Forni pirolitici a basse emissioni: ecco “Biochar Plus”, un nuovo progetto di cooperazione internazionale per far meglio “respirare” l’Africa

L’Africa è un continente verso il quale, noi cittadini delle civiltà evolute dobbiamo davvero molto, per aver pagato un prezzo pesantissimo a quello stesso modello di sviluppo che oggi, proprio nei paesi più sviluppati del vecchio continente, sta palesando tutte le sue inadeguatezze rispetto alle più profonde esigenze dell’uomo, in un contesto continuo ed assoluto di insostenibilità.


Un progetto triennale di cooperazione internazionale davvero originale, per cercare di dare un piccolo contributo, migliorando la situazione ambientale e sociale dei Paesi africani, è indubbiamente “Biochar plus”.

Si tratta di un progetto guidato dall’Università di Udine e cofinanziato dall’Unione europea per l’utilizzo di fonti sostenibili di energia da biomasse finalizzato alla riduzione delle malattie dell’apparto respiratoriograzie all’uso, da parte delle popolazioni rurali, di fornelli pirolitici a basse emissioni nocive, utilizzanti combustibili alternativi al legno, in grado di evitare così la deforestazione ed i cui residui possono divenire ammendanti per migliorare la qualità dei suoli.

Si tratta appunto del cosiddetto “biochar“, un termine di recente introduzione, un neologismo indicante il carbone di legna, specificamente quello ottenuto dalla pirolisi della biomassa (vedi figura comparativa seguente).

Molti e qualificati i partner dell’iniziativa, come l’Organizzazione delle Nazioni unite per lo sviluppo industriale (Unido), l’Unione africana (Ua) e il Centro di ricerca per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica (Ecreee) della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas).

biochar

Uno strumento fondamentale per il raggiungimento contestuale degli obiettivi di miglioramento della salute delle popolazioni, contribuendo nel contempo alla salvaguardia delle foreste e aumentando la produttività agricola, è rappresentato dalla stufa pirolitica “Elsa Stove”, sviluppata dall’Università di Udine con il progetto Bebi (link sito), che ha visto impegnati oltre all’ateneo udinese, il CNR IBIMET, con uno dei massimi esperti di carbone vegetale (biochar) come il Professor Franco Miglietta, e organizzazioni di molti paesi africani. In virtù delle sue caratteristiche, la nuova stufa pirolitica “Elsa Stove”, permette proprio di agire sui tre diversi fronti della sostenibilità:

  • Sanitario: grazie alle basse emissioni pericolose a differenza delle stufe a legna;
  • Ecologico: con l’utilizzo di combustibili vegetali residuali alternativi senza intaccare le foreste;
  • Economico: per la capacità della stufa di produrre carbone vegetale (biochar), un concimante naturale che aumentando la fertilità del suolo ostacola la desertificazione.

Come dicevo, ampio il coinvolgimento attivo di tutti gli attori, pubblici e privati, dei molti Paesi africani coinvolti come destinatari diretti nell’iniziativa, con in testa Etiopia, Ghana, Sierra Leone, Togo, Zimbabwe, in prima linea per sostenere la nascita di filiere locali di produzione dei fornelli pirolitici, facendosi così promotori di un autonomo processo di sviluppo socio-economico. Paesi africani nei quali il fuoco acceso, bruciando normali biomasse all’interno delle capanne senza canna fumaria per riscaldarsi o cucinare,come fa del resto circa il 50% della popolazione nel mondo,  rilascia all’interno delle stesse, ossido di carbonio ed idrocarburi incombusti.

Una situazione che rappresenta la prima causa di morte nei bambini di età inferiore ai 5 anni, nei paesi in via di sviluppo, con un numero di vittime in assoluto, superiore alla malaria e quasi pari alle vittime dell’AIDS. 

Una storia che viene da lontano, quella della stufa a biochar “Elsa Stove”, di cui uno dei primi prototipi fu presentato in una memorabile edizione di “Terra Futura” del 2009 a Firenze, grazie anche al forte impulso del caro amico Fabio Roggiolani, allora Consigliere Regionale della Toscana (sotto).

foto 2

Coordinatore del progetto “Biochar plus” è Alessandro Peressotti, che dirige un gruppo di ricerca ad hoc del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’ateneo udinese. Il progetto vede anche la collaborazione della Cornell University (Stati Uniti) e delle università di Bindura (Zimbabwe)Jimma (Etiopia)Lomé (Togo), oltre a due organizzazioni non governative, come la Asa Initiative (Ghana) e la Cord (Sierra Leone), oltre alla azienda Starter di Padova.

Come ha sottolineato il coordinatore del progetto, Peressotti, questa ricerca sviluppata per l’Africa può avere ricadute anche nei Paesi sviluppati, anche perché, per la realizzazione della stufa Elsa Strove (sotto), è nato uno specifico spin off universitario, denominato Blucomb (link sito), che si sta occupando oltre che della produzione della stufa, disponibile anche in kit, anche della commercializzazione delle stufe oltre che di carbone vegetale.

Elsa_research

In sostanza si tratta di un sistema di carbonizzazione in grado di produrre 15 kg di carbone con un intero carico di pellet. La carbonizzazione della biomassa è ottenuta grazie alla micro-gassificazione pirolitica, un processo che produce in uscita carbone. Il processo funziona con una ventilazione naturale, non richiedendo di essere alimentato da elettricità o batterie. Un camino (incluso) può essere utilizzato per incrementare il flusso d’aria percombustibili che hanno difficoltà di accensione.

Per particolari esigenze o per variare le caratteristiche del biochar è possibile utilizzare una ventilazione forzata durante la carbonizzazione con una o più ventole ausiliarie opzionali. La originale stufa sarà presentata, nell’area energie rinnovabili ed efficienza energetica al prossimo Sondrio Festival 2014, dove sarà presente l’Ingegner Davide Caregnato, dell’Università di Udine.

PER INFO : Sondrio Festival Website

A seguire un interessante video che ci introduce all’interessante progetto ed alla nuova stufa pirolitica “Elsa Strove”

Ed ancora un altro bellissimo contributo video relativo alla bellissima trasmissione di RAITRE “GeoScienza”, condotta da Marco Castellazzi, nella quale i due ospiti, l’ingegner Davide Caregnato (UNIUD), prossimo ospite al Sondrio Festival e ladottoressa Irene Criscuoli del CNR IBIMET e della Fondazione Mach (link sito) di San Michele all’Adige, ci spiegano a fondo e anche con una dimostrazione pratica, il funzionamento della nuova stufa.

Sauro Secci

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