Fotovoltaico in perovskyte: ancora significativi progressi

L’ambito del fotovoltaico in perovskyte è senza dubbio uno dei più promettenti tra le tecnologie non basate sul silicio. Si tratta di un ambito di sviluppo che sta registrando promettenti prospettive anche nel più ampio universo dell’economia circolare, come nel caso della ricerca del MIT, dove è stata utilizzata per la produzione di moduli fotovoltaici dal riciclo di batterie automobilistiche esauste (vedi post “Economia circolare: celle fotovoltaiche dal riciclo di batterie automobilistiche“), avvicinandosi oramai alla definitiva consacrazione commerciale.


A determinare tutto questo la risoluzione delle ultime limitazioni, legate ad efficienza e durata, in un quadro che le vede nettamente più economiche, rispetto alle tecnologie che fanno capo al silicio, con efficienze di conversione della luce solare che hanno superato il 22 per cento. Ultimo elemento da abbattere è quello legato alla stabilità di tale tipologia di celle, nonostante la messa in campo di diverse soluzioni tecnologiche di fabbricazione, con una degradazione delle stesse che ha continuato a vanificare qualsiasi incremento di efficienza conseguito.
La consacrazione commerciale per un buon prodotto fotovoltaico richiederebbe una garanzia di 20-25 anni con un calo nella resa inferiore al 10 per cento, corrispondente, in un test di invecchiamento accelerato standard, a rimanere sotto il 10 per cento di perdita nell’efficienza di conversione per almeno 1.000 ore.

Una soluzione interessante in questa direzione è quella che arriva dal Politecnico di Losanna (EPLF), dove il Laboratorio Mohammad Khaja Nazeeruddin in collaborazione con Michael Grätzel e la società Solaronix, ha sviluppato un nuovo tipo di cella denominata cella solare ibrida 2D/3D di fotovoltaico in perovskite. Si tratta di una soluzione che coniuga la maggiore stabilità dei cristalli bidimensionali con forme 3D, capaci di assorbire efficientemente la luce nell’intero spettro del visibile trasportando cariche elettriche, permettendo, come spiega il team di ricerca svizzero, la fabbricazione di celle solari efficienti e ultra-stabili.

Il nuovo ibrido 2D/3D consegue al momento un rendimento dal 12,9 per cento con architettura a base di carbonio, spingendosi al 14,6 per cento utilizzando materiali mesoporosi, dotati cioè di pori di dimensioni comprese tra i 2 e i 100 nm. Un autentico successo i primi test effettuati, con gli scienziati che hanno costruito un pannello solare di 10 cm2 attraverso un processo di stampa su scala industriale, con le celle solari hanno evidenziato un’efficienza costante dell’11,2 per cento per oltre 10.000 ore senza alcun degrado prestazionale. Il lavoro di ricerca è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista Nature Communications, scaricabile di seguito, rappresenta un passaggio fondamentale per la produzione di fotovoltaico in perovskite a un livello commerciale.

Sauro Secci

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