi tecnici sono enormi, innanzitutto le banche. Sempre loro le banche.

E’ importante ricordare che il sistema bancario italiano ha finanziato le rinnovabili con qualcosa che vale una cinquantina di miliardi di euro di finanziamenti strutturati a medio e lungo termine. Per dirla in un altro modo se giochi con le tariffe in maniera goffa scateni una sorta di olocausto del credito che con una reazione a catena spazza via il sistema bancario.Insomma con le banche, come sempre bisogna andarci con i piedi di piombo. Per questo vengono convocate in una riunione giovedi per anticipargli il provvedimento e tastargli il polso.

La loro reazione è stata negativa. Hanno spiegato che gran parte dei finanziamenti andrebbe nel cosiddetto “default tecnico” perché non rispetterebbero più molti parametri obiettivo (es. fra tutti il DSCR il rapporto fra cash flow e rata non si rispetta se tagli la tariffa del 20%), inoltre molti impianti non possiedono i terreni oltre il ventesimo anno quindi allungare gli incentivi a 27 anni è inutile perché non ci sarebbe il titolo legale per fare altri 7 anni di produzione. Insomma un ginepraio di corrette obiezioni. Peraltro su problemi che nel ristretto mondo degli addetti ai lavori sono già stati affrontati almeno 15 volte e sono ben noti a tutti. In un quadro del genere un decisore politico attento si ferma e cerca altre soluzioni. Un decisore populista invece, che intende nascondere dietro la retorica del “riformismo ad ogni costo” la sua pochezza cosa fa? Rilancia con un muscolare azzardo a spese della collettività

Fatemi fare alcune considerazioni sui devastanti effetti su un provvedimento come il ventilato decreto “spalma-rinnovabili” obbligatorio:

1. Si lederebbe il principio costituzionale di non retroattività violando unilateralmente le convenzioni GSE firmate dai titolari degli impianti esponendo lo stato a una massa di ricorsi per decine di miliardi. Non mi metto a calcolare il danno erariale potenziale e i costi legali per tutti i provvedimenti (stiamo parlando di decine di migliaia di impianti);

2. Si perderebbe gettito per lo stato in una misura di almeno 500 milioni di euro, infatti il 20% di tariffa rinnovabile (1,5 miliardi di euro) è la parte dei ricavi che fa si che le società rinnovabili arrivino in utili e paghino le imposte. Con il taglio le aziende rinnovabili chiuderebbero tutte in perdita e lo stato non incasserebbe più né IRES, né IRAP. Come scrivevo prima si tratterebbe di un minore gettito di non meno di 500 milioni di Euro all’anno. Come si finanzierebbero queste mancate entrate con nuove tasse? Ai danni si aggiungerebbero altri danni. Il risparmio per le famiglie sarebbe quindi del tutto esiguo perché al risparmio in bolletta seguirebbe un incremento dell’imposizione fiscale per mantenere in equilibrio il bilancio dello stato;

3. Ennesima perdita di credibilità internazionale agli occhi degli investitori stranieri che vedrebbero il nostro paese come ancora una volta inaffidabile nel medio-lungo periodo con non troppo difficili da immaginare impatti sullo spread e sulla capacità dell’Italia di attrarre nuovi investimenti dall’estero;

4. Mazzata per il sistema bancario che si ritroverebbe qualcosa come 50 miliardi di crediti o in sofferenza o incagliati o comunque con rating abbassato. Questo costringerebbe inevitabilmente le banche a ridurre il credito nei confronti degli altri settori per poter rispettare le regole di Basilea III che prevedono che ci sia una quantità di capitale proprio allocato per ogni ammontare di crediti di bassa qualità. Insomma la mazzata dalle rinnovabili si trasferirebbe al credito e dal settore finanziario propagherebbe a domino su tutta l’economia;

5. Gli investitori prevalentemente italiani nonostante ciò che si legge sulla stampa si ritroverebbero a perdere il loro capitale investito in questi ultimi 5 anni. Stiamo parlando di almeno una cinquantina di miliardi di euro che volerebbero in fumo. Vogliamo immaginare gli effetti depressivi di una simile ecatombe finanziaria? Se non vogliamo leggerla con le lenti dell’equità perlomeno cerchiamo di essere realisti e di comprendere che sarebbe un shock altamente negativo per la nostra economia oltre che per il nostro diritto;

6. Ultima ma non ultima naturalmente l’occupazione degli addetti a questa importante filiera produttiva. Senza soldi come si pagano li stipendi? Con un simile massacro degli investitori chi pagherà per nuovi impianti? Come si pagheranno i ricambi, le manutenzioni e tutti i servizi accessori con cui vivono oggi alcune decine di migliaia di lavoratori italiani?

La vera domanda è perché tutto questo?

Perché si vogliono scatenare i 6 effetti terribili elencati sopra per ridurre le bollette di pochi euro al mese quando imponendo alle società di vendita di energia di adeguare il costo delle forniture al nuovo prezzo all’ingrosso dell’energia si potrebbero far risparmiare agli utenti italiani qualcosa come 10,5 miliardi di euro all’anno? Si avete letto bene, infatti 35 Euro a MWh (la differenza fra il costo dell’energia al dettaglio pari a 80 Euro per MWh e il costo dell’energia all’ingrosso pari a 45 Euro per MWh) moltiplicato per 300.000.000 di MWh (il consumo italiano di energia) vale circa 10,5 miliardi di Euro ossia 9 volte di più dei tagli proposti alle rinnovabili. Io non posso che concludere con una domanda classica: cui prodest?

Massimo Sapienza

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