Il metano: se ne può veramente fare a meno?

Pur avendo appena acquistato una piccola auto elettrica usata, di cui vado molto fiero, e che ricarico con il mio fotovoltaico, sto convertendo anche il mio vecchio diesel 1600cc, che ha fatto solo 100.000 km, in dual-fuel a metano perché ritengo che questa sia oggi e per i prossimi anni la scelta ecologicamente più giusta.

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Sento la necessità di ribadire la mia preoccupazione nel leggere articoli come quello del mio amico Mario Agostinelli su Il Fatto Quotidiano che propongono un programma di decarbonizzazione che da subito esclude il gas naturale.

Pur sentendo l’urgenza di agire subito, non posso non considerare la dura e cruda realtà del fabbisogno energetico del paese, sia in termini di quantità di energia che in termini di costi, e le questioni di eccesso di impronta ecologica che si porta dietro la scelta ideologica del tutto elettrico subito, di cui ho già parlato in un mio articolo recente su Ecquologia.

Le argomentazioni che usualmente vengono utilizzate contro il gas sono le seguenti:

  1. Le rinnovabili (solare ed eolico) sono ormai così economiche e così sviluppate che non c’è necessità di proseguire ad utilizzare il gas.
  2. Pur emettendo molta meno CO2 in fase di combustione rispetto al carbone ed agli idrocarburi il metano è un gas serra molto potente e le sue emissioni possono diventare una seria minaccia per il pianeta.

E’ vero, sono stati fatti passi da gigante nell’area delle rinnovabili, ma un recente studio pubblicato da Snam e Terna prova, attraverso un dettagliatissimo modello di simulazione dei consumi energetici italiani, che anche nello scenario di massima spinta sullo sviluppo delle rinnovabili elettriche al 2040, non si potrà fare a meno di utilizzare il gas per soddisfare la nostra fame di energia.

Riportiamo una sintesi eloquente dello studio nei due scenari alternativi:

  • Snam: Volto ovviamente ad ottimizzare l’utilizzo delle reti elettriche e del gas in modo sinergico;
  • Terna: Volto ovviamente a massimizzare lo sviluppo e l’utilizzo della rete elettrica.

In entrambi gli scenari al 2040 il gas avrà comunque un peso rilevantissimo nel mix energetico:

  • Dal 32% al 38% sugli utilizzi finali e nel mix di produzione elettrica
  • Dal 34% al 39% sul mix di produzione di energia elettrica

Che piaccia o meno alla nostra “pancia”, al di là dell’auspicabile sviluppo delle rinnovabili elettriche, dovremo convivere ancora per molto tempo con il gas.

Peraltro non dimentichiamo che per gestire la stagionalità dell’erogazione dell’energia da fotovoltaico (principale fonte futura di rinnovabili) non esiste ad oggi una tecnologia di batterie applicabile.

Attenzione!! Sto dicendo stagionale ovvero non si può immagazzinare l’energia prodotta in estate per consumarla in inverno e viceversa.

Per esempio l’ambizioso scenario Terna al 2040 spinge il solare da 26 GWh a 100 e l’eolico da 18 GWh a 56 con la capacità di accumulo in evoluzione dagli attuali 7 GW a circa 19 utilizzando ulteriori bacini idrici (5 GW) e ben 7 GW di batterie per il demand response. 

I costi per realizzare tali livelli di accumulo saranno nell’ordine di una mezza manovra finanziaria ma è giusto sostenerli, ma nonostante tutto, sarà ancora necessario il 39% di gas nel mix di produzione elettrico ed il 32% nel mix delle fonti per utilizzi finali.

Proprio per questo, invece di attaccare il gas, gli ambientalisti pensanti si muovono per capire come decarbonizzarlo. Ed ecco una serie non esaustiva di modalità:

  1. Il biometano: Pur essendo una risorsa scarsa (potenziale del 10-12% del consumo gas) se utilizzato esclusivamente nell’area dei trasporti (soprattutto dove i veicoli a batteria non sono applicabili) può contribuire insieme ai veicoli a batteria a de carbonizzare in modo sostanziale il traffico veicolare, soprattutto quello su gomma).
  2. L’idrogeno verde: Si tratta di idrogeno prodotto per elettrolisi dell’acqua per esempio utilizzando gli eccessi non utilizzabili di rinnovabili elettriche (che nel futuro saranno decine di GWh…).
  3. L’idrogeno blu: Si tratta di idrogeno prodotto da metano evitando di emettere in atmosfera il carbonio. Al di là del tanto criticato storage della CO2 ci sono tecnologie già su scala industriale che permettono di estrarre l’idrogeno dal metano “lasciando a terra” del carbonio grafitico (CH4 à 2H2 + C) che sarebbe un materiale molto più semplice da gestire ed utilizzare rispetto alla CO2.
  4. Il metano di sintesi: Avendo idrogeno disponibile in grandi quantità, questo può essere utilizzato per catturare CO2 trasformandola in metano (1 molecola di anidride carbonica  + 3 molecole di idrogeno producono una molecola di metano e due molecole di acqua). Anche in questo caso le tecnologie sono già disponibili.

Si noti che mentre il biometano è una risorsa scarsa da focalizzare su utilizzi specifici, l’idrogeno verde, quello blu ed il metano di sintesi possono essere prodotti in quantità industriali senza grossi limiti.

I detrattori del gas affermano spesso che non sia possibile utilizzare la nostra rete gas per trasportare idrogeno, questo però non è completamente vero.

La nostra rete gas può già gestire percentuali interessanti di idrogeno (10-20%) con pochi accorgimenti, ma se da oggi tutte le manutenzioni e gli sviluppi venissero effettuati con tecnologia “hydrogen ready”, al 2050 avremo una rete pronta a trasportare 100% idrogeno.

Peraltro anche la rete elettrica non è oggi pronta per il futuro decarbonizzato e necessiterà di investimenti ben più ingenti per diventarlo.

Visto quanto sopra rimane da smarcare la questione della pericolosità delle emissioni di metano.

La vera domanda da porsi è la seguente: Ma le emissioni di metano derivate dall’estrazione e l’esercizio delle reti del gas sono evitabili, o si tratta di un male che dobbiamo digerire?

La risposta si trova consultando i numeri: Nella comunità europea l’11 % delle emissioni di gas serra sono attribuibili al metano che a sua volta ha origini naturali (40-45%) o antropogeniche (55-60%). Tra le origini antropogeniche l’industria del gas pesa il 6%…Quindi il peso dell’industria del gas sulle emissioni di gas serra in Europa è il 6% dell’11%, cioè solo lo 0,6% ed addirittura in Italia, Snam è arrivata a pesare solo lo 0,18%.

Perché così poco? Perché l’industria del gas europea già da anni adotta standard di altissimo livello che possono e devono essere diffusi a livello globale.

Oltre agli standard di innovazione, giova ricordare che non stiamo parlando di fracking e delle altre pratiche devastanti di questo tipo, non attuate nel continente europeo e sulle quali io ho già proposto, assieme ad Ecofuturo, di inserire accise penalizzanti.

Per concludere:

  1. Non ha senso demonizzare il gas, ma piuttosto, come più volte indicato da ARERA, occorre massimizzare le sinergie di sviluppo coordinato tra sistemi elettrico e gas.
  2. Occorre spingere da subito per far partire la decarbonizzazione del gas (biometano per autotrasporti ed idrogeno in rete da subito).
  3. Occorre imporre a livello globale le best practice di gestione delle emissioni di metano europee ed italiane.

Fabio Roggiolani

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