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Da Climate change a Climate crisis: come deve accelerare la lotta al cambiamento climatico

Le valutazioni a freddo di Francesco Ferrantevicepresidente Kyoto Club, storico ex direttore generale di Legambiente, ex senatore, all’indomani del recente XI congresso di Legambiente, in questa intervista esclusiva per Ecquologia di Marco Benedetti.

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D  – Sia nell’incontro di sabato mattina nella sezione Energia che nell’assemblea plenaria di domenica del congresso, hai sottolineato con forza l’esigenza di essere coerenti come movimento ambientalista: coerenti in cosa e perché?

Noi giustamente, a mio avviso, stressiamo qui e in tutto il Mondo che i cambiamenti climatici sono un’emergenza. Tanto che ormai preferiamo parlare di “climate crisis” piuttosto che del più “tranquillizzante” climate change. Allora se è urgente uscire dall’era dei fossili, dobbiamo accelerare in tutti i modi la corsa all’efficienza e alle rinnovabili. E le fonti rinnovabili per loro natura – e fortunatamente aggiungo io – sono diffuse e gli impianti devono essere numerosi. Allora, dando per scontato che “anche il bene va fatto bene” e che quindi gli impianti rinnovabili devono inserirsi bene nel territorio, dobbiamo mettere da parte ogni tentazione “nimby” (ndr: effetto: non nel mio giardino) anzi dobbiamo essere protagonisti nel contrastarle. Non è possibile che gli impianti di biometano siano considerati come centrali nucleari, o che si pensi che tutto il fotovoltaico che dobbiamo fare lo possiamo mettere solo sui tetti, oppure che si debba assistere anche alle contestazioni di impianti di geotermia a ciclo chiuso. Insomma gli ambientalisti seri se vogliono svolgere un ruolo utile devono ragionare e battersi sul “come” farli gli impianti non sul “se”. È lo stesso discorso dobbiamo farlo in genere su economia circolare e sugli impianti per la gestione dei rifiuti.

D- Nell’intervento di domenica mattina al congresso hai anche sottolineato il bisogno di essere/fare politica, ovvero perseguire nella tradizione che ha voluto nel passato i quadri dirigenti di Legambiente al termine del mandato essere eletti al Parlamento Italiano: penso a te, Ermete Realacci, Roberto della Seta e più recentemente Rossella Muroni. Perché questo richiamo potente all’azione politica da parte di uni movimento leader europeo dell’ambientalismo scientifico?

Non si tratta di continuare quella tradizione che ha visto tanti esponenti di Legambiente provare a cimentarsi direttamente in politica a livello nazionale e locale (con alterne fortune) quanto piuttosto caricarsi come associazione la questione – ormai non più rimandabile – di come contribuire alla creazione di un soggetto politico coerentemente ambientalista che faccia finalmente pesare anche in politica le nostre ragioni, sempre più forti nella società e persino nell’economia reale, ma ancora troppo neglette, o trattate con superficialità e incompetenza, a livello politico.

D – Il tuo lavoro principale in questi anni è svolgere attività di lobbying al parlamento italiano ed europeo, parola che spesso è solo associata nell’immaginario collettivo, a gruppi di pressione finanziari e industriali delle grandi corporations planetarie. Forse va sdoganata questa espressione non sempre negativa e spesso assai efficiente. Se lo fai, è sicuramente perchè ritieni di essere utile: a chi o cosa?

Certo che è utile. All’estero è normalissimo. Oggi purtroppo le lobbies di chi non vuole cambiare nulla come i sostenitori di fonti fossili, o si pensi solo alla lobby delle armi in Usa, sono molto più forti. Ma anche noi dobbiamo attrezzarci e in maniera più professionale su questo. L’importante – almeno così provo a orientarmi nel mio lavoro – è agire tenendo sempre bene in mente quale è il bene comune da tutelare e non farsi quindi dettare scelte da interessi privati che possono essere legittimi se inquadrati in un quadro generale di cambiamento in positivo.

D – Tu sei anche vice-presidente del Kyoto  Club italiano. Puoi darci una definizione dell’azione che il Kyoto club svolge in Italia?

Il Kyoto club nacque vent’anni fa da un’intuizione che avemmo in Legambiente con cui all’indomani dell’approvazione del Protocollo di Kyoto chiamammo quelle imprese che ritenevano che la questione ambientale non fosse da intendersi solo come un vincolo da rispettare ma anche come opportunità di sviluppo. Mi pare che la storia si è incaricata di confermare che quella intuizione era giusta. Noi oggi facciamo parecchia formazione nelle scuole e i nostri gruppi di lavoro sono luoghi dell’eccellenza, credo di poter dire, nell’elaborazione di tutti i settori dell’economia circolare e della Green economy.

D — Quali dunque le priorità secondo Francesco Ferrante che il Paese Italia deve obbligatoriamente affrontare per il processo di de-carbonizzazione della società italiana?

Le priorità nel nostro Paese sono le stese che in Europa e si possono sintetizzare con una sola parola: accelerare. Nella produzione di energia da rinnovabili, nella promozione dell’efficienza nell’uso delle risorse in ogni campo, nel cambiare modello di trasporto . Tutto aiuterebbe alla de-carbonizzazione che è essenziale per combattere la crisi climatica ma anche per dare più chances alle imprese per creare lavoro.

D – Sono anche le stesse dei grandi auto-dichiaratisi protettori del Pianeta, Cina e Usa, uguali ma diversi nel voler gestire il futuro del Pianeta?

Non sono affatto i “protettori”. Anzi. Se non cambia presidente in USA quel paese resterà una palla al piede e la Cina ha ripreso a investire in carbone. Io spero che la forza della Storia e dell’innovazione tecnologica spingeranno gli americani a cambiare strada nel novembre del prossimo anno e che i dirigenti cinesi – perché lì la battaglia per la democrazia è ancora più difficile – si convincano che è più conveniente anche per loro de-carbonizzare la loro economia.

D – Due ultime domanda su Legambiente: perché secondo te è rimasta l’unica organizzazione ambientalista con presidi territoriale diffusi in tutta Italia. Quale il segreto di tanta vitalità?

Sta nella sua origine. Legambiente è nata così: un centro in grado di lanciare idee, campagne sempre diverse e a volte spiazzanti, ma, contrariamente ad altre esperienze, con radici sul territorio che sono i circoli con forte identità.

D – Il futuro di Legambiente dove va cercato?

Con una battuta si potrebbe dire “nel suo presente”. È un’associazione che per fortuna sta cambiando pelle con tanti giovani nei territori e tra i dirigenti nazionali. La scommessa da vincere è quella di essere sempre aderente all’evoluzione della società e dei modi di organizzarsi e di comunicare senza smarrire la voglia di “cambiare il mondo”.

Francesco Ferrante (Palermo23 marzo 1961) è un politico italiano esperto di temi ambientali; è attuale vicepresidente di Kyoto Club https://www.kyotoclub.org ; è stato direttore generale di Legambiente dal 1995 al 2007 e fa tuttora parte dell’assemblea degli eletti dell’associazione, presente anche all’ultimo congresso nazionale di Napoli di novembre 2019.

È stato senatore nella XV e XVI legislatura nelle file del Partito Democratico, componente della Commissione Ambiente, Territorio e Beni Ambientale e della Commissione d’inchiesta sull’Uranio impoverito. E’ stato anche uno dei padri della legge sul bando dei sacchetti monouso di plastica. Tra l’altre presenze internazionali, ha fatto parte della delegazione parlamentare presente alla Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici del dicembre 2009.

Gli Abbiamo chiesto delle riflessioni a mente fredda sui risultati dell’XI congresso di Legambiente recentemente tenutosi a Napoli ed in generale sul clima che si respira tra gli addetti ai lavori sul problema dei cambiamenti climatici e dell’accelerazione  nella sostituzione delle fonte fossili per i consumi energetici necessari per contenere l’emissione di gas serra nel Pianeta. 

Marco Benedetti

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