Fotovoltaico: è in Sardegna la serra più grande del mondo. Ma è polemica sulla manodopera

Le green economy, ripetiamo e ci sentiamo ripetere spesso, sarà la soluzione per uscire dalla crisi e dare lavoro a oltre 1 milione di persone solo in Italia. Ma è sempre così? Pare di no, o non del tutto almeno, stando a quanto apparso sulla stampa sarda in merito alla costruzione della più grande serra fotovoltaica al mondo, che verrà inaugurata presto a Villasor, nella provinca del Medio Campidano.


Sui giornali si legge infatti che delle 250 persone a lavoro in questi giorni per ultimare la struttura, che sarà presentata al pubblico mercoledì, solo una quarantina sarebbero sardi. Un progetto monumentale la cui realizzazione, però, pare sia frutto di manodopera soprattutto straniera (spagnola in particolare), a discapito della popolazione locale che in questa idea ha creduto e investito, vendendo ad una grossa multinazionale i propri terreni.

L’impianto si estende infatti su ben 26 ettari di terreno agricolo nella zona di Su Scioffu ed è stato realizzato dalla Twelve energy, una società di capitali nella quale sarebbero presenti come soci gli statunitensi della General Electric e gli indiani della Mbcel (Moser Baer Clean Energy Limited). Continuiamo ad usare il condizionale perché, in realtà, i lavori sono coperti da una sorta di “silenzio stampa” fino all’inaugurazione vera e propria e, quindi, le voci che circolano sono affidate agli abitanti di Villasor, ma non provengono da fonti certe.

Il progetto dovrebbe comunque essere costituito da oltre 84 mila pannelli in grado di produrre 20 megawatt di energia all’anno. I terreni sottostanti la struttura fotovoltaica rimarranno coltivabili e verranno presumibilmente affidati alle cooperative agricole del Basso Campidano, con priorità per quelle di Villasor. In totale si stima che l’impianto darà lavoro a massimo 40 persone, una volta messo a regime. Secondo la stampa, infatti, il fatto di costruire una serra fotovoltaica non sarebbe dovuto alla volontà di coniugare le energie rinnovabili con le pratiche agricole, ma solo alla necessità di aggirare le leggi regionali che impongono che la costruzione di impianti di tale portata avvenga solo nelle zone industriali.

Ma quanto, di questo enorme investimento, entrerà nelle tasche comunali di Villasor? Molto poco, stando ad alcune indiscrezioni: appena 40 mila euro all’anno e per questo c’è già chi parla di una svendita scriteriata dei terreni. Ma, al contrario, sul web si trovano anche opinioni differenti, come quelli di un utente che afferma di lavorare nel cantiere e sostiene che “noi sardi siamo almeno 100 e non 30 o 40”, giustificando la manodopera straniera con il fatto che occorressero operai specializzati e che l’appalto per i lavori fosse di portata europea.

Ora, la domanda è: se è vero che dobbiamo trarre dalla green economy il maggior vantaggio economico e occupazionale possibile, siamo però in grado – in Italia – di garantire manodopera specializzata in questo settore? E possono, le nostre aziende o cooperative, confrontarsi con quelle straniere in gare d’appalto milionarie e in lavori altamente tecnici e all’avanguardia? Di chi è, insomma, la colpa se nella cittadina di Villasor e nei comuni limitrofi solo pochi fortunati potranno godere degli effetti di questa gigantesca serra?

Non rimane che attendere mercoledì, per capire le reali proporzioni dell’opera e le ricadute attese (o promesse) sul territorio sardo, uno dei più danneggiati dall’attuale crisi economica, con una percentuale di disoccupati tra le più alte d’Italia.

Eleonora Cresci

FONTE : Greenbiz.it

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