Fotovoltaico su tetto: l’autoconsumo annienta le fossili. E’ l’era dei prosumers

Al 2040 la metà dell’energia elettrica sarà generata nello stesso luogo in cui poi viene utilizzata. In due parole, autoproduzione e autonsumo. E’ il frutto di una serie di considerazioni provenienti dall’Australia, che, riassunte in una frase, significano che il solare ha vinto. Non c’è competizione.


IL PREZZO DELL’ENERGIA – Per parecchi giorni, nel Queensland, si è registrato un dato da record: il prezzo dell’energia ha avuto il segno “meno”, con prezzi che, da 40-50 sterline a MWh, sono scesi attorno allo 0. La spiegazione è che negli ultimi tempi l’autoproduzione ha toccato livelli molto elevati, soprattutto incarnata da impianti fotovoltaici installati sui tetti della zona.

Non è così inusuale il segno negativo, ma si registra spesso la notte, quando le persone dormono e la domanda di energia elettrica chiaramente scende. In questi casi, gli operatori dei generatori a carbone non chiudono, pagano altri per raccogliere la loro produzione. Di sicuro questa situazione non è tra quelle che si tende a prevedere nelle ore della giornata. I prezzi durante il giorno riflettono l’elevata domanda di energia elettrica, che deriva dalle attività quotidiane di famiglie e aziende. Non a caso, è durante il giorno che gli impianti di produzione alimentati con fonti fossili racimolano la maggior parte del loro guadagno.

LA DIFFUSIONE DEGLI IMPIANTI SU TETTO – Stiamo parlando di oltre 350 mila edifici che producono di fatto energia proprio nelle ore del giorno in cui gli impianti tradizionali guadagnavano di più (quando c’è il sole). Inutile dire che l’impatto sui prezzi è notevole, al punto che lo scorso anno in Australia questo si è tradotto nella mancanza di profitti per i vecchi impianti, compresi quelli statali come Stanwell.

MA C’E’ UN PROBLEMA – Non è però tutto rose e fiori. Il problema è che i costi si alzano quando parliamo di reti di distribuzione, di vendita ai clienti finali e di tasse. E questo è proprio il motivo che ha spinto le persone a dotarsi da sé di un impianto, facendolo installare sul proprio tetto. Persone, ma anche grandi imprese.

COMPETIZIONE – Immaginiamo che i benefici del calo del prezzo dell’energia si riflettano sulle bollette di tutti gli australiani. A quel punto improvvisamente diventerebbe gratuita o quasi anche l’energia degli impianti tradizionali: potrebbero competere? No. Ma, soprattutto, secondo gli analisti, la tendenza porta a concludere che non c’è speranza di business nel prossimo futuro per le fonti tradizionali.

Innanzitutto, sono molte le zone dell’Australia in cui è meno costoso dotarsi di impianti fotovoltaici e di sistemi di storage piuttosto che pagare gli elevati costi della distribuzione. Sta di fatto accadendo proprio questo, ma la tendenza non si limita alle zone rurali, si espande invece fino alle grandi città. L’energia in eccesso prodotta non viene pagata molto per essere immessa nella rete, ma in ogni caso può appunto essere immagazzinata.

Per la banca d’investimenti UBS questo scenario sarà quello che vedremo al 2018. Non solo. Il Future Grid report della CSIRO prevede che la metà dell’energia elettrica al 2040 sarà prodotta e immagazzinata proprio dai cosiddetti “prosumers”, là dove poi verrà utilizzata.

IL PARADOSSO ITALIANO – Intanto, dall’altra parte del mondo l’autoconsumo viene fortemente penalizzato. Parliamo proprio del nostro Paese, l’Italia, dove il decreto Taglia bollette (con lo spalma incentivi) raccoglie soltanto critiche, al punto che gli investitori stranieri sono passati all’attacco e hanno dato il via ad una serie di ricorsi. il DL 24 giugno 2014 n. 91 non piace a nessuno: spalma gli incentivi e tassa l’autoconsumo, che invece, come dimostrano casi come quello australiano, è il vero propulsore della transizione energetica, verso un’economia low carbon.

Sono eloquenti le parole di Pietro Colucci, presidente e ad di Kinexia, nel suo editoriale apparso su GreenBiz:

La cosa passata inosservata, ma ancora più grave e di cui nessuno parla, è che il Governo ha previsto un “codicillo” che riguarda l’autoproduzione e l’autoconsumo, per cui le imprese che producono energia da fonti rinnovabili e la autoconsumano, in realtà pagheranno gli oneri di sistema, con una tassa che oggi è al 5%, ma che un domani verrà affidata all’Autorità per l’energia che, secondo le esigenze del mercato, tasserà chi autoconsuma l’energia che autoproduce. E’ paradossale che una famiglia o un’impresa, sganciata dalla rete e autonoma nella produzione e nel consumo di energia da fonti rinnovabili, debba pagare gli oneri di sistema, rendendo di fatto non più profittevole questo tipo di operazione.Questo è un ulteriore danno allo sviluppo delle fonti rinnovabili, che nelle Smart Grid e nelle Smart Cities avevano le loro ragioni ideali di esistere, così come gli incentivi dovevano servire a sviluppare un settore che ha investito in tecnologia proprio in questo comparto”.

Per Alessandro Visalli, coordinatore operativo Free, la rivoluzione in atto è evidente:

Si tratta di una rivoluzione del mercato energetico. Si passa dalla confezione industriale alla sartoria di massa. Una direzione comune a tutto l’occidente. Strumenti come i SEU (Sistemi Efficienti di Utenza), previsti da specifiche Direttive Europee, rendono possibile produrre energia ed autoconsumarla senza dove sottostare agli ingenti costi di sistema della rete elettrica nazionale”.

In ogni caso, siamo ai limiti del paradosso: una famiglia che decide di dotarsi di un sistema proprio di autoproduzione utilizzando fonti rinnovabili finisce per pagare gli oneri di sistema, quindi non è più conveniente. Tutto questo, appunto, mentre il mondo parla di generazione distribuitadeep decarbonizationsistemi di accumulo e smart cities.

FONTE | Greenbiz

Articoli correlati