Cover crops: “Tillage Radish”, il rafano americano che lavora il terreno al posto dell’aratro

Con ancora negli occhi e nel cuore le intense giornate di Ecofuturo 2017, appena chiusosi presso il Fenice Green Energy Park di Padova ed iniziato nel nome di una nuova agricoltura capace di mettere finalmente al bando quel grande killer ambientale che è stato per molto tempo l’aratro, rilanciando la “semina su sodo” come grande alleato contro i cambiamenti climatici, non possiamo non pubblicare questo interessante articolo di Roberto Bartolini,pubblicato su “Il Nuovo Agricoltore” che ci parla delle potenzialità di sostituto naturale dell’aratro come il “rafano americano”.

Da quest’anno, finalmente, si può acquistare anche in Italia il Tillage Radish, il rafano speciale selezionato negli Stati Uniti, che a nostro avviso è la più interessante tra le cover crops esistenti per la copertura invernale del suolo dove si applica la minima lavorazione o il sodo (al momento il Tillage Radish è acquistabile presso la Padana Sementi Elette, tel. 049/5969054 mail info@padanasementi.com).

Il Tillage Radish decompatta il suolo con la preziosa radice fittonante

L’inconfondibile caratteristica del Tillage Radish è la grande radice fittonante ingrossata che penetra nel suolo sino a 50- 60 cm di profondità, creando una serie di ampi fori ravvicinati che sono ideali per il drenaggio e per la perfetta strutturazione dei suoli, anche quelli più pesanti e argillosi.

Chi opera su terreni difficili oppure compattati deve prendere immediatamente in considerazione questa coltura di copertura, che si semina anche con una normale seminatrice da grano entro la metà di settembre, anche se si può andare anche sino a ottobre o novembre, pena la riduzione della dimensione delle radici.

È una cover geliva, quindi non serve il glifosato

L’imponenza di queste radici potrebbe spaventare gli agricoltori, ma il problema non c’è, dal momento che il Tillage Radishè una cover “geliva”, cioè che si disgrega naturalmente e senza la necessità del glifosate, grazie all’azione naturale del gelo invernale, lasciando nel terreno i suoi fittoni completamente disattivati e molli, che quindi non sono di ostacolo per la minima lavorazione successiva oppure per la semina diretta.

La quantità di seme per ettaro necessaria ammonta a 6-7 kg con semina di precisione e 10-12 kg a spaglio; quest’ultimo sistema però poco consigliabile.

Molto interessante l’esperienza fatta da Giacomo Lussignoli nella sua azienda, dove in gennaio, con una temperatura di -5 gradi, è passato sulla coltura con un rullo riempito di acqua. In questo modo la coltura si è disgregata ancora più rapidamente, andando a costituire una copertura omogenea aderente al terreno che si trasforma ancora più rapidamente in sostanza organica.

di Roberto Bartolini

Laureato in agraria all’Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.

Link articolo originale “Il Nuovo Agricoltore”

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