CO2 nei mari ed acidificazione: anche qui una soglia di allarme da non superare secondo il MIT

La gestione della concentrazione di CO2 atmosferica che rappresenta l’elemento di base su cui intervenire per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici sembra porsi in maniera importante anche relativamente alla capacità di assorbimento da parte dei nostri mari.

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A lanciare un allarme in questa direzione un nuovo studio del professor Daniel Rothman del MIT (Massachusetts Institute of Technology)  nel quale viene ipotizzata una soglia limite di assorbimento di anidride carbonica negli oceani oltre la quale questo fondamentale ecosistema rischierebbe di collassare, determinando un fenomeno grave di acidificazione delle acque.

Una volta oltrepassata la soglia limite di CO2 assorbibile dagli oceani s’innescherebbe una reazione a catena che potrebbe portare alla sesta estinzione di massa del Pianeta Terra: l’allarme viene da uno studio condotto dal Professor Daniel Rothman, scaricabile in calce al post, co-direttore del Lorenz Center presso Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences del Massachussets Technology Institute (Mit) di Boston.

Lo studio del professore del MIT si è basato sull’osservazione di campioni geologici prelevati dai fondali oceanici che hanno messo in evidenza che negli ultimi 540 milioni di anni, la quantità di biossido di carbonio stoccato nei mari si sarebbe drasticamente incrementata di dozzine di volte per poi ritornare di volta in volta a livelli normali. Secondo il ricercatore statunitense 4 delle ultime 5 estinzioni di massa si sono verificate in corrispondenza con altrettanti picchi nella concentrazione di CO2 nei mari. Da un siffatto quadro, si fa rafforza l’ipotesi che la reazione del sistema oceano possa essere il risultato di una sorta di meccanismo automatico, indipendente dall’andamento dell’accumulo di diossido di carbonio.

La comunità scientifica internazionale sostiene da sempre come la reazione del sistema oceano sarebbe direttamente proporzionale allo stimolo iniziale: in sostanza, ad un determinato incremento della CO2 atmosferica dovrebbe corrispondere una reazione correlata alla capacità di assorbimento dei mari. Il professor Rothman, invece, sostiene nella sua analisi come, superata una certa soglia, lo stimolo che causa la reazione non sarebbe più determinante e il sistema oceano reagirebbe seguendo il proprio corso, a prescindere della “potenza” dello stimolo iniziale.

Uno degli aspetti più importanti rilevati è costituita dalla rapidità odierna con la quale gli oceani stanno assorbendo CO2 , di molte volte superiore a quella di assorbimento registrata durante il peggior scaturito dall’analisi dei sedimenti geologici, coincidente con l’estinzione di massa della fine del Permiano, ultimo dei sei periodi in cui è divisa l’era geologica del Paleozoico, collocata tra i 300 e i 250 milioni di anni fa.

Le emissioni di origine antropogenica sono tuttavia concentrate in un periodo geologicamente breve, corrispondente ad alcune centinaia d’anni in luogo di decine di migliaia: lo stretto lasso di tempo ha fatto finora ipotizzare che i cambiamenti nella catena ambientale potessero essere contenuti.

La nuova ricerca del professor di Rothman  prefigura uno scenario un pò diverso, dal momento che, come spiega il ricercatore del MIT: Una volta superata la soglia, come ci si è arrivati non avrà importanza. Quando saremo oltre il limite, avremo a che fare con i meccanismi di funzionamento della Terra e dovremo adattarci al suo andamento.

Il dissolvimento dell’anidride carbonica atmosferica nell’acqua di mare rende acidifica gli oceani diminuendo la concentrazione di ioni carbonati i quali, a loro volta, scendendo sotto di una certa soglia, determinano lo scioglimento dei gusci composti di carbonato di calcio. Si tratta di un fenomeno che va a colpire le microscopiche forme di vita che popolano i mari le quali, proprio in virtù dell’effetto zavorra dei loro gusci, portano sul fondo degli oceani la CO2 della quale si nutrono.

Il professor Rothman nel suo studio è riuscito a costruire un modello matematico che tiene conto dell’effetto del calo di ioni carbonati e delle interazioni dei costituenti chimici della superficie del mare. Attraverso l’immissione di piccole quantità di CO2 nell’oceano, il ricercatore del Mit ha avuto modo di osservare soltanto un momentaneo squilibrio con il ritorno alla situazione iniziale in tempi brevi ma immettendo invece nel modello grandi quantità di anidride carbonica, ha osservato invece l’innesco di una sorta di reazione a catena capace di amplificare enormemente lo stimolo iniziale, determinando l’intensa acidificazione dei mari, la perdita di biodiversità ed il collassamento  dell’intero sistema. E’ solo nell’arco di decine di migliaia d’anni che il modello prevedeva una nuova normalizzazione, a conferma dei numerosi studi scientifici che prevedono effetti di lunghissima durata delle emissioni di origine umana.

A margine dello stato attuale del suo studio, Rothman sostiene che “E’ difficile prevedere come andranno a finire le cose, visto quello che sta succedendo oggi. Siamo probabilmente vicini a una soglia critica. Sappiamo anche che qualsiasi picco raggiungerebbe il suo massimo nel giro di 10 mila anni Spero che questo ci dia tempo per trovare una soluzione”.

Scarica lo studio del professor Daniel Rothman (MIT)

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