I costi del degrado ambientale nel mondo: un nuovo report del WWF

I costi del depauperamento delle risorse ambientali ed il degrado degli ecosistemi nel mondo, questo il tema alla base di un nuovo report sviluppato dal WWF, in collaborazione con Global Trade Analysis Project e Natural Capital Project, nel quale è stato sviluppato un nuovo modello per elaborare l’incidenza dei danni ambientali sulle economie di ben 140 Paesi del mondo e dal quale emerge un quadro assai sconfortante.

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Nel nuovo report si evidenzia il depauperamento delle risorse naturali da parte dell’uomo che sta progressivamente deteriorando gli habitat naturali, con compromissione degli ecosistemi essenziali, la riduzione degli stock ittici, l’incremento di fenomeni di deforestazione e riduzione del numero di impollinatori. Le stime sul conto dei danni alle risorse naturali ammontano alla astronomica cifra di ben 10mila miliardi di dollari.

Entrando nel dettaglio del nuovo report, vengono riportati i primi risultati del progetto Globale Futures, avviato dal WWF in collaborazione Global Trade Analysis Project e Natural Capital Project elaborati attraverso un innovativo modello sviluppato per il calcolo dei costi della perdita di natura e di biodiversità in 140 paesi, nell’ambito di tutti i settori chiave dell’industria, attraverso l’analisi di sei diversi servizi ecosistemici cruciali forniti dalla natura come:

  • fornitura di acqua;
  • fornitura di legname;
  • popolazione ittica;
  • impollinazione delle colture;
  • protezione da inondazioni, mareggiate ed erosione;
  • stoccaggio naturale del carbonio.

Come anticipato in premessa, davvero poco confortanti i risultati scaturiti, dal momento che ipotizzando uno scenario “Business-as-Usual”, senza sostanziali modificazioni della rotta attuale, in mancanza di nuove politiche e strategie di protezione, il degrado ambientale potrebbe ridurre l’apporto di questi servizi ecosistemici, facendo registrare un calo dello 0,67 per cento del PIL globale annuale entro il 2050, equivalente ad una perdita annuale di 479 miliardi di dollari.

Nel rapporto sono previsti anche significativi aumenti nei prezzi delle principali materie prime come il legname (+8%), cotone (+6%), semi oleosi (+4%) e frutta e verdura (+3%), determinati dalla significativa perdita dei benefici naturali da parte dei settori agricoli mondiali. Ad essere maggiormente esposti a tali dinamiche saranno ancora una volta i paesi più poveri, rendendo ancora più precaria la situazione per milioni di persone in economie già oggi molto vulnerabili.

In tale quadro aree del pianeta come l‘Africa, l’Asia centrale e alcune parti del Sud America sarebbero messe a dura prova dalle conseguenze del degrado ambientale, maggiormente esposte alle variazioni dei prezzi, dei livelli commerciali e di produzione. Nel quadro complessivo però anche le economie più sviluppate dovranno prepararsi a registrare ingenti perdite economiche, dal momento che paesi come Stati Uniti, Giappone, Australia e Regno Unito sarebbero maggiormente esposti a fenomenologie come inondazioni ed erosione su terreni agricoli e infrastrutture costiere, andando incontro ad ingenti perdite.

Non ultima tra le notizie preoccupanti è rappresentata dal fatto che il nuovo studio presenterebbe un quadro decisamente sottostimato rispetto alle perdite globali. Infatti, come ha spiegato il direttore dell’economia sostenibile del WWF da Karen Ellis, in una intervista a The Guardian, le stime elaborate sono “molto conservative“, con i governi dovrebbero aspettarsi impatti ben più molto più gravi. Lo stesso Ellis ha infatti dichiarato che “Lo studio ha esaminato solo sei servizi ecosistemici, quindi la crisi è quasi sicuramente sottovalutata. I costi reali sono probabilmente molto più elevati, ma si tratta del primo tentativo di fare una valutazione completa, quindi è ancora una stima preliminare”.

Link per scaricare il nuovo report “GLOBAL FUTURES – ASSESSING THE GLOBAL ECONOMIC IMPACTS OF ENVIRONMENTAL CHANGE TO SUPPORT POLICY-MAKING”

La Redazione di Ecquologia 

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